Valido per l’erede l’accertamento al “de cuius” senza nuovo avviso – Cassazione Civile 9583/2013
La pretesa erariale redatta in conformità al modello ministeriale, con tutti gli elementi al loro posto, non lede i diritti di alcuno e non ostacola la possibilità di opporsi
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Deve ritenersi legittima la cartella di pagamento notificata all’erede dell’originario contribuente, anche quando la stessa non sia preceduta dall’invio di un nuovo avviso di accertamento. Non si configura, infatti, alcuna violazione del diritto di difesa del contribuente.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 9583 del 19 aprile 2013.
La vicenda
La Commissione tributaria regionale, riformando la sentenza di primo grado, annullava la cartella di pagamento notificata all’erede dell’originario contribuente, a seguito di avviso di accertamento divenuto definitivo nei confronti del de cuius.
Per i giudici di appello, infatti, la cartella di pagamento “si era espressa in forma criptica”, mentre l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto tutelare il diritto di difesa del contribuente, procedendo alla notifica nei confronti dell’erede di un nuovo atto di accertamento.
Contro la sentenza della Commissione tributaria regionale, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 25 del Dpr 602/1973, come sostituito dall’articolo 11 del Dlgs 46/1999.
In particolare, l’Amministrazione finanziaria ha dedotto che, avendo l’ufficio rispettato le disposizioni contenute nell’articolo 25, disciplinanti forma e contenuto della cartella di pagamento, questa era da ritenersi sufficientemente motivata con l’indicazione dell’iscrizione a ruolo e dell’importo dovuto.
Dunque, i giudici di appello avevano erroneamente annullato l’atto impositivo per lesione del diritto di difesa del contribuente, a nulla rilevando che originario titolare del rapporto tributario fosse il de cuius.
Con un apposito quesito, l’Agenzia delle Entrate ha chiesto ai giudici di piazza Cavour “se violi il diritto di difesa del contribuente la cartella esattoriale il cui modello rispetti i requisiti fissati dall’articolo 25 del Dpr 602/1973, come modificato dall’articolo 11 del Dlgs 46/1999 e se, pertanto, sia legittima la cartella stessa qualora, riporti, come nella fattispecie, il nominativo del contribuente quale erede, la dettagliata descrizione degli importi e del tipo d’imposte, la loro debenza a titolo definitivo a seguito di una decisione della Ctc, senza riportarne gli estremi, il numero di ruolo e la data di esecutività, nonché il riferimento delle somme dovute alla domanda di condono del novembre 1977 presentata dal de cuius”.
L’articolo 25 del Dpr 602/1973
Vale la pena ricordare che la disciplina giuridica della cartella di pagamento è contenuta all’articolo 25 del Dpr 602/1973, modificato dal decreto legislativo 46/1999.
Essa va redatta in conformità al modello approvato con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze e deve contenere:
l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione
l’avvertimento che, in caso di mancato pagamento nel termine appena riportato, si procederà a esecuzione forzata
l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo.
La pronuncia
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 9583 del 19 aprile, ha accolto il ricorso del Fisco, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha respinto il ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento che gli era stata notificata in qualità di erede dell’originario contribuente.
Per la Corte suprema, che ha così risposto anche al quesito formulato dall’Agenzia delle Entrate, la circostanza che la cartella di pagamento sia stata notificata all’erede non ne fa venir meno la legittimità, quando la stessa sia stata emessa in conformità all’articolo 25 del Dpr 602/1973, come sostituito dall’articolo 11 del Dlgs 46/1999, poiché, secondo costante orientamento dei giudici di legittimità, è sufficiente che l’atto richiami l’iscrizione a ruolo, permettendo, così, di identificare l’accertamento divenuto definitivo da cui trae origine la riscossione (cfr Cassazione, sezione tributaria 27140/2011 e 11466/2011).
Sabatino Ungaro, nuovofiscooggi.it