Seria A 36^ GIORNATA: Balo fa 11 su 11; Inter fuori dall’Europa e Siena e Palermo sempre più in B
L’ultimo turno infrasettimanale della stagione si apre con la gara dell’Olimpico tra Roma e Chievo. Roma alla ricerca di punti europei, mentre al Chievo basta un pari per raggiungere la matematica salvezza. Come se stessero recitando un copione, le due squadre si presentano in campo proprio come pronosticato alla vigilia.
Roma chiaramente tutta in avanti, gialloblù chiusi nella loro metà campo e nelle mani dei contropiedi di Thereau e Stoian. Tanta mole di gioco ma tanta imprecisione e, di conseguenza, poche occasioni da rete. Ci va vicino praticamente soltanto Osvaldo nel primo tempo, ma spara in bocca a Puggioni. Destro soffre la presenza dell’italo-argentino e non rende, Totti cerca di prendersi la squadra sulle spalle ma fa poco rispetto ai suoi standard. Ma almeno ha il merito di provarci, anche se la sua bomba su punizione è respinta ancora una volta dal portiere clivense. Nella ripresa cerca di salire in cattedra Mattia Destro, ma il suo tiro di sinistro e il suo colpo di testa sono ancora preda dei guantoni di Puggioni. Dodò fa il bello e il cattivo tempo sulla fascia sinistra, ma è spesso pasticcione con la palla tra i piedi. Sul suo inserimento, stavolta, è bravo Andreolli a salvare. Totti coglie una traversa con un tiro dal limite deviato, entra anche Lamela ma il muro veneto non crolla. Anzi, al 90’ arriva la beffa inaspettata, che fa esplodere di gioia Corini e fa trionfare la filosofia del calcio all’italiana. Dramé parte sulla sinistra, lascia partire un cross perfetto per il piatto di Thereau che non lascia scampo all’incolpevole Goicoechea. La Roma perde un importantissimo treno per l’Europa League, mentre il Chievo è salvo. Corini aveva ordinato di provarci, i suoi non lo hanno deluso e ora la loro missione è finalmente compiuta.
Il Milan cerca di mettere una seria ipoteca sul terzo posto sul campo del Pescara già retrocesso. E l’obiettivo viene raggiunto senza particolari problemi, sia per la pochezza dell’avversario sia per la prestazione del reparto offensivo rossonero. Già al 2’, infatti, Mario Balotelli va vicino alla rete spaccando quasi la traversa. Il vantaggio, però, ritarda soltanto di sette giri di lancetta, perché al 9’ Cosic è ingenuo nell’atterrare Nocerino in area e a consegnare sul piatto d’argento il gol dello 0-1 al piatto destro di SuperMario. Al 33’ raddoppia Muntari con un sinistro sporco al volo su calcio di punizione di Robinho, mentre in avvio di ripresa Flamini segna il quarto gol stagionale, curiosamente il quarto nelle ultime cinque partite. Balotelli segna anche il suo undicesimo gol in campionato con una girata al 57’. Nel finale spazio anche per il Faraone e Pazzini, ma i rossoneri preferiscono abbassare i ritmi di gioco e non affondare il coltello nella piaga. Partita a senso unico con una differenza abissale tra le due compagini: finisce 0-4 e non poteva essere altrimenti. Bucchi, a fine gara, potrà ripetere la fatidica frase: “Ho visto una squadra che non ha messo niente in campo”. Ma ci sarà tempo per ricominciare, anche se in una serie inferiore.
La “Juve B” vola a Bergamo per proseguire la striscia di imbattibilità che dura ormai da inizio marzo e lo fa con soltanto 2 titolari (Pirlo e Chiellini) nell’11 iniziale anti Atalanta. Nonostante siano fuori per scelta tecnica e per acciacchi i vari Buffon, Barzagli, Bonucci, Lichtsteiner, Asamoah, Marchisio, Vidal e Vucinic, la Juve fa sua la nona vittoria di fila dopo il pareggio del “San Paolo” e conferma di essere l’indiscussa regina del nostro campionato. Nemmeno i festeggiamenti per il secondo scudetto di fila cambiano l’esito di una partita, che per la Juve conta soprattutto per il record di punti e per quello delle vittorie stagionali, mentre per l’Atalanta vale comunque una salvezza arrivata con due giornate d’anticipo. Mancheranno anche i titolarissimi, ma l’armata di Conte che scende in campo all’Atleti Azzurri d’Italia è la stessa della cavalcata tricolore in fatto di voglia di vincere. E si vede subito, tanto che dopo tre minuti Caceres pesca Giaccherini in area, il centrocampista salta Stendardo, ma poi calcia centrale a due passi da Consigli. È la prova generale del gol che arriva dopo un quarto d’ora, quando stavolta l’assist, perfetto, è (manco a dirlo) di Pirlo, ma la magia la fa Matri, che controlla e col sinistro batte l’impreparato portiere della Dea. Un cazzotto che sveglia l’Atalanta, vicinissima al pareggio quasi immediatamente, con Denis che di testa anticipa Marrone, ma sfiora il legno. Il peggio, però, arriva poco prima della mezz’ora. I continui lanci di oggetti, fumogeni e petardi tra le due tifoserie alle spalle della porta di Storari superano il limite e Guida interrompe il gioco per otto minuti. Lo stop fa male alla Juve, che subisce la spinta nerazzurra e trema quando al 38’ un pessimo rinvio di Caceres fa arrivare la palla ancora a Denis, il cui piattone al volo centra il palo a portiere battuto. È l’ultimo brivido di un primo tempo a due facce. La ripresa inizia come si era chiusa la prima frazione, con l’Atalanta con tanta voglia di fare qualcosa di più. Dal canto suo la Juve bada soprattutto a non correre rischi e a provare a colpire in contropiede. Le occasioni su un fronte e sull’altro non sono da mani nei capelli (nemmeno l’ingresso di Anelka scalda i presenti…) e con il passare dei minuti affiora anche un po’ di stanchezza. La partita, così, si infiamma solo nel finale, quando i padroni di casa chiedono un rigore per fallo di mano in area di Marrone dopo un colpo di testa ravvicinato di Denis e sulla ripartenza successiva Isla costringe Consigli alla respinta di piede. Gli ultimi minuti sono fatti di continui ribaltamenti di fronte, che però non cambiano il risultato. Poi, tutti negli spogliatoi con un po’ di amarezza per quanto successo sugli spalti.
Al Napoli di Mazzarri bastano tre punti per avere la certezza aritmetica della partecipazione ai prossimi gironi di Champions League. E questa vittoria, Mazzarri, la vuole ottenere già al “Dall’Ara”. Novità di formazione per il Napoli, con Insigne preferito a Pandev al fianco di Cavani e Rolando e non Gamberini nella difesa a tre. Tra i padroni di casa c’è Carvalho e non Khrin, che va in panchina. Partenza aggressiva da parte delle due squadre e animi subito caldi dopo l’ammonizione di Gilardino per una gomitata a Rolando. Nervosismo che si farà sentire per tutta la gara. I primi venti minuti sono di marca azzurra: Stojanovic è bravo a restare in piedi e a deviare il tiro-cross di Dzemaili al 6’, poi Cavani si fa vedere raccogliendo una sgroppata di Zuniga e servendo Insigne che non ci arriva e con una conclusione che termina a lato. Poco altro sul fronte Napoli da qui alla fine del primo tempo: ripartenze difficili e la manovra che non trova fluidità. E un Matador che non riesce a verticalizzare come sa. Le cose migliori per gli uomini di Mazzarri arrivano dalle percussioni di Zuniga e da Insigne. Da parte sua il Bologna esce alla distanza e si rende pericoloso soprattutto grazie alle iniziative di Diamanti, che confeziona un paio di cross perfetti per la testa di Gilardino, anticipato, poi ci prova con una conclusione che De Sanctis neutralizza in presa plastica e direttamente su punizione, ancora bloccata dal portiere ospite. Ma l’occasione migliore dei primi 45’ capita sulla testa di Gilardino su traversone di Christodoulopoulos: palla fuori. Da segnalare l’infortunio alla caviglia di Behrami, sostituito al 22’ da Inler. Dopo 8’ della ripresa la svolta: bella palla di Dzemaili per Hamsik, che non chiude il triangolo ma scarica in porta il sinistro che vale l’1-0 azzurro. Il gol del vantaggio spiana la strada alla squadra di Mazzarri, che da qui in poi gioca sul velluto. Al 63’ contropiede di Dzemaili, palla a Cavani che viene steso in area da Stojanovic: lo stesso Matador va sul dischetto e non sbaglia. E sono 27 reti in campionato e 102 in maglia azzurra (-1 da Vojak). Al 68’ arriva il tris che porta la firma di Dzemaili, abile a sfruttare un’azione di sfondamento di Cavani e ad insaccare. La partita non ha più nulla da dire se non un brutto infortunio a Carvalho. Triplice fischio e scoppia la festa azzurra al “Dall’Ara”. Per il Napoli suona la musica della Champions. Per il Bologna altra giornata da dimenticare.
Quindici punti nelle ultime sedici partite. Sesta sconfitta nelle ultime sette. Quindicesimo k.o. stagionale come nel 1946-1947 (record negativo eguagliato). Altri due infortunati (Ranocchia e Jonathan) che vanno ad aggiungersi a una lista che pare uno scherzo per quant’è lunga. Alvarez, tra i migliori in campo, che fallisce un calcio di rigore nel modo più beffardo che ci sia. L’Europa che si allontana in maniera definitiva, come non accadeva da 14 anni. La disgraziata stagione dell’Inter si avvia a conclusione nel modo più sfortunato, perché se è vero che la Lazio vince con pieno merito, è altrettanto vero che ogni episodio, anche stavolta, gira nel modo più infelice possibile per la banda di Stramaccioni. Nel primo tempo c’è zero logica e tanta, troppa, superficialità. Errori a ripetizione, clamorosi. Sia in attacco che in difesa, sia nell’Inter che nella Lazio. I nerazzurri rispettano il diktat di Stramaccioni e approcciano con cattiveria, ma dopo 20 minuti si ritrovano sotto per uno svarione di Handanovic: cross da destra di Candreva, uscita a vuoto dello sloveno e palla che gli carambola sulla schiena, per l’inevitabile e incredibile autogol. Lo svantaggio, come da copione in questa stagione, manda momentaneamente in tilt l’intera squadra, che poco dopo (23’) viene graziata da Candreva (destro a lato solo davanti ad Handanovic). Nel miglior momento dei biancocelesti, però, puntuale arriva l’1-1 firmato Alvarez, che impatta di testa un traversone di Pereira (33’). L’episodio inietta fiducia fresca alla Beneamata e l’inerzia si ribalta nuovamente. Per dieci minuti, tra il 36’ e il 46’, i nerazzurri sfiorano il vantaggio in tre occasioni dopo aver preso il controllo del centrocampo (clamoroso l’errore a porta libera di Alvarez; è fantastica, invece, la parata di Marchetti su Cambiasso). Di positivo, per l’Inter, c’è sicuramente la prestazione di Kovacic, in continua crescita, e anche la ritrovata condizione di Fredy Guarin. La Lazio, per la seconda volta consecutiva schierata col 4-4-2 anziché il consueto 4-5-1, soffre in mediana ed è poco protetta dietro. Nulla a che vedere, però, con i buchi della difesa interista, che al 48’ lascia Floccari libero a centro area prima che Ranocchia sia costretto ad atterrarlo. Rigore netto (manca l’espulsione al difensore, solamente ammonito) ed Hernanes trasforma in modo impeccabile per l’1-2. Nella ripresa, se possibile, all’Inter gira ancora peggio. Minuto 25: Guarin si procura un rigore dopo essere stato steso in area da Cana; Alvarez, dagli 11 metri, scivola al momento della battuta e calcia alto sopra la traversa, proprio come Pazzini in Inter-Udinese dello scorso campionato. È la materializzazione della legge di Murphy. In altre parole, si tratta dell’emblema della stagione nerazzurra. Poi c’è tempo anche per il super gol di Onazi, che fissa il punteggio sull’1-3 con un meraviglioso destro da fuori area che si insacca nel sette. Un successo, quello della Lazio, che porta la squadra di Petkovic al sesto posto (aggancio alla Roma). L’Udinese, quinta, è avanti di due punti e l’Europa League, calcolando la finale di Coppa Italia ancora da giocare, appare sempre più vicina.
Un derby è sempre una partita dal sapore particolare, quello tra Siena e Fiorentina, se possibile, lo è ancora di più per motivi di classifica. Ai viola serve una vittoria per mettere in cassaforte l’Europa League e continuare a coltivare il sogno Champions, per i bianconeri sono d’obbligo i tre punti per giocarsi le ultime chance di salvezza. Montella, anche se deve rinunciare a uno dei suoi uomini più in forma, Ljajic, non cambia l’atteggiamento della sua squadra, che fin dai primi minuti cerca di imporre il proprio gioco, col Siena pronto a ripartire in velocità con Emeghara e Reginaldo che però non creano occasioni. Il primo pericolo alla porta bianconera, invece, è portato dopo soli due minuti da Jovetic, bravo a girare da centro area un cross dal fondo sul quale però Pegolo si fa trovare pronto. È solo il preludio al vantaggio gigliato. Al 14’ bella azione di Mati Fernandez che con un passaggio filtrante serve Pasqual: cross di esterno in mezzo del capitano e deviazione facile di Gonzalo Rodriguez (6° gol stagionale) sotto misura. Il Siena accusa il colpo e non riesce a reagire. Il maggior tasso tecnico dei viola fa la differenza con i bianconeri che non riescono a pungere e rischiano di capitolare su un tiro di Borja Valero deviato sul palo da uno Pegolo strepitoso nell’occasione. Iachini cerca di dare una scossa ai suoi e a inizio ripresa inserisce Rosina per aumentare l’imprevedibilità in avanti. Ed è proprio quest’ultimo a creare l’unica vera occasione per i padroni di casa con un tiro a giro che a Viviano battuto termina sulla traversa. Per il resto la trama non cambia, il pallino del gioco rimane nelle mani dei mediani viola aiutati anche dai frequenti ripiegamenti di Cuadrado e Jovetic che così tolgono la superiorità numerica dei bianconeri a centrocampo. Sono gli ospiti a sfiorare più volte il raddoppio, prima con Toni che da due passi coglie la traversa a porta sguarnita e poi con diverse ripartenze in superiorità numerica non concretizzate. Alla fine gli uomini di Montella possono festeggiare il successo per 1-0: la qualificazione in Europa League è in cassaforte, il Milan rimane distante quattro punti. Al Siena, invece, manca solo l’aritmetica certezza di una retrocessione in Serie B che, senza la pesante penalizzazione, si sarebbe potuta certamente evitare.
Il Palermo perde quello che sembra davvero l’ultimo treno per la Serie A. A condannarlo è l’Udinese dell’ex tecnico Francesco Guidolin, che sogna ancora l’Europa sulla panchina bianconera. I rosanero ci mettono cuore e impegno, ma manca la lucidità. Sannino preferisce la tecnica di Faurlin al fiato di Arevalo Rios, mentre Munoz sostituisce Donati (squalificato) al centro della difesa. L’attacco è quello titolare: Miccoli-Ilicic. Anche Guidolin non risparmia la coppia Muriel-Di Natale ma deve rinunciare agli squalificati Danilo, Domizzi e Pinzi. Spazio dunque ad Angella ed Heurtaux. Il Palermo parte bene e con due tiri di Miccoli e Barreto mette paura a Brkic, ma al 10’ arriva la doccia fredda con Muriel, lanciato sulla sinistra, che fa fuori Dossena prima di battere Sorrentino. La reazione del Palermo è impalpabile e si susseguono gli errori tecnici con passaggi sbagliati e indecisioni difensive. L’Udinese respira e prende tempo. Padroni del centrocampo, i friulani fanno girare palla per trovare gli spazi necessari, in attesa dell’occasione giusta per raddoppiare. I rosanero, impauriti e nervosi, rimediano pure un’ammonizione pesante (a Barreto che salterà la gara di Firenze) per simulazione. Il rigore però arriva poco dopo, al 34’, per fallo di Heurtaux su Miccoli. Il salentino calcia forte sotto la traversa e trasforma il penalty. Il “Barbera” si infiamma e trascina la squadra verso il sorpasso che potrebbe arrivare già al 39’, ma l’arbitro annulla per fuorigioco di Dossena sulla ribattuta di Brkic. Il Palermo accelera nella ripresa e per due volte nei primi cinque minuti va vicinissimo alla rete del vantaggio sempre con Miccoli: al 3’ gran lavoro di Barreto sulla destra, palla al centro e il salentino spara in curva, due minuti più tardi il numero 10 mette sopra la traversa un pallonetto che in altre giornate non avrebbe fallito. Le speranze dei tifosi crollano al 53’ quando Giannoccaro concede un penalty per fallo di mani in area di Aronica che salta inspiegabilmente con le braccia in alto. Di Natale dal dischetto si fa ipnotizzare da Sorrentino che respinge la conclusione bassa e centrale. La Favorita torna a respirare. Almeno fino al 64’ quando Angella stacca da solo in area su calcio d’angolo e insacca. Sannino tenta il tutto per tutto e inserisce Hernandez al posto di Kurtic, ma il Palermo rischia il tracollo al 68’ con Badu che colpisce in pieno il palo. I rosanero non riescono a costruire gioco e solo grazie a un tiro da fuori di Hernandez riagguantano il pareggio all’81’, ma le speranze del “Barbera” durano appena due minuti. All’83’, infatti, i friulani sfruttano la confusione nell’area palermitana e sulla respinta corta di Sorrentino, su tiro di Muriel, Benatia appoggia in rete. Si spengono così le residue forze del Palermo e si alzano i cori contro il presidente Zamparini. Il baratro della B è sempre più vicino, mentre diventano concrete le speranze di Europa League dell’Udinese, giunta alla sesta vittoria consecutiva e al quinto posto in classifica (scavalcata la Roma).
Finisce 0-0 lo scontro salvezza tra Torino e Genoa, un pari maturato dopo una partita brutta (terminata tra i fischi dell’Olimpico) ma che consente ad entrambe le squadre di fare un passo grande così verso la permanenza in Serie A. Il Torino, che deve rinunciare a Santana per problemi muscolari dell’ultima ora, è molto diverso da quello di “San Siro”, che aveva creato due o tre grattacapi niente male al Milan. Tanti passaggi in orizzontale, quasi per far scorrere il tempo e attutire l’ansia, mentre sugli altri campi le notizie si rincorrono e fanno sorridere. L’unico tiro in porta, smorzato da un difensore, è di Cerci, poi una leggerezza difensiva di Glik per poco non costa cara a Gillet. Nei primi 45’ merita una menzione anche un colpo di testa di Bianchi finito alto. Nella ripresa, forse scosso dalla contestazione dell’intervallo, il Toro fa salire il baricentro e prova a creare qualcosa sugli esterni. Soprattutto dalla parte di Cerci, che però al 57’ si fa male agli adduttori e saluta la compagnia con largo anticipo. Con l’uscita dal campo dell’ex romanista finiscono le speranze di intravedere qualcosa di decente. Gli ingressi di Birsa e Meggiorini (per Bianchi) non danno nulla e solo Barreto “rischia” di far gol al 94’. Il Genoa, da par suo, si limita a mantenere compassato il ritmo di una gara che, in fin dei conti, permette alle due squadre di mantenere un vantaggio rassicurante sul terzultimo posto del Palermo. E questa è l’unica cosa che conta: per lo spettacolo e gli applausi c’è sempre tempo. Al momento, di veramente tangibile, resta il coro “Buffoni, buffoni” intonato dai tifosi del Torino al fischio finale. Con o senza cori, il Torino, tranne che per clamorosi colpi di scena finali, resterà in Serie A e l’obiettivo stagionale verrà raggiunto.
La Sampdoria è salva, il Catania dice definitivamente addio all’Europa. Questo il verdetto della sfida di “Marassi” terminata 1-1. Sono i padroni di casa a passare in vantaggio grazie al colpo di testa vincente di De Silvestri (36’). Nella ripresa arriva il pari siciliano con Spolli (68’) che sfrutta la sponda di Bergessio e batte un più che incerto Da Costa. Nel finale il palo nega a Sansone il gol vittoria. Bel gesto del “Luigi Ferraris” intanto: l’incasso, infatti, è stato devoluto ai familiari delle vittime del porto di Genova.
Il Parma vince a Trieste lo spareggio per il decimo posto contro il Cagliari per 0-1. La rete decisiva è messa a segno all’80’ da Aleandro Rosi. Dopo un primo tempo avaro di emozioni, i crociati entrano in campo con maggiore convinzione e sfiorano il gol con Belfodil. Rosi sblocca la gara a dieci minuti dalla fine approfittando di una corta respinta di Agazzi. Il Cagliari viene sconfitto e staccato di tre punti in classifica proprio dal Parma.
Per effetto di questi risultati, Juventus in vetta con 86 punti, Napoli a 75, Milan a 68 e Fiorentina a 64. In coda, Torino a 37, Genoa a 36 e Palermo a 32. Cavani, con 27 reti, si trova a +7 su Di Natale e si avvia sempre più alla conquista del titolo di capocannoniere.
I TOP
Mario Balotelli (MILAN): Decimo e undicesimo gol con la maglia del Milan in undici partite, sedicesimo rigore trasformato su 16 della sua carriera. Svaria su tutto il fronte d’attacco e quando non segna fa segnare. È lui che astutamente si procura la punizione da cui nasce il raddoppio di Muntari. Nervoso, come al solito, ha un battibecco con Sculli. Gioca 90 minuti, non viene ammonito e anche Galliani gode. INCONTENIBILE.
Luis Fernando Muriel (UDINESE): Merita senza dubbio la copertina della risalita dell’Udinese. Anche a Palermo sfodera una prestazione di altissimo livello, condita dal bel gol dello 0-1. La sua imprevedibilità e la sua rapidità sono un’arma fondamentale per Guidolin. SCHEGGIA IMPAZZITA.
Gonzalo Rodriguez (FIORENTINA): Dopo alcune partite non all’altezza, sfodera una prestazione solida in difesa e ha il merito di siglare il gol che decide la partita. GONZALONE.
Samir Handanovic (INTER): Seconda uscita a vuoto dopo quella in occasione del terzo dei tre gol di Cavani, ma stavolta è ancor più grave. Finalmente lo troviamo in questa categoria, il portierone nerazzurro ha abituato tutti sin troppo bene. UMANO.
Uros Cosic (PESCARA): A distanza di tre giorni, lo ritroviamo qui. Il suo fallo da rigore su Nocerino è un errore che in Serie A non si può commettere. Spiana la strada ai rossoneri, non che ce ne fosse bisogno. Sicuramente un acquisto poco azzeccato dalla dirigenza pescarese. DILETTANTE.
Reginaldo (SIENA): Inesistente in fase offensiva, fa giocare i suoi con un uomo in meno. IMPALPABILE.