Corte Ue, no agli incentivi fiscali se l’aiuto di Stato è “mascherato”
La decisione prende le mosse da due separati procedimenti, poi riuniti, originati dai ricorsi presentati alla Corte costituzionale da imprese e persone fisiche belghe
La decisione prende le mosse da due separati procedimenti, poi riuniti, che sono scaturiti dai ricorsi di società immobiliari e persone fisiche belghe alla Corte costituzionale nazionale, tese all’annullamento delle disposizioni contenute nei libri 4 e 5 del decreto del 27 marzo 2009 della regione fiamminga.
Le posizioni dei ricorrenti
Le parti private ritenevano le disposizioni interne lesive del principio della libera circolazione dei cittadini europei, poiché subordinavano la cessione di immobili, situati in alcuni comuni (c.d. comuni bersaglio) esclusivamente a determinati soggetti, i quali dovevano presentare un “legame sufficiente” (di tipo economico, familiare, sociale) con il territorio, valutato da un’apposita commissione.
Altre norme, invece, venivano reputate confliggenti con la disciplina comunitaria dettata in tema di servizi nel mercato interno e di appalti pubblici, oltre che di quella sugli aiuti di Stato.
Ciò, in quanto le stesse imponevano un “onere sociale” ai lottizzanti ed ai committenti, quale la destinazione di parte del loro progetto di costruzione alla realizzazione di alloggi popolari oppure il versamento di un contributo, in cambio di incentivi fiscali e di altri meccanismi di sovvenzionamento.
Tra questi ultimi benefici, potevano annoverarsi l’applicazione di un’aliquota ridotta ai fini dell’iva e dell’imposta di registro, una garanzia di recupero per gli alloggi invenduti e sovvenzioni per le infrastrutture.
Le difese del governo fiammingo
Di contrario avviso, in sostanza, si mostrava il governo fiammingo, secondo cui le diverse censure alla normativa nazionale erano insussistenti, oltre che riferite a situazioni puramente interne ed “estranee” al diritto comunitario. In sostanza, le misure previste nel decreto perseguivano obiettivi di interesse nazionale generale, erano adeguate a tale scopo e proporzionate: in primis, infatti, la volontà governativa era di tutelare la permanenza della popolazione meno abbiente nei territori di origine.
Le questioni pregiudiziali
Da qui nasce, la sospensione, da parte della Corte costituzionale belga, investita della questione, dei procedimenti connessi e la sottoposizione al vaglio degli eurogiudici della compatibilità o meno al diritto comunitario delle disposizioni evidenziate.
Il vulnus alla libera circolazione
La Corte di giustizia, in una lunga ed articolata sentenza, propende per la non conformità al diritto comunitario del decreto censurato. Quanto all’eccezione riguardante la lesione dei principi di libera circolazione degli individui e dei capitali, la Corte stabilisce che questa è fondata. A nulla valgono, in proposito, le difese del governo belga, secondo cui tali misure restrittive servivano a garantire un’offerta ai cittadini locali economicamente deboli, poiché detta limitazione non appariva né necessaria né appropriata, ma fortemente discrezionale e, come tale, foriera di disparità di trattamento tra i cittadini dell’Unione.
L’individuazione di aiuti di Stato
Quanto al profilo della possibile configurazione di aiuti di Stato, gli eurogiudici riconoscono che i diversi incentivi previsti per le imprese costruttrici locali, a fronte di oneri sociali, procurano indirettamente un vantaggio a tali soggetti, idoneo a falsare la concorrenza.
D’altronde, si tratta di un’esenzione fiscale che, pur non implicando un diretto trasferimento di risorse statali, colloca i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole.
Peraltro, alla luce della consolidata giurisprudenza comunitaria, non ricorrono cause di esclusione dalla qualifica di aiuti di Stato ex articoli 107 e 108 TFUE, poiché il decreto citato non consente di identificare, in maniera precisa e trasparente, i criteri di calcolo della compensazione fiscale prevista, né valuta tutti quegli elementi contabili che si tengono presenti nello svolgimento di un “servizio pubblico”, quale, in astratto, la costruzione di alloggi popolari.
Incidentalmente, infine, la Corte rileva pure che l’assenza del requisito dell’interesse pubblico generale, connesso al servizio in questione, rende non giustificabile il mancato ricorso da parte del governo belga alla procedura comunitaria relativa agli appalti pubblici, posta a presidio della libera concorrenza.
Le conclusioni
Gli eurogiudici riconoscono che, in campo immobiliare, gli incentivi fiscali, previsti a fronte di alcuni oneri sociali, come la costruzione obbligatoria di alloggi popolari, a carico di imprese costruttrici, possono rappresentare aiuti di Stato illegittimi.
Fonte: sentenza Corte Ue, 8 maggio 2013 (cause riunite C-197/2011 e C-203/2011)
Pasqualina Principale e Martino Verrengia, nuobofiscooggi.it