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Il valore dei beni a fine esercizio è la base di calcolo dell’imponibile

La controversia, oggetto di pronuncia della Corte Ue, riguarda il ricorso presentato da un’ impresa dopo un avviso di rettifica fiscale su un mancato versamento Iva

La domanda di pronuncia pregiudiziale, di cui alla causa C-142/12, riguarda l’interpretazione di talune disposizioni in materia di Iva di cui alla direttiva 2006/112/CE con particolare riferimento all’articolo 18, lettera c e agli articoli 74 e 80. La controversia, oggetto della pronuncia della Corte, riguarda il ricorso presentato da un impresa che a seguito di un avviso di rettifica fiscale su un mancato versamento Iva.Il procedimento principale
L’impresa ricorrente, a causa del mancato versamento dell’Iva dovuta, veniva sanzionata attraverso la cancellazione dal registro dell’imposta con conseguente cessazione dell’attività. Successivamente, veniva eseguita una verifica fiscale dalla quale scaturiva che, in occasione dell’acquisto di veicoli in leasing, sul cui corrispettivo veniva detratta l’Iva, detenuti alla data di cessazione attività, le autorità fiscali riscontravano l’imponibilità degli attivi. Nella conseguente richiesta di recupero dell’imposta, l’amministrazione tributaria, calcolava il valore dei veicoli sulla base del loro valore normale. A ciò seguiva un ricorso stragiudiziale, con cui l’impresa contestava proprio la valutazione degli attivi effettuata sulla base del valore normale. Nello stabilire il valore degli attivi, infatti, era opportuno tenere conto del deprezzamento degli attivi stessi e pertanto si faceva richiesta di una perizia per stabilire il valore alla data di cessazione dell’attività. In considerazione dell’obiezione sollevata in merito all’utilizzo del valore normale, il giudice del rinvio solleva un dubbio interpretativo in merito alla compatibilità tra normativa nazionale e quella comunitaria in materia di Iva.

Le questioni pregiudiziali
Una prima questione, riguarda se l’articolo 18) lettera c), della direttiva Iva debba essere interpretato nel senso da disciplinare anche la cessazione dell’attività economica imponibile a seguito di cancellazione dal registro Iva. Un’altra questione riguarda la compatibilità della normativa nazionale ungherese con gli articoli 74 e 80 della direttiva Iva. In altre parole, se alla luce delle disposizioni comunitarie, in caso di cessazione dell’attività, la base imponibile possa essere costituita dal valore normale dei beni alla data della cessazione.

Sulle questioni pregiudiziali
L’articolo 18, lettera c), della direttiva Iva stabilisce come si possa assimilare ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il possesso dei beni da parte di un soggetto passivo che abbia cessato l’attività economica, nel caso di presenza di beni ai quali corrisponde un diritto a detrazione di imposta. Da una lettura del suddetto articolo, però, fanno notari i togati europei, si evince come la disposizione non distingue tra tipologie di cause o circostanze che hanno portato alla cessazione dell’attività economica. Ma nonostante ciò, non può che affermarsi come il richiamato articolo 18, lettera c), possa essere applicabile anche alla fattispecie di cui alla causa principale. Quanto alle altre questioni pregiudiziali, seguendo la giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale come quella in specie, non può prevedere che la base imponibile sia calcolata diversamente in considerazione delle diverse cause delle cessazione. La previsione di cui all’articolo 74, per la quale il prezzo di acquisto debba determinarsi in base al prezzo di costo, costituisce pur sempre una deroga a quello che è il regime ordinario. Inoltre, come già precisato dalla stessa Corte, la base imponibile, in fattispecie quali quelle di cui al procedimento principale, deve essere costituito dal valore del bene determinato al momento della valutazione. In tal modo, il valore del bene stesso, corrisponde al prezzo sul mercato di un bene simile anche in considerazione dei costi di trasformazione dei prodotti.  Ecco che allora, in caso di cessazione dell’attività economica, la base imponibile, è costituita dal valore dei beni, costituenti l’attivo, calcolato al momento dell’interruzione dell’attività. Una siffatta valutazione, dunque, riflette il giusto valore a causa della sua evoluzione dal momento dell’inizio a quello di cessazione dell’attività. Merita concludere, inoltre, come nonostante le disposizioni di cui all’articolo 74 non lascino adito ad alcuna dubbia interpretazione, è pur vero che spetta al giudice nazionale dare applicazione al diritto interno in conformità alle disposizioni del diritto dell’Unione.

La pronuncia della Corte
In conclusione, i giudici dell’ottava sezione della Corte di giustizia europea una volta stabilita l’applicabilità diretta, al caso di specie, dell’articolo 18, lettera c), della direttiva Iva si sono ulteriormente espressi in merito all’interpretazione dell’articolo 74. Pertanto, non è compatibile con tale disposizione, una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che al verificarsi di una cessazione dell’attività economica imponibile, non stabilisca quale base imponibile dell’operazione il valore dei beni esistenti alla data di cessazione dell’attività.

Andrea De Angelis, nuovofiscooggi.it

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