Nessuno sconto alla casa di lusso. La superficie “abusiva” conta
Ai fini dell’esclusione o della revoca dei benefici previsti per l’abitazione principale vanno considerati anche gli ampliamenti sanati, non presenti nell’immobile originario
Così ha deciso la Corte di cassazione, con la sentenza n. 12517 del 22 maggio.La vicenda
Una coppia di coniugi impugnava un avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione di sanzioni, emanato da un ufficio toscano dell’Agenzia delle Entrate, a seguito della revoca delle agevolazioni “prima casa”, ex articolo 1, parte I, tariffa allegata al Dpr n. 131/1986.
Le commissioni tributarie, investite della controversia, rigettavano, in primis, il ricorso e, poi, l’appello dei contribuenti, rilevando che la compravendita agevolata aveva avuto come oggetto un bene “di lusso” alla luce dei parametri stabiliti sia dal Dm 4 dicembre 1961 sia dal Dm 2 agosto 1969, nonostante all’origine l’immobile non fosse qualificabile come tale.
In particolare, i giudici di seconda istanza constatavano che il fabbricato oggetto di trasferimento era stato edificato con licenza edilizia del 1963 e che erano state presentate successivamente istanze di sanatoria, nel 1986 e nel 1995, per opere eseguite in difformità rispetto alla licenza iniziale: ragion per cui, a giudizio della Ctr, si doveva tener conto della effettiva consistenza del bene alla data della compravendita, che aveva caratteristiche tali da qualificarlo come “di lusso” (ossia con superficie utile di 262,38 mq, piscina scoperta di 80 mq e terreno pertinenziale di 4.033 mq).
Le censure dei contribuenti
Ricorrevano per cassazione i contribuenti, rilevando – per quanto qui ci occupa – che, ai fini delle agevolazioni “prima casa”, dovesse farsi riferimento, nel calcolo della superficie utile caratterizzante le abitazioni cosiddette di lusso, alle sole componenti legittime sul piano urbanistico ed edilizio, non anche alle superfici abusive e, come tali, oggetto di istanze di concessione in sanatoria.
La decisione della Cassazione
Di contrario avviso si mostra il Collegio di legittimità, esplicando anche la sua funzione nomofilattica.
La Cassazione statuisce, infatti, che “in tema di imposta di registro, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa, occorre fare in ogni caso riferimento ai requisiti fissati dal D.M. Lavori pubblici 2 agosto 1969 (v. testualmente l’art. 1, 4 co., del t.u. n. 131/1986; e v. in tal senso Cass. sez. V sent. nn. 22279/2011, 13064/2006, 8600/2000)”, secondo il quale “sono da considerare di lusso le case composte di uno o più piani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e i posti macchina) e aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta (art. 5)”.
Ebbene, “nel calcolo della superficie utile”, continua la Corte, “deve computarsi ogni volume a eccezione di quelli specificamente esclusi, ancorché privi del requisito dell’abitabilità o della regolarità edilizia”.
Infatti, conclude la Cassazione, “non è possibile aderire a una soluzione ermeneutica come quella in concreto sostenuta dai ricorrenti … trattandosi di soluzione volta ad ampliare la sfera operativa dell’agevolazione”, poiché “le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale sono di stretta interpretazione, tale da non poter indurre al riconoscimento di agevolazioni se non nelle ipotesi in cui con queste siano espressamente previste”.
Brevi osservazioni conclusive
Nel caso deciso dai giudici supremi, si conferma l’orientamento restrittivo in tema di agevolazioni fiscali.
Tale materia è caratterizzata dal principio di stretta interpretazione, attesa la natura di norme eccezionali in cui si configurano i benefici tributari in genere.
Facendo applicazione del principio descritto, secondo la Cassazione, la superficie di un bene immobile, al fine di qualificarlo fiscalmente come “di lusso” o meno, va calcolata alla luce della disciplina normativa di riferimento (principalmente dettata dal Dm 2 agosto 1969), senza che possa darsi rilievo a scomputi dal calcolo totale di aree non tassativamente previste.
E le “superfici abusive”, oggetto di sanatoria, non sono comprese nell’elenco tassativo previsto nella norma, che richiama solamente “i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e i posti macchina”.
Non vi è spazio, quindi, per interpretazioni estensive o sistematiche di alcun genere, pena la violazione del sistema delle agevolazioni, così come congegnato dal legislatore.