La prima casa diventa di “lusso” se il magazzino è una pinacoteca – Cassazione 14162/2013
Questo l’interessante principio di diritto affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 14162 del 5 giugno, che ha cassato con rinvio l’impugnata sentenza dei giudici tributari di appello.La vicenda di merito
Con ricorso in Cassazione, l’Agenzia delle Entrate impugna una sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva annullato l’avviso di liquidazione con il quale il competente ufficio finanziario aveva revocato a un contribuente il beneficio “prima casa”, in quanto l’abitazione, pur non superando i 240 metri quadrati, doveva comunque ritenersi di lusso, in relazione a un magazzino trasformato in galleria d’arte che non poteva esser considerato “pertinenza”.
Secondo i giudici del gravame, invece, il diritto al beneficio fiscale in parola andava riconosciuto in quanto il magazzino costituiva comunque una pertinenza dell’abitazione non di lusso, perché rispondente ai requisiti prescritti dall’articolo 817 del codice civile (secondo cui “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”).
Nel ricorso di legittimità, l’Amministrazione finanziaria lamenta l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della lite, ossia quello della destinazione a “pertinenza” del magazzino di circa 500 metri quadrati trasformato in galleria d’arte.
La decisione della Corte suprema
Per i giudici di piazza Cavour il ricorso è fondato.
Infatti, in appello non è stato “…sufficientemente spiegato l’affermazione di esistenza del fatto costitutivo del rapporto di pertinenza dedotto in lite, questo rappresentato dalla indispensabile esistenza di una oggettiva subordinazione funzionale della galleria d’arte rispetto all’abitazione (Cass. sez. 2^ n. 9911 del 2006; Cass. sez. 2^ n. 4599 del 2006)”.
In sostanza, secondo la Corte, per l’esistenza del vincolo pertinenziale tra due beni è necessario provare la presenza di un elemento oggettivo, consistente nella destinazione di un bene al servizio o all’ornamento dell’altro, e un elemento soggettivo, costituito dalla rispondenza di tale destinazione all’effettiva volontà dell’avente diritto di creare il predetto vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale (Cassazione, sentenze n. 13487/1999 e n. 1327/1996).
Osservazioni
La sentenza in commento si inserisce nel copioso filone giurisprudenziale relativo alle diverse ipotesi di decadenza dai benefici fiscali connessi all’acquisto della prima casa.
Le difficoltà applicative e i dubbi interpretativi concernenti la struttura normativa di riferimento, infatti, hanno alimentato, nel corso degli anni, un notevole contenzioso in materia di tassazione agevolata degli acquisti della prima casa di abitazione.
Dal punto di vista normativo, l’attuale nota II bis) dell’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Dpr n. 131/1986 (Tur), prevede l’applicazione agevolata dell’imposta di registro con aliquota del 3% (ovvero dell’Iva al 4%), nonché le imposte ipocatastali in misura fissa pari a 168 euro ciascuna, agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione “non di lusso” e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, a condizione che:
- l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività
- nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare
- nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni in parola.
Detti requisiti soggettivi e oggettivi devono ricorrere congiuntamente per l’applicazione delle aliquote agevolate previste ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale.
La nota II-bis, comma 3, dell’articolo 1, della Tariffa, parte I, allegata al Tur dispone che “Le agevolazioni di cui al comma 1, sussistendo le condizioni di cui alle lett. a), b) e c) del medesimo comma 1, spettano per l’acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze dell’immobile di cui alla lett. a). Sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, che siano destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell’acquisto agevolato”.
In sostanza, in base alla predetta disposizione, l’agevolazione spetta, anche nel caso di acquisto separato dall’abitazione, per non più di una delle seguenti pertinenze: cantina o soffitta; rimessa o box auto; tettoia o posto auto.
Il vero problema evidenziato dalla Cassazione – che ha condiviso l’interpretazione dell’Agenzia – è proprio quello di capire se il magazzino trasformato in galleria d’arte possa essere considerato “pertinenza” dell’immobile, nell’accezione elaborata dalla stessa Corte suprema, secondo cui “la destinazione a pertinenza di una cosa considerata accessoria rispetto ad altra considerata principale può derivare o dalla destinazione oggettiva e funzionale dell’una al servizio dell’altra o dalla destinazione operata dal proprietario di quest’ultima…” (Cassazione, sentenza n. 16941/2011). Nel caso di specie, sembrerebbe di no.