Giurisdizione civile in tema di autodichia dei dipendenti del Senato della Repubblica – Cassazione Civile Sezioni Unite Ordinanza 10400/2013
Con riferimento all’istituto dell’autodichia del Senato, e con specifico riferimento alle controversie dei dipendenti del medesimo, le Sezioni unite hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 del regolamento del Senato della Repubblica 17 febbraio 1971, e successive modifiche, per contrasto con gli articoli 3, 24, 102, secondo comma, 111, commi primo, secondo e settimo, e 113 della Costituzione.
Allegato Pdf:
Ordinanza interlocutoria n. 10400 del 6 maggio 2013
(Sezioni Unite Civili, Presidente R. Preden, Relatore P. D’Alessandro)
Legislatura 17ª – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 157 del 23/12/2013
(Bozze non corrette redatte in corso di seduta)
BUEMI (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signora Presidente, onorevoli colleghi, noi Socialisti del Gruppo delle Autonomie siamo consapevoli che il compito del Governo è arduo e vogliamo concorrere a semplificare, e non a rendere più difficile, la sua navigazione. Quindi, confermiamo il sostegno leale al presidente Letta e al suo Governo e altrettanto confermiamo e appoggiamo con convinzione il ruolo di garanzia e di equilibrio del Presidente Napolitano, che in questi giorni viene sottoposto ad attacchi ingiustificati che noi respingiamo all’origine.
Colleghi senatori, il segretario del PD, Renzi, dice: «La politica dia il buon esempio». Ebbene, colleghi senatori, oggi voglio intervenire semplicemente su un punto che ci riguarda direttamente e sul quale dobbiamo dare il buon esempio. La vicenda degli ultimi giorni dimostra una certa fibrillazione nella quale si carica anche una questione irrisolta: la struttura amministrativa degli organi costituzionali. Nell’ambito delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono gli unici, tra gli organi costituzionali o a rilevanza costituzionale, in cui la dotazione ordinaria dell’Erario è utilizzata per il trattamento del personale in quiescenza.
Già varie volte in quest’Aula, nelle scorse legislature, si è notato che la separazione netta tra la gestione ordinaria delle spese correnti e la gestione delle spese previdenziali è un conseguimento acquisito di ciascuna pubblica amministrazione, rientrante nell’ambito dell’ente territoriale Stato, il quale conferisce la spesa da appositi enti previdenziali con cui le singole amministrazioni mantengono rapporti regolati dalla disciplina generale dei contributi del datore di lavoro. Non so dire se la specificità degli organi costituzionali o a rilevanza costituzionale giustifichi un loro trattamento separato dalla previdenza generale, ma so per certo che è assolutamente ingiustificato che tra di loro proliferino trattamenti differenziati e normative di nicchia.
Il comma 487 dell’articolo 1 del presente disegno di legge di stabilità mantiene questo equivoco chiamando le Camere a pronunciarsi, nella loro autonomia, sul se e come uniformarsi ai principi del contributo di solidarietà imposto a tutti cittadini. Invece, signor Presidente, colleghi, deve essere chiaro che la forma nell’esercizio della propria autonomia, riferita ad atti amministrativi di gestione dell’apparato servente delle Camere, è impropria perché sottrae indebitamente il rapporto di pubblico impiego con gli organi costituzionali alla legge ordinaria e rende norme di principio quelle che sono direttamente applicabili al resto delle pubbliche amministrazioni.
Occorre chiarire, una volta per tutte, che è dato direttamente ingresso a queste norme pensionistiche nell’ordinamento generale, senza necessità di atti di recepimento, evitando il pericolo che siano incompleti o parziali. La tesi per cui occorrerebbero tali atti di recepimento risponde ad una concezione dell’autodichia degli organi costituzionali superata e sottoposta a censura di costituzionalità da parte delle Sezioni unite e civili della Corte di cassazione con ordinanza 10400 del 2013.
Colleghi, lo scoop del Movimento 5 Stelle sulla modifica dell’emendamento del 10 dicembre 2013, proposto alla Camera dal deputato Speranza, apre uno squarcio ancora più preoccupante: vi sarebbe stata un’attività di lobbying per innalzare il tetto dei cumuli pensione-retribuzione da 150.000 a 300.000 euro.
È evidente che queste gestioni pensionistiche differenziate non solo non innescano meccanismi virtuosi, ma producono effetti perniciosi sul livello della legislazione generale. Per salvare questi casi isolati si annacquano le previsioni normative valide per tutti i cittadini, oltre ad incrementare il discredito sulle istituzioni. Il caso è spia di un più generale meccanismo riflesso secondo cui agli organi costituzionali non si applicherebbe la legge vigente per tutte le altre amministrazioni, come ha dichiarato oggi la segretaria Bernardini del Partito dei Radicali italiani in riferimento al tema degli affitti d’oro, altra questione all’ordine del giorno della Camera dei deputati.
Se la Presidenza non disdetta subito i suoi assai discussi contratti immobiliari è solo perché vuole restare coerente con la mitologia dell’autodichia, che l’ha condotta a costituirsi in giudizio contro la Corte di cassazione nel giudizio che sarà deciso l’11 marzo prossimo dalla Corte costituzionale.
Invece di continuare a mandare input contradditori al Governo, le Camere applichino direttamente l’articolo 3 del decreto Monti, che dà la facoltà di recedere a tutte le amministrazioni incluse nell’elenco ISTAT. (Il senatore Puglia espone, appoggiandolo al computer portatile, un foglio con scritto nella parte alta: «RESTITUITE ANCHE VOI»).
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, senatore Buemi.
Senatore Puglia, la inviterei a rimuovere quel cartello.
BUEMI (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Più in generale, invito i colleghi ad aggiungere… (Il senatore Puglia chiede di intervenire).
PRESIDENTE. Senatore Puglia, non c’è da intervenire. La invito nuovamente a rimuovere quel foglio.
BUEMI (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Dicevo, invito i colleghi grillini ad aggiungere la firma al disegno di legge n. 1175 presentato dai senatori socialisti, che mi chiedo, signora Presidente, perché ancora oggi, dopo più di 40 giorni, non sia stato pubblicato sul sito del Senato.
Noi Socialisti, colleghi, non portiamo responsabilità nella gestione del Senato. Voi sì, senatori grillini, con il vostro Questore. Lei sì, presidente Grasso. Non ci stiamo a condividere la vostra demagogia sui media e nelle piazze e il vostro conservatorismo in Aula. Mettete all’ordine del giorno il nostro disegno di legge n. 1175 e diamo il buon esempio, colleghi senatori del PD!