Serie A 37^ GIORNATA: Palermo e Siena in B, niente record per la Juve
Tornano alti i vessilli, tornano gli eroi sotto l’arco di trionfo, ebro di gioia il pubblico juventino esulta nel suo tempio: la seconda celebrazione consecutiva può avere inizio. La Juve che affronta il Cagliari nell’anticipo delle 18 cerca una vittoria per continuare a sperare di raggiungere il record di punti (92) e quello dei 10 successi di fila, ma Conte ripropone un leggero turnover: in campo Storari, Isla, Marrone, Giaccherini, Giovinco e Matri, fuori Buffon, Lichtsteiner, gli squalificati Pogba e Pirlo, l’infortunato Asamoah e, almeno inizialmente, Mirko Vucinic. A inizio partita i bianconeri entrano in campo con i figli (Quagliarella, senza prole, abbraccia il piccolo Giovinco) e forse senza la solita grinta. I sardi, sentita l’aria di festa, provano ad approfittarne subito. E così la squadra di casa cade al primo tentativo avversario.Al 12’ Ibarbo prende palla al limite della sua area di rigore e parte in campo aperto, scherza con Marchisio e Barzagli e appoggia in rete (dopo 87 metri palla al piede!) alle spalle del superficiale Storari. Allo Stadium, però, nessuno si preoccupa e la Juve lentamente ricomincia a giocare. Prima ci prova Matri, poi tocca a Marchisio, ma Agazzi non si fa sorprendere. Al 33’ Giovinco prende la mira su punizione: l’esecuzione è perfetta, ma lo ferma la traversa. Il Cagliari finisce il primo tempo nella propria area, ma il gol della Juve non arriva. Conte non è tipo da buttarsi giù, non lascia nulla al caso enella ripresa manda in campo tutta un’altra squadra. I bianconeri attaccano a testa bassa, accelerano e si affidano alle ripartenze di Giaccherini e alle geometrie di Vidal. L’ingresso in campo di Vucinic dà più peso e qualità all’attacco. Il montenegrino entra al posto di uno spento Giovinco e al 61’ finalizza una bella azione sulla sinistra di Marchisio e un’ottima sponda di testa di Vidal. Pareggiati i conti, la Juve poi prova a vincere, ma il Cagliari, trascinato da un immenso Nainggolan (sarà difficile trattenerlo, è ormai pronto per una big) si mette a protezione di Agazzi e passare è dura. Ci provano in molti, soprattutto Giaccherini, indemoniato sulla sinistra.Sulle tribune, anche col pareggio, i tifosi bianconeri intanto festeggiano. In campo, invece, Conte continua a dare indicazioni. A caccia dei tre punti e di uno scudetto da record, il “Mourinho de noantri” al triplice fischio però deve arrendersi e godersi la premiazione e il boato dello Stadium con qualche rimpianto. Sarà per un’altra volta, nessuno certo gli rimprovererà qualche punticino in meno.
Il Catania sorpassa l’Inter e sale all’ottavo posto in classifica a quota 55 punti. Gli etnei, nel secondo anticipo della 37a di Serie A, battono 1-0 un Pescara già ampiamente retrocesso. A decidere la sfida del “Massimino” è il Papu Gomez, con un gol in avvio di ripresa, al 52’. Ripartenza veloce degli uomini di Maran innescata da Almiron, assist pennellato di Bergessio e rete del numero 17 argentino. A fine gara si scatena una grande festa, in celebrazione di un’annata coi controfiocchi.
Tre gare in contemporanea, alle 12.30, per decidere chi rimarrà in Serie A e chi, purtroppo, dovrà scendere in cadetteria. Chievo-Torino, Fiorentina-Palermo e Genoa-Inter (in rigoroso ordine alfabetico) sono partite di fondamentale importanza. Al “Bentegodi” le due squadre decidono di non farsi male, ma è il Chievo (già salvo) a passare in vantaggio con la nona rete stagionale del trascinatore clivense Cyril Thereau. Al 19’ è il solito Cerci a rimettere le cose a posto per la formazione di Ventura, trasformando alla perfezione un calcio di rigore conquistato da Ogbonna. Ci pensa poi Puggioni a blindare l’1-1 con diversi interventi prodigiosi. Nella ripresa le due squadre non regalano emozioni e la partita finisce, così, in parità: il Toro è finalmente fuori pericolo.
