Rappresentante omette i versamenti. Valido il sequestro dei suoi beni – Cassazione 32944/2013.
Lo ha precisato la Cassazione, con la sentenza n. 32944 del 30 luglio.
I fatti
Il 13 luglio 2012 il tribunale di Pescara rigettava la richiesta di riesame di una contribuente indagata del reato di cui all’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000. Già con decreto del Gip dello stesso tribunale erano stati sequestrati, nell’aprile 2012, beni mobili e immobili di proprietà della signora fino a concorrenza dell’importo delle imposte evase da tre società (per un ammontare complessivo di 839.759 euro), delle quali la stessa era legale rappresentante.
La signora, pur avendo il dovere di accantonare le somme destinate al versamento dell’Iva per l’esercizio 2010, non aveva assolto agli specifici obblighi tributari per la “mala gestio” delle risorse (rilevata dal tribunale, pagina 7 dell’ordinanza impugnata).
Di conseguenza, il tribunale riteneva infondate le deduzioni difensive incentrate anche sul fatto che i beni personali dell’indagata non potessero essere assoggettati al sequestro in vista della confisca, in quanto il profitto dell’omesso versamento Iva si era concretizzato soltanto in favore delle tre società. Riteneva, in particolare, che:
- il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato poteva incidere indifferentemente sia sui beni della società coinvolta per aver tratto vantaggio dal reato di evasione sia su quello della persona fisica che materialmente lo aveva commesso, stante la sua partecipazione attiva nel reato
- restava ferma l’insuperabilità del limite del sequestro, da circoscrivere all’importo evaso
- erano infondate le difese dell’indagata con riferimento alle ragioni che avevano determinato, suo malgrado, l’omesso versamento, asseritamente dovuto a una grave crisi finanziaria che aveva colpito prima una società e poi, a cascata, le altre due aziende.
Avverso l’ordinanza del giudice del riesame, la signora ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, tra l’altro:
- nullità del provvedimento impugnato, in quanto il tribunale, ritenendo assoggettabili a sequestro finalizzato alla confisca i beni personali della legale rappresentante delle società, avrebbe erroneamente applicato la legge penale, proprio perché la norma tributaria esclude tale eventualità laddove il profitto sia realizzato dalla società di cui il soggetto fisico autore del reato sia amministratore o rappresentante legale, dovendosi distinguere nettamente le due posizioni
- vizio di motivazione con riguardo all’argomentazione sviluppata dal tribunale circa un obbligo preventivo di accantonamento, da parte della signora, delle somme occorrenti per il versamento dell’Iva relativa alle tre aziende, anche perché tale circostanza rafforzava l’ipotesi del profitto realizzato dalle società e non dalla stessa rappresentante legale cui, di conseguenza, non poteva essere addebitato alcunché. Doveva, quindi, essere esclusa la confiscabilità dei beni personali della signora (con preclusione, quindi, della possibilità di sequestrare gli stessi beni), in quanto il vantaggio (e, dunque, il profitto) derivante dal reato di omesso versamento era riferibile soltanto alla società e non all’amministratore quale persona fisica.
La Corte, respingendo il ricorso, ha affermato che “…ferma restando la natura sanzionatoria del sequestro per equivalente…, non è possibile che il soggetto fisico autore dell’illecito commesso a vantaggio della società non possa, per ciò solo, andare esente da responsabilità, avendo egli stesso partecipato alla commissione dell’illecito: l’unico limite vigente in materia è quello della insuperabilità … del valore del compendio sequestrato rispetto all’entità del profitto ricavato…” (Cassazione 32944/2013).
Osservazioni
La questione di diritto esaminata nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte riguarda l’assoggettabilità dei beni dell’indagato alla misura del sequestro preventivo per il reato di omesso versamento d’imposte da parte della società.
I giudici di legittimità, dopo aver ribadito che, in materia di reati tributari (quale quello oggetto della fattispecie esaminata dalla Corte), il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è riferibile all’ammontare dell’imposta, costituendo esso il vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita ed è, quindi, riconducibile al concetto di profitto del reato, hanno precisato che gli effetti dell’azione illecita posta in essere dal rappresentante legale delle società si producono nei confronti di queste ultime.
Con un’ulteriore precisazione della Corte riguardo il rapporto tra natura della confisca e responsabilità del reato.
Per la natura sanzionatoria del sequestro per equivalente ex articolo 321 cpp, del reato risponderebbe non solo il suo autore, ma anche la società che ne ha tratto vantaggio: la società, alla luce del principio “solidaristico” che lega la responsabilità dell’autore materiale dell’illecito al soggetto a cui vantaggio l’azione illecita viene commessa e che non può, per ciò, considerarsi estraneo al reato (Cassazione, sentenza n. 28731/2011); l’autore del reato, che non potrebbe rimanere esente da responsabilità, nonostante abbia commesso il fatto ma non ne abbia tratto vantaggio.
A tale riguardo, la Corte ha chiarito che uno degli effetti derivanti dalla natura sanzionatoria della confisca è la riconducibilità dell’azione delittuosa e degli effetti che a essa conseguono a tutti i soggetti che abbiano partecipato a vario titolo al reato, con l’unico limite della insuperabilità – non contestata dalla difesa nella fattispecie al vaglio della Corte – del valore del compendio sequestrato rispetto all’entità del profitto ricavato (Cassazione n. 32944/2013).
Ma nella pronuncia nessuna regola è stabilita con riferimento all’eventuale ordine da seguire nell’escussione dei patrimoni, forse perché in una precedente pronuncia i giudici di piazza Cavour hanno precisato che “il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona fisica non richiede, per la sua legittimità, la preventiva escussione del patrimonio della persona giuridica nell’interesse della quale il reato è stato commesso…” (Cassazione, sentenze n. 20976/2012, n. 7138/2011 e n. 10838/2007), non esistendo alcuna norma che impone di perseguire il patrimonio della persona giuridica beneficiaria, prima di aggredire il patrimonio della persona fisica (Cassazione, 24851/2013). O ancora perché, nella fattispecie sottoposta al vaglio dei giudici di piazza Cavour, il sequestro dei beni della legale rappresentante è avvenuto per una somma corrispondente alle imposte non versate e il patrimonio della signora è risultato capiente.