Agevolazioni “prima casa”: prevale sempre il dato anagrafico – Cassazione Civile sentenza 8415/2013
Confermata la stretta connessione fra il vantaggio economico per il contribuente e le risultanze “pubbliche”: la residenza nel nuovo comune va trasferita entro 18 mesi
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I benefici fiscali per l’acquisto della prima casa spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base ai dati anagrafici, di risiedere o lavorare nel comune dove ha acquistato l’immobile, senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile.
Questo il principio di diritto ribadito dalla sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza n. 8415, depositata in data 5 aprile.
I fatti in causa
La controversia prende le mosse da un avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione delle sanzioni, con cui l’ufficio revocava al contribuente le agevolazioni “prima casa”, per mancato trasferimento della residenza entro il termine di 18 mesi dalla dichiarazione resa in atto, nel comune ove è sito l’immobile.
A seguito del ricorso del contribuente e di un primo grado di giudizio a esso favorevole, la vertenza giungeva alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, che confermava le istanze della parte privata, ritenendo sussistente un caso di forza maggiore, poiché non erano stati completati i lavori di ristrutturazione che avevano interessato l’immobile comprato.
Ricorreva per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidando il ricorso a due motivi di diritto: il primo, teso a contestare la ritenuta rilevanza del mancato completamento dei lavori nei termini previsti, come causa ostativa della decadenza dalle agevolazioni fiscali; il secondo, volto a opporre il difetto di motivazione della pronuncia dei giudici della Ctr.
La decisione della Cassazione
La Corte suprema rileva come i giudici emiliani avessero probabilmente confuso la circostanza del mancato utilizzo dell’immobile acquistato come abitazione principale – rispetto alla quale potrebbe astrattamