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Serie A 34^ GIORNATA: Cose da Pazzi a San Siro. Juve è a -1 dal brindisi – di Angelo Abbruzzese

Osvaldo (2)Manca poco, meno di un mese, al termine del campionato 2012-2013. E molte sono le cose ancora da decidere. Il quintultimo turno si apre con due anticipi alle ore 18 di sabato 27 aprile. Atalanta-Bologna si gioca all’Atleti Azzurri d’Italia, in uno scontro tra due squadre ormai tranquille. L’altra gara del pomeriggio, invece, si disputa al “Nereo Rocco” di Trieste, campo neutro dove il Cagliari ospita (per così dire) l’Udinese di Guidolin, reduce da tre vittorie di fila.

Sotto una fastidiosa pioggia, la partita di Bergamo finisce, come ampiamente pronosticato alla vigilia, in parità. Dopo un primo tempo senza particolari emozioni (se non per un tiro da fuori di Diamanti e un tentativo di autogol di Sorensen), a metà ripresa i padroni di casa sbloccano il match con il tocco al volo di Giorgi, ponendo fine ad un assedio iniziato sin dal 1’ della seconda frazione di gioco. Gli ospiti, però, poco dopo trovano il gol del pareggio firmato Alberto Gilardino (13 in campionato), che vince un rimpallo con Lucchini e batte Consigli da due passi. Un punto per parte e tutti contenti: l’Atalanta sale a 39 punti, mentre il Bologna a quota 40; la salvezza matematica è lì, ad un passo per entrambe.

L’Udinese continua la sua marcia verso l’Europa ed ottiene una preziosissima vittoria sul neutro di Trieste contro il Cagliari di Pulga e Lopez. A Trieste la squadra di Guidolin mostra subito di voler fare il gioco, ma nel primo tempo non va oltre una traversa da due passi di Pereyra in avvio. È lo stesso argentino, però, a sbloccare il risultato all’11’ del secondo tempo con un destro piazzato nell’angolino più lontano. I sardi provano a giungere al pareggio, ma Brkic non corre particolari rischi. Nel recupero c’è anche il tempo per l’ingenua espulsione di Pinilla, reo di esser intervenuto in maniera troppo irruenta su Pinzi. Il Cagliari perde la seconda gara in sei giorni, mentre l’Udinese vince la sua quarta partita consecutiva e continua a sognare l’Europa League.

Alle 20.45 il Napoli di Mazzarri è impegnato all’Adriatico di Pescara per cercare di ottenere la prima delle tre vittorie che servono per la certezza matematica del secondo posto. Dopo un inizio abbastanza promettente da parte dei padroni di casa, si palesa la differenza tecnica presente in campo. Al 15’ Insigne realizza il gol del vantaggio, ma la gioia dura poco, giusto il tempo per scusarsi con i suoi vecchi tifosi e per vedersi annullare la rete per un’evidente posizione di fuorigioco segnalata con ritardo. E se la pratica rimane ancora aperta, il merito va attribuito soprattutto a Pelizzoli, autore di due parate prodigiose su Hamsik prima e sul colpo di testa dello stesso Insigne poi. La reazione degli abruzzesi non c’è, solo il giovane Di Francesco ci prova dalla distanza, ma per De Sanctis il lavoro si limita all’ordinaria amministrazione. La svolta arriva al rientro dagli spogliatoi. Il Napoli alza sin da subito il ritmo e impiega pochi secondi per trovare il vantaggio che smonta le velleità dei padroni di casa. Lo trova lo svizzero Inler, già autore di una doppietta all’andata. Il sinistro dal limite dello svizzero trova la deviazione di Capuano che inganna il portiere. Sgombra dai pensieri più cupi, la banda Mazzarri gioca con più tranquillità. Registra la conclusione di testa di Sculli e colpisce con una ripartenza fulminea orchestrata da Maggio e finalizzata da Pandev, bravo a proteggere palla su Cosic e infilare il raddoppio. L’ultima mezz’ora diventa così poco più di una formalità con De Sanctis spettatore non pagante del match e Insigne vicino al gol dell’ex regolare in un paio di occasioni. La prodezza che chiude definitivamente i giochi, però, alla fine riesce a Blerim Dzemaili, centrocampista goleador della primavera napoletana, che all’81’ lascia partire un gran destro che si infila nel sette alla sinistra del subentrato Perin. La festa scudetto juventina è così rinviata, mentre il Milan (ora a -10) mal che vada resterà a sette punti di distanza con quattro giornate da giocare. La “missione Adriatico” è stata portata a casa, senza particolari affanni.

La Juventus, ormai sicura di non festeggiare lo scudetto all’Olimpico, affronta il Torino per cercare di avvicinarsi sempre di più al traguardo. Il pomeriggio piovoso non favorisce lo spettacolo, ma a far divertire ci pensano le due curve, con scenografie spettacolari. Capitan Bianchi (probabilmente al suo ultimo derby) prima della gara va ad abbracciare i responsabili di tutto quell’ambaradan, quasi per ringraziarli dello straordinario lavoro svolto. La partita inizia con il Toro che mette in campo tutta la grinta di questo mondo, per cercare di fronteggiare un avversario sicuramente più forte. Questo derby vale molto per entrambe le squadre, lo si avverte dall’agonismo dei 22 giocatori. Meggiorini gioca a uomo su Pirlo e frena ogni sua azione, così la prima vera palla gol della Juventus è un errore davanti a Gillet di Vucinic su verticalizzazione di Pogba (che a fine gara risulterà essere il migliore in campo). E sono ancora loro due i protagonisti dell’altra grande occasione del primo tempo bianconero, ma per la disperazione di Conte il montenegrino cicca da pochi metri e il francesino si vede stoppare la battuta a rete dal salvataggio sulla linea di Glik. Niente più nella prima frazione, nemmeno dall’altra parte, con Buffon che si sporca i guantoni soltanto a due minuti dall’intervallo ma in totale sicurezza sul destro di Santana. Nella ripresa il ritmo del Torino cala, ma la Juventus non affonda. I bianconeri non attaccano ogni pallone con il coltello tra i denti, sazi dei punti in classifica e di un pareggio che tutto sommato non cambia le sorti di una stagione. Nel finale di gara c’è un episodio che fa infuriare tutta la panchina del Torino: cross dalla destra di Cerci, Jonathas viene trattenuto in area da Bonucci ma Bergonzi non fischia nulla. Il rigore pareva esserci, anche se il brasiliano era partito in netta posizione di fuorigioco non ravvisata dal guardalinee. Doppio errore che fa comunque imbestialire i padroni di casa e fa saltare i piani di Ventura. Due minuti dopo l’episodio, Pogba si divora un gol da pochi passi, ma è il solito Vidal a trovare l’angolino giusto a quattro giri d’orologio dal termine con una conclusione precisa da fuori area. L’abbraccio con Conte ha il dolcissimo sapore dello scudetto. La festa juventina esplode sugli spalti assieme alla rabbia granata, che trova il culmine nell’espulsione al 90’ di Glik, che può vantare il personalissimo record di due espulsioni in due derby giocati. Due minuti dopo Marchisio (terzo gol al Toro quest’anno, questo sì che è un record di cui andar fieri) chiude i conti e manda gli acerrimi avversari all’inferno. Un 2-0 che vuol dire un punto dallo scudetto, quello stesso che – a voler fare i dietrologi a tutti i costi – i bianconeri potrebbero anche regalare al Palermo per mettere paura al Torino in chiave salvezza. I granata perdono l’ennesimo derby, non ne vincono uno da 18 anni. Ora, però, iniziano a rischiare sul serio.

Applausi per Montella al Ferraris prima e dopo la partita. La sconfitta dei blucerchiati, infatti, porta la firma dell’Aeroplanino, che a Genova incassa l’omaggio degli ex tifosi e mette in campo una squadra rapida a mettere palla a terra e ad attaccare la profondità. Per la rincorsa alla Champions la Fiorentina c’è. Messaggio forte e chiaro per il Milan. Con la Samp prova di forza per gli uomini di Montella, che partono lenti, ma poi alzano il baricentro con il passare dei minuti, schiacciando i blucerchiati. Con Jovetic in campo, la Fiorentina gioca a memoria e quando attacca fa paura. Perfetto l’equilibrio del 4-3-3 viola, con Pizarro in cabina di regia e la coppia Aquilani-Valero con “licenza di uccidere”. Sotto i colpi del tridente avversario, la difesa a quattro schierata da Delio Rossi barcolla. E dopo mezz’ora di gioco passa la Fiorentina. Al 36’ ci pensa il solito Cuadrado a sbloccare il match, con un missile dai 30 metri che si insacca nell’angolino. Cinque minuti dopo tocca a Ljajic, che sigla il raddoppio davanti a Delio Rossi e si prende una piccola rivincita dopo la rissa in panchina del 2012. In campo c’è una squadra sola. La Samp, inerme, assiste allo spettacolo viola. Maxi Lopez e Sansone non pervenuti, Obiang e Poli spenti. Lo spettro della retrocessione è lontano e i blucerchiati giocano senza cattiveria. È senza dubbio una questione mentale, ma anche tecnica. Nemmeno gli ingressi di Eder e Icardi danno una scossa alla squadra e così Delio Rossi in panchina si rassegna alla sconfitta. Aquilani firma il terzo gol dopo una splendida serpentina in area dello scatenato Ljajic e chiude il tris da Champions. Fiorentina troppo forte per la Samp, che non vince in campionato dallo scorso 3 marzo e a quota 38 non ha più nulla da dire questa stagione. Il risultato è lo specchio del divario tra le due squadre: al Ferraris passerella viola vista Champions.

Quello del 28 aprile può davvero considerarsi il pomeriggio più drammatico della stagione dell’Inter. E non per l’ennesima sconfitta, ma perché persino l’indistruttibile Zanetti ha dovuto alzare bandiera bianca per il tendine d’Achille sinistro che ha fatto crac. La partita, pessima come troppo spesso è accaduto quest’anno, alla fine è addirittura passata in secondo piano. Demeriti dei nerazzurri non ce ne sono, alla fine forse Stramaccioni ha le sue ragioni nel ripetere strenuamente che questi infortuni iniziano ad essere troppi. I meriti del Palermo, invece, ci sono e sono evidenti. La partita si dimostra apprezzabile soprattutto per la voglia messa in campo dagli 11 di Sannino, che si stanno giocando la salvezza e stanno onorando al meglio la categoria. Zanetti abbandona il campo di gioco al 16’, quando la sua Inter è già sotto per 1-0. La rete porta la firma di Ilicic (10 in campionato per lui) ed ha un’importanza unica. La collaborazione, gentile ma non richiesta, è di Silvestre, che continua a collezionare disastri in una stagione incredibilmente travagliata. Miccoli, dopo aver servito l’assist al suo compagno di squadra, spaventa Handanovic in altre due occasioni (una allo scadere del primo tempo su calcio piazzato), ma il portiere sloveno risponde come al solito presente. I nerazzurri, invece, probabilmente scossi dall’uscita del loro capitano (al suo posto dentro Schelotto), non riescono a costruire un’azione pericolosa che sia una. Merito anche di un avversario che gioca con la bava alla bocca. Dopo un’altra conclusione tagliata di Miccoli, ci sono tre tentativi dell’Inter con Alvarez e con Rocchi, che prima in girata e poi di testa cerca di sorprendere Sorrentino. Ma senza fortuna. Pronti via e subito a inizio ripresa Jonathan lascia partire un tiro velenoso, ma Sorrentino non si fa sorprendere. Pronta la risposta del Palermo con Ilicic, con Juan Jesus che ribatte. Orsato espelle il preparatore dei portieri Nista per proteste su una mancata segnalazione di fuorigioco. Lo seguiranno il tecnico del Palermo Sannino e il ds Perinetti. L’Inter aumenta il ritmo ma sono i rosanero a costruire un altro paio di occasioni prima con Ilicic (Silvestre smorza la conclusione) ma soprattutto con Miccoli: Handanovic compie l’ennesimo miracolo di questa stagione togliendo letteralmente il pallone dalla porta e sventando una spettacolare conclusione del capitano del Palermo. Stramaccioni chiama Garritano, fuori Silvestre e difesa a quattro. Tra i siciliani esce uno stanchissimo Ilicic per Hernandez. Ultimi venti minuti con squadre allungate e con l’Inter che preme alla ricerca del pari: Alvarez manda alto di pochissimo e poi si divora un’ottima occasione calciando di destro sopra la traversa da ottima posizione. Ci prova anche Ranocchia sfruttando la sua altezza: il colpo di testa è fuori bersaglio. Prima della fine il Palermo ha la palla del 2-0 ma Hernandez manda di un soffio a lato. Il Barbera festeggia, l’Inter ancora una volta esce dal campo a testa bassa e, probabilmente, stavolta dice davvero addio all’Europa.

La Roma travolge il Siena per 4-0 e vola al quinto posto in classifica. Sorprende il modo, meno il risultato. La squadra di Andreazzoli, che per i suoi sbalzi mentali fa presto a passare da carnefice a vittima, gioca con grande intensità fin dai primi minuti. Da subito si intuisce il feeling fra i tre d’attacco, con Totti che in realtà svaria e non dà punti di riferimento a una difesa troppo sguarnita per reggere l’urto. Il capitano fa l’elastico per 30 metri di campo abbondanti e duetta alla perfezione con Lamela, che parla la sua stessa lingua calcistica. Ed è su azione di ripartenza guidata dallo stesso Totti, che il Coco confeziona un delizioso assist per il tocco sotto di Osvaldo: l’1-0 romanista, però, è parzialmente oscurato dalla brutta esultanza dell’italo-argentino, che zittisce il pubblico e il mondo intero per le critiche piovutegli addosso nell’ultimo periodo. Passano appena 2’ e Lamela, su suggerimento del solito, immenso Totti, piazza un bellissimo sinistro al volo dal limite dell’area: 2-0 e partita già scritta. Il copione ospita comunque tanti spunti interessanti, scambi veloci e stretti e una buona dose d’inserimenti sull’out mancino, quello di Balzaretti. Emeghara prova a stuzzicare Lobont (in campo per l’indisponibilità di Stekelenburg) da fuori ma il Siena si spegne subito e – dopo l’infortunio di De Rossi (al suo posto entra Pjanic) – la Roma fa tris con l’Osvaldo furioso, bravo a raccogliere, sempre di prima intenzione, l’assist di Florenzi dalla riga di fondo. L’assolo romanista prosegue per tutto il secondo tempo, con una piccola parentesi targata Emeghara – l’unico a non desistere nello sconforto generale – che sbaglia un gol sotto porta e poi impegna seriamente Lobont. L’attaccante nigeriano si crea le occasioni da solo, mentre la Roma, con molta meno foga rispetto al primo tempo, prova a sfruttare le falle che si aprono nella metà campo ospite. Florenzi macina chilometri e il gol arriva puntuale al 67’, quando Totti calcia col destro impegnando Pegolo, con Osvaldo che è un falco a raccogliere il tap-in vincente da due passi. Il Pupone, pur restando a secco e lasciando spazio a Nico Lopez poco dopo, contribuisce al record dei giallorossi che in casa segnano ormai da 37 giornate consecutive. Il Siena, invece, che proprio in trasferta avevano costruito una classifica dignitosa, si ritrovano dietro a Genoa e Palermo nella delicatissima lotta per non retrocedere. Ma con questa Roma – e con “questa” si pensa soprattutto a quella vista contro i toscani – era impossibile fare miracoli.

Continua il momento no per Parma e Lazio, che pareggiano per 0-0 in una partita dal poco spettacolo e caratterizzata dalla grande mole di gioco a centrocampo. Hernanes e Klose, nelle fila laziali, sono evanescenti e non riescono mai ad accendere la luce. Eppure le premesse erano buone: dopo soli 2’ Amauri va vicino alla rete con un colpo di testa su assist di Biabiany ma Marchetti si supera; oltre al tiro finito di poco alto sopra la traversa di Klose, questa resterà l’unica occasione di un brutto primo tempo. In avvio di secondo tempo altra palla gol per Amauri, ma il suo destro finisce a lato della porta biancoceleste. Nella ripresa la Lazio si sveglia e negli ultimi 15’ sfiora il vantaggio con Kozak e Floccari ma la mira dei due attaccanti non è perfetta. Nel finale Calvarese annulla giustamente una rete a Paletta e una a Kozak per fuorigioco ed espelle Biava per doppia ammonizione. La Lazio ora è ottava in classifica e per raggiungere l’Europa ha bisogno di un vero e proprio miracolo sportivo.

Importantissima vittoria del Genoa sul campo dell’ormai salvo Chievo. I rossoblù possono ancora continuare a sperare nella salvezza grazie al gol di Borriello che ha steso gli uomini di Corini. Primo successo lontano da Genova dell’era Ballardini, successo che al Grifone mancava dal 25 novembre scorso. Partita brutta per lunghi tratti al Bentegodi, soprattutto nel primo tempo. Poi nella ripresa ritmi più alti e l’incornata di Borriello al 73’ sul calcio d’angolo di Marco Rigoni. Genoa terzultimo con il Palermo.

Il posticipo della 34^ di A è Milan-Catania. Milan alla ricerca di punti per il terzo posto, Catania ormai salvo e praticamente fuori dai giochi per l’Europa League. I padroni di casa cercano subito di mettere sul binario giusto, ma sono gli ospiti a passare alla prima occasione: al 30’, punizione di Lodi che imbecca perfettamente Legrottaglie, abile ad anticipare tutti e a mandare nell’angolo di testa. Il Milan, a questo punto, decide di rompere gli argini e sfonda un po’ ovunque. Tra il 32’ e il 42’ si contano almeno cinque palle-gol per i rossoneri, che poi trovano l’1-1 grazie a un inserimento del solito Flamini (45’). Il Diavolo spinge forte anche a inizio ripresa, ma la beffa è nuovamente dietro l’angolo e ha le sembianze di Bergessio. Minuto 65: Izco innesca un magistrale contropiede, Barrientos lo lavora e il 9 argentino lo finalizza con un pallonetto ad Amelia (in uscita). Lo spettro Europa League, a questo punto, comincia a serpeggiare tra i seggiolini di San Siro, compresi quelli della panchina rossonera. Allegri, però, replica con la mossa che rompe la partita. Dentro Pazzini, fuori uno spento Nocerino e 3-2 in tre minuti: l’ex interista ribadisce in rete prima un destro di Balotelli respinto da Frison (74’), poi un sinistro di El Shaarawy (77’), neutralizzato inizialmente ancora dal portiere rossazzurro. C’è spazio anche per l’ottavo gol stagionale di Balotelli (rigore al 92’ dopo un fallo subito da Izco), mentre il Catania – con tre punti nelle ultime cinque partite – dice definitivamente addio ad ogni velleità europea.

Alla luce di questi risultati, Juventus saldamente in vetta con 80 punti, seguono Napoli a 69, Milan a 62 e Fiorentina a 61. Cavani, con 23 reti, resta il capocannoniere indiscusso del nostro campionato.

I TOP

Pablo Daniel Osvaldo (ROMA): Attaccante a tutto tondo. Con più continuità e meno “colpi di testa” (non in senso letterale) avrebbe inciso maggiormente in questa stagione. Dopo il primo gol si sfoga con i tifosi, che dopo il 4-0 lo perdonano parzialmente, perché gioca una gran partita e sfiora anche la quarta segnatura. Inoltre, ha il merito di siglare il gol numero 4000 della storia della Roma e di riprendersi l’Olimpico. Era ora. GIGANTE.

Giampaolo Pazzini (MILAN): È il secondo miglior marcatore della squadra con 15 gol in campionato. Entra e decide la sfida con una doppietta da bomber di razza. Non sono gol belli e nemmeno troppo difficili. Lui, però, c’è sempre e ci arriva prima degli altri. È questo ciò che conta. IL PAZZO SUONA SEMPRE DUE VOLTE.

Adem Ljajic (FIORENTINA): Gol e assist, ma non solo. Stavolta è lui a rifilare un cazzotto a Delio Rossi. Uno, sì, ma mortale. Si prende una piccola vendetta davanti al suo ex allenatore: una grandissima prestazione da giocatore finalmente completo e maturo. CRISTALLINO.

I FLOP

Matias Silvestre (INTER): Stramaccioni gli dà fiducia preferendolo a Chivu. Lo ripaga con un erroraccio in occasione del gol di Ilicic: rinvio sbagliato, gol preso. STRAGE.

Mauricio Pinilla (CAGLIARI): Pecca clamorosamente di egoismo e, come se non bastasse, ha la geniale idea di farsi espellere per beccarsi tre giornate di squalifica. SPROVVEDUTO.

Miroslav Klose (LAZIO): Petkovic gli affida l’attacco ma il buon Miro non ne azzecca una: non si intende sui movimenti con i compagni e non fa salire la squadra. Forse paga la scarsa condizione fisica. Appena esce dal campo la squadra si rivitalizza. E un tempo tutto questo non accadeva. KAPUT.

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