Droga. Solo sanzione amministrativa per il consumo di gruppo
Il consumo di gruppo costituisce ”una ipotesi di uso esclusivamente personale dei partecipanti al gruppo”: la droga deve intendersi non come ceduta ma ”codetenuta”, e colui che la procura e chi ne commissiona l’acquisto svolgono un ”ruolo equivalente”. Costituisce pertanto un illecito amministrativo e non un reato. Cosi’ le Sezioni Unite della Cassazione nelle motivazioni della sentenza (la numero 25401) con cui il 31 dicembre scorso hanno sancito che il consumo di gruppo di droga non e’ reato, risolvendo in questo modo un contrasto tra due orientamenti opposti a seguito delle modifiche introdotte nel 2006 con la Fini-Giovanardi, sul cui iter legislativo la Cassazione si sofferma concludendo che la sua formulazione non fa emergere in maniera chiara la volonta’ del legislatore.
Il ricorso alla Suprema Corte era stato presentato, in qualita’ di parte civile, dalla moglie di un giovane morto dopo aver consumato droga in gruppo, contro il non luogo a procedere nei confronti dell’uomo che acquisto’ la droga. La difesa della donna ha sostenuto che le modifiche introdotte con la Fini-Giovanardi intendessero dare un’interpretazione piu’ restrittiva al testo unico del ’90 punendo anche il consumo di gruppo. Ipotesi supportata da alcune pronunce della stessa Cassazione: secondo questo orientamento la modifica al testo unico 309 del 1990 che considera reato i casi in cui la droga e’ destinata ”ad un uso non esclusivamente personale” (articoli 73 e 75) corrisponde ad un orientamento piu’ duro anche verso il consumo di gruppo in quanto modalita’ che serve ”a facilitare il consumo e la diffusione di droga”.
Ravvisando orientamenti contrastanti della Corte la Quarta Sezione Penale aveva rinviato il caso alle Sezioni unite che nel motivare la decisione, firmata dall’ex presidente Ernesto Lupo, evidenziano che deve escludersi la volonta’ del legislatore di intendere come reato il consumo di gruppo. Dai lavori parlamentari, di cui la sentenza cita alcuni passaggi, emerge solo ”un generico intendimento di natura restrittiva circa le condotte di spaccio”, ”sol che si consideri la non usuale velocita’ di approvazione del nuovo testo normativo e la notevole ristrettezza della discussione parlamentare, ridotta a soli diciannove giorni”. Inoltre volendo concentrarsi sul ”ritocco testuale” secondo la Cassazione l’uso ”non esclusivamente personale” non puo’ intendersi come uso ”non individuale”. ”Se il legislatore avesse voluto in modo non equivoco punire penalmente condotte fino ad allora non rientranti nelle ipotesi di cessione” avrebbe dovuto farlo in termini ”espliciti, chiari e univoci” non con la semplice aggiunta di un avverbio.
Allegato Pdf:
Corte di cassazione – Sezioni unite penali – Sentenza 10 giugno 2013 n. 25401