Si salva anche il Genoa di Ballardini, grazie al pari per 0-0 ottenuto in casa contro l’Inter (ora addirittura nona in classifica). Due emozioni a Marassi nei primi 45’, che coincidono con altrettanti (e ormai consueti) miracoli di Handanovic, gli ennesimi in questa stagione maledetta per la Beneamata. Il portiere nerazzurro vola all’11’ alzando sulla traversa un colpo di testa di Borriello e al 44’ si distende come una molla deviando con la punta delle dita in angolo una conclusione di Bertolacci. Poco altro da segnalare, con l’Inter che prova a costruire gioco e occasioni ma le mancano mezzi e soprattutto uomini. Qualche buono spunto arriva dal rientrante Nagatomo sulla sinistra, da Guarin quando riesce a inserirsi tra le linee e dalle accelerazioni improvvise di Kovacic, l’unico in grado di cambiare il ritmo, ma anche reo di troppi passaggi sbagliati. Contano comunque i numeri e nella casella degli interventi di Frey si registra lo zero: l’ex di turno fa da spettatore. I rossoblù combinano qualcosa di più ma l’orecchio è teso verso quello che succede sugli altri campi. E sugli spalti è boato alla notizia del vantaggio della Fiorentina (di cui parleremo tra poco) sul Palermo. Nessun cambio nelle due squadre a inizio ripresa. Che vede in campo soltanto il Genoa. Inter con le gambe molli. Vargas di testa non impensierisce Handanovic poi Borriello tenta una spettacolare rovesciata che finisce fuori. Al 58’ la prima vera parata di Frey, bravo a intercettare la conclusione di Guarin, che poi spreca malamente un buon pallone con un pallonetto alquanto improbabile. Stramaccioni richiama un inconcludente Alvarez per Cassano, al ritorno dopo l’infortunio, per dare maggior spinta offensiva alla squadra. L’ingresso in campo di Fantantonio è accompagnato dalle bordate di fischi del pubblico rossoblù. In effetti i nerazzurri sembrano più vivaci in avanti: al 70’ Rocchi colpisce la traversa di sinistro a Frey battuto. Ballardini rinfoltisce il centrocampo inserendo Kucka per Floro Flores. La partita non ha più niente da dire. Fa il suo esordio in A il Primavera interista Spendlhofer, che rimedia subito una botta alla testa in una zuccata con Borriello (che poi esce tra gli applausi di “Marassi”). Per fortuna nulla di grave. Si aspetta soltanto il triplice fischio. Poi è tripudio di bandiere rossoblù.
Continua a sognare la Champions la Fiorentina, che batte 1-0 il Palermo spedendolo dritto in Serie B. Il destino si dimostra ancora una volta un amico tutt’altro che affidabile. Ricordate, infatti, che nove anni fa Luca Toni segnò il gol della promozione in A del Palermo? Bene, nove anni dopo il centravanti di Pavullo nel Frignano segna la rete che condanna la squadra di Zamparini ad un insperato esodo nella serie cadetta. Montella ripropone Roncaglia nel terzetto difensivo e deve rinunciare ancora ad Aquilani, rimpiazzato ancora da Mati Fernandez. I viola si dimostrano sin da subito frizzanti, sprecano molto ma alla fine trovano il meritato vantaggio. Anche rischiando qualcosa in fase difensiva. Come detto è Toni, forse alla sua ultima apparizione al “Franchi” con la maglia viola, a sbloccare e a decidere la partita con il gol numero 8 (tutti segnati in casa) del suo campionato. Al 41’ il bomber si fionda sul pallone messo in mezzo da Cuadrado e con una zampata fa 1-0. Grande azione dei toscani con Borja Valero assoluto protagonista. Splende il sole su Firenze, prima del diluvio. A inizio ripresa grande acquazzone e la palla fatica a circolare. La squadra di Montella cerca il colpo del ko, ma è troppo imprecisa. Jovetic ci prova varie volte, ma la mira è sballata (voci di mercato?), Borja Valero manca di un soffio il suo secondo gol in campionato, Cuadrado fa ammattire i difensori ospiti ma non riesce ad essere cinico sotto porta. I rosanero, nel finale, provano a rendere meno amara la retrocessione, anche con l’ingresso di Miccoli, ma non c’è nulla da fare. Palermo in Serie B dopo, come menzionato poco fa, 9 anni; la Viola spera in un passo falso del Milan e intanto si mette in saccoccia l’aritmetica qualificazione alla prossima Europa League. Retrocede matematicamente, senza giocare, anche il Siena di Iachini.
L’Udinese batte 2-1 l’Atalanta, mantiene le distanze dalla Lazio e porta a 7 le vittorie consecutive, record bianconero in A. I friulani devono ringraziare come sempre Totò Di Natale: l’Atalanta parte meglio e passa in vantaggio dopo soli 10’ con De Luca, poi si scatena il capitano bianconero che con due gol di rapina a cavallo dei due tempi (40’ e 52’) ribalta il risultato e regala la vittoria alla squadra di Guidolin, che avvicina sempre di più l’Europa League.
La Lazio di Petkovic resta a -2, grazie alla vittoria ottenuta per 2-0 in casa contro la Samp. All’Olimpico è subito partita vera, che Floccari sblocca con la coscia sinistra al 10’ dopo l’occasione capitata a Klose a neppure un minuto dal fischio d’avvio. Gli ospiti non stanno certo a guardare e vanno vicini alla rete prima con Sansone e poi con Icardi, che colpisce la traversa. Nella ripresa poi la musica non cambia. Ci prova subito Candreva, ma il suo diagonale esce di poco. Il gol di vantaggio non lascia tranquillo Petkovic, ma in campo il ritmo cala molto e le squadre sembrano aspettare soltanto il triplice fischio. I biancocelesti rallentano e gestiscono la palla senza scoprirsi e così il match si gioca prevalentemente a centrocampo. Onazi recupera palloni a ripetizione, Poli esce con i crampi. Nel finale la Lazio arretra il baricentro e la Samp prova a rovinare la giornata a Klose & Co. Ma all’81’ è ancora Floccari ad andare vicino al raddoppio: Da Costa rimane in piedi fino all’ultimo e devia in corner. Poi tocca a Marchetti salvare il risultato su un tiro pericoloso di Berardi. La rete della tranquillità biancoceleste, alla fine, arriva nel recupero. Al 92’ Gastaldello atterra Onazi in area, Candreva va sul dischetto e batte Da Costa con un cucchiaio alla Totti, tanto per intenderci. L’ultimo atto del match è l’ingenua espulsione di Renan per qualche parolina in più rivolta all’arbitro. All’Olimpico contro la Doria finisce 2-0, ma per i biancocelesti il campionato non è ancora finito. Col Cagliari la Lazio dovrà vincere ancora e aspettare buone notizie da Milano per conquistare con certezza l’Europa League.
Fuochi d’artificio prima e dopo la partita al “San Paolo” di Napoli. In mezzo, una partita giocata a ritmi estivi con due squadre che non avevano proprio più nulla da chiedere se non qualche statistica da migliorare. A farli partire, dopo 94’ d’attesa ci ha pensato Marek Hamsik, completando una rimonta sul Siena che ad un certo punto sembrava stregata tra pali, traverse e miracoli del portiere. I bianconeri lasciano la Serie A lottando sul campo in una stagione maledetta partita con sei punti di penalizzazione. Nell’ultima partita interna, però, il Napoli ci mette un po’ più tempo del solito per carburare, riempito di seconde linee per onorare anche la loro di stagione. Le parole di De Laurentiis prima della gara, la festa sugli spalti, gli striscioni e tutta l’atmosfera estiva hanno fatto il resto, con una buona dose di sfortuna a limitare l’esultanza di Cavani (in quella che potrebbe essere stata l’ultima partita del Matador a Napoli) nel primo quarto d’ora. Il Matador, alla ricerca di gol per continuare la scalata alla classifica dei migliori bomber in maglia azzurra, al 12’ colpisce un clamorosa traversa e al 15’ si ripete stampando il pallone sul palo. Le streghe, però, a tutto il San Paolo le fa vedere Grillo, classe 1987 all’esordio assoluto in Serie A, al minuto 36, quando con freddezza incredibile, infila l’incrocio dei pali con un tocco di esterno sinistro per il vantaggio senese. Niente di sconvolgente o preoccupante per quanto riguarda le rispettive classifiche, ma un pugno al cuore per la festa in preparazione sugli spalti. Nella ripresa Mazzarri torna sui suoi passi inserendo Insigne, Pandev e Hamsik. La corazzata torna in campo e la partita si raddrizza nell’ultimo quarto d’ora. Prima col gol numero 28 in campionato e 37 in stagione di Cavani, bravo a ribadire in rete di testa una clamorosa traversa di El Kaddouri. Poi con Hamsik, al 94’, dopo un’azione corale di ripartenza condotta da Insigne e Dzemaili. Il tutto con almeno un paio di occasionissime gettate al vento dal Siena (quella di Reginaldo su tutte), per non farsi mancare nulla in quanto a emozioni. Commovente l’uscita dal campo di Gianluca Grava, in quella che è stata la sua ultima apparizione in maglia azzurra. Lo stadio gremito si alza, lo saluta, lo ringrazia. Una bandiera per Napoli e per il Napoli, portato dalla C alla Champions. “Ti amo” si legge sulla sua maglia e Napoli sicuramente non smetterà mai di amare lui.
Il derby emiliano tra Parma e Bologna si chiude con la vittoria per 0-2 dei felsinei. I gialloblù non riescono ad onorare al meglio il ventesimo anniversario della conquista della Coppa delle Coppe e cadono in casa, arrendendosi al portiere rossoblù Stojanovic e alle reti di Taider (botta di sinistro dai 30 metri) e di Moscardelli (diagonale col destro). Due squadre che non avevano più nulla da chiedere a questo campionato e che ora si trovano rispettivamente a quota 46 (il Parma) e 43 (il Bologna).
Ancora 90 minuti d’attesa per gli ultimi due verdetti del campionato. Il Milan spreca il primo match point e rinvia la sentenza a settimana prossima, quando a Siena (già retrocesso) avrà la grande possibilità di staccare definitivamente il pass per la Champions. Il secondo verdetto riguarda l’Europa League (Udinese o Lazio), che dopo la gara di San Siro perde un’altra pretendente – la Roma – a cui rimane la Coppa Italia come estremo salvagente. Per 41 minuti, e cioè fino a quando sussiste la parità numerica, la partita è decisamente equilibrata e il Milan – quando attacca – rischia quasi sempre di sfondare. Siamo alla penultima di campionato, ma il ritmo è più che buono e sugli spalti ci si diverte. I rossoneri, con Ambrosini davanti alla difesa e la coppia Muntari-Flamini ai suoi fianchi, prova a far correre gli esterni (Boateng-El Shaarawy) e si affida al solito Balotelli per salire col baricentro. La filosofia della Roma, più o meno, è la medesima: ripartenze rapide in fascia (Lamela e Marquinho) e Osvaldo a fare la boa. L’unica differenza, dunque, è in mezzo al campo, dove i giallorossi piazzano due mediani (Perrotta e Bradley) dietro a Totti (stasera in versione trequartista). Proprio dal destro del capitano arrivano le migliori occasioni per la Roma, che in realtà punge poco e si affida al contropiede. Il Milan, con personalità, cerca di prendere in mano la partita ma viene tradita da Muntari, che va in black out al 41’: Balotelli si fa ammonire per un fallo su Marquinho e il ghanese, nonostante si sia beccato un giallo per proteste, decide di andare incontro ad un secondo, un istante dopo, proseguendo con le lamentele e arrivando addirittura a mettere le mani addosso all’arbitro. Allegri non arretra di un centimetro e a inizio ripresa ridisegna il Milan: Boateng si abbassa a fare la mezzala e in campo si vede un 4-3-2 senza paura alcuna. La Roma, in superiorità numerica, fatica a rendersi pericolosa e, anzi, rischia grosso sugli inserimenti di Flamini. Balotelli, che subisce alcuni ululati razzisti dai tifosi giallorossi (partita sospesa per un minuto e mezzo a inizio ripresa), nel secondo tempo si vede meno ma si rende comunque utile per gli equilibri di squadra. La gara scivola via senza troppe emozioni fino al primo minuto di recupero, quando Totti si fa cacciare da Rocchi per una plateale (più che violenta) gomitata a Mexes. Dieci contro dieci, ma il risultato non cambia mai. Così tra una settimana, a Siena, potremo conoscere il futuro europeo del Milan. E con esso, probabilmente, si saprà anche quello di Allegri.
Alla luce di questi risultati, Juventus già campione con 87 punti, Napoli a quota 78, Milan a 69 e Fiorentina a 67. Palermo, Siena e Pescara retrocedono in B, Cavani resta il capocannoniere indiscusso con 28 reti (raggiunto Vojak intanto).
I TOP
Luca Toni (FIORENTINA): A volte ritornano, ma a volta riscappano. Così potrebbe essere sintetizzata l’avventura del figliol prodigo Luca Toni a Firenze. Tornato nella città che tanto lo ha amato, è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante nello scacchiere di Montella. Il destino ha scelto proprio lui per mandare in serie B il Palermo, sua ex squadra, e proprio in questa partita ha salutato i suoi tifosi, forse, definitivamente. IDOLO.
Antonio Di Natale (UDINESE): Sembra il protagonista di una commedia in bianco e nero che fa felice soltanto l’Udinese. Con il celebre Antonio De Curtis ha in comune la provenienza e il nome, non di certo la professione. Il capitano bianconero mette a segno un’altra doppietta, che porta a sette la striscia di vittorie consecutive della squadra di Guidolin e i suoi compagni ad un passo dall’ingresso nelle coppe. Possiamo abbozzare anche un titolo per questo film? Perché no… TOTÒ… IN EUROPA.
Samir Handanovic (INTER): Il portiere nerazzurro riscatta subito la brutta serata contro la Lazio con due interventi strepitosi prima su colpo di testa di Borriello e poi su conclusione di Bertolacci. Di un altro pianeta. SARACINESCA.
I FLOP
Sulley Ali Muntari (MILAN): Lascia in dieci i compagni per una follia. Il comportamento, se vogliamo, è ancora più grave perché il ghanese, in quell’azione, non c’entrava assolutamente nulla. L’attenuante della trance agonistica, dunque, non esiste. Cosa gli sia passato realmente nella testa, quando ha bloccato l’arbitro per una trentina di secondi, probabilmente lo sapremo solo in un’eventuale puntata di Voyager che potrebbe spiegarci i misteri che si annidano nella sua contorta mente. INCONCEPIBILE.
Facundo Parra (ATALANTA): D’accordo, l’Atalanta ha già raggiunto la salvezza e la squadra non ha più nulla da chiedere al campionato. Ci sono da onorare gli impegni rimanenti. L’occasione per Parra è ghiotta, vista l’assenza di Denis. Ma l’attaccante col 99 spreca l’opportunità, facendo rimpiangere il Tanque al centro dell’attacco. Prova colpi d’alta scuola (tacco su cross di De Luca) con esiti improbabili e sbaglia un gol dal centro dell’area, con Brkic fuori causa, che Denis di certo non avrebbe fallito. IMPRESENTABILE.
Alessandro Matri (JUVENTUS): Tanto importante nella vittoriosa trasferta di Bergamo, che ha alimentato il sogno di Conte di battere il record di Capello, tanto inutile nel pareggio contro il Cagliari. Sarà stato un ritorno di fiamma verso i colori della sua ex squadra, o forse il troppo appagamento per un obiettivo, lo Scudetto, già ampiamente raggiunto. Fatto sta che la sua prestazione è stata scadente. In coabitazione con Giovinco per il titolo di peggiore in campo. VACANZIERO.