In assenza di rettifiche, cartella ok se non preceduta da comunicazione – Cassazione 14376/2013
La pronuncia della Cassazione n. 14376/2013 è stata emessa a seguito dell’emanazione dell’ordinanza della Corte costituzionale 4 novembre 2011, n. 288, sollecitata dalla medesima sezione tributaria della Suprema corte in riferimento alla possibile vulnerazione dell’articolo 3 della Costituzione, la quale pronuncia della Consulta ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del comma 3, primo periodo, dell’articolo 36-bis, nel testo sostituito dall’articolo 13 del Dlgs 9 luglio 1997, n. 241.
L’articolo 36-bis, come noto, prevede al terzo comma che, quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio ai sensi del comma 2-bis emerge un’imposta o una maggiore imposta, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.
Più precisamente, il Supremo collegio aveva chiesto l’interpretazione della Consulta se l’obbligo di comunicazione potesse essere o meno assolto in maniera soggettivamente alternativa nei confronti del sostituito o del sostituto d’imposta e, con riferimento all’articolo 3 della Costituzione, se sia “oltremodo irragionevole consentire – una volta affermato l’obbligo di comunicazione preventiva dell’esito del controllo – che la comunicazione stessa e la ricezione della cartella di pagamento riguardino soggetti diversi e, in particolare, che il sostituito d’imposta, direttamente interessato a conoscere le ragioni della pretesa creditoria, non venga posto preventivamente in grado di ovviare a eventuali errori nella liquidazione o di comunicare elementi utili alla corretta valutazione dei dati resi nella dichiarazione”.
La Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 288 del 2011, ha ritenuto la questione manifestamente inammissibile, perché il giudice a quo non aveva descritto la fattispecie oggetto di giudizio e, soprattutto, non aveva indicato le conseguenze della mancata comunicazione al contribuente dell’esito della liquidazione effettuata mediante controlli automatici al caso oggetto della controversia.
In particolare, il giudice delle leggi rilevò che la Corte di cassazione “non precisa se, nella specie, sia emerso da detti controlli un risultato diverso rispetto a quello indicato dal sostituto d’imposta nella dichiarazione relativa alle ritenute effettuate (situazione, questa, che la legge indica come uno dei presupposti dell’obbligo di inviare la comunicazione) oppure se sia stato riscontrato solo l’omesso versamento di dette ritenute“.
Tale ultima notazione, unitamente a quella dell’individuazione della funzione dell’articolo 36-bis di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è risultata sufficiente alla pronuncia in commento per individuare i diversi, possibili effetti del mancato invio della suddetta comunicazione, effetti individuati nella mera irregolarità dell’omesso invio della comunicazione o, invece, nell’invalidità della cartella di pagamento.
L’inesistenza della previsione di comminazione di alcuna sanzione in capo all’ufficio finanziario, in termini di nullità della cartella di pagamento notificata senza il previo invio della comunicazione e la decisività dello scopo perseguito dal legislatore di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, aveva già indotto la giurisprudenza della Cassazione a qualificare l’adempimento di tale comunicazione in termini di adempimento rivolto esclusivamente a orientare il comportamento futuro dell’interessato.
In questi termini si è espressa la sentenza n. 26361 del 2010 citata dalla pronuncia in nota, per la quale non v’è lesione dell’esercizio del diritto di difesa e del contraddittorio in caso di emissione della cartella di pagamento senza il previo invio di detta comunicazione, con l’effetto, in buona sostanza, di riaffermare il consolidato orientamento dei giudici di legittimità in punto di ampiezza della motivazione di tale atto della riscossione.
Infatti nelle decisioni, parimenti citate da questa in commento (nn. 8137/2012, 27140/2011, 17396/2010, 28056/2009 e, da ultimo, n. 22035/2010), venne “escluso un particolare onere di motivazione quando si chiede il pagamento delle imposte come dichiarate dal contribuente e non si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa, che comporti una pretesa ulteriore da parte dell’amministrazione finanziaria” proprio perché l’obbligo, in capo all’ufficio, di comunicare l’esito della liquidazione, sorge solo quando dai controlli automatici eseguiti emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, nel caso di specie del sostituto d’imposta.
Tali conclusioni possono essere condivise, sempreché sia indicata la ragione della pretesa fiscale direttamente desumibile dalla dichiarazione in modo intellegibile e non soltanto con i codici tributi ritenuti insufficienti dalla giurisprudenza di Cassazione 11 febbraio 2005, n. 2819 (conformi le successive sentenze nn. 15142/2006, 18415/2005, 26378/2006, n. 11251/2006, n. 28056/2009).
Peraltro l’esattezza dell’affermazione desunta dalla sentenza in commento dalla citata pronuncia della Consulta dovrebbe essere verificato anche alla luce della seconda parte del terzo comma dell’articolo 36-bis, ove si dispone che, qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’Amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.
Pertanto, se pure vero è che i dati per la liquidazione del tributo sono – in ipotesi di tassazione separata – necessariamente forniti dal contribuente o dal suo dante causa (sostituto d’imposta o meno), l’invio della comunicazione, se modificativa di quanto dichiarato, deve essere ritenuta necessaria non soltanto al sostituto d’imposta, ma anche (e, senza forse, soprattutto) al sostituito, in quanto contribuente dell’eventuale maggiore pretesa fiscale.
Per completezza d’informazione, si evidenzia come l’articolo 2, comma 10, lettera a), del Dl n. 203/2005, ha inserito il comma 2-bis, per il quale, se vi è pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta.
Non si riscontrano precedenti giurisprudenziali negli esatti termini.
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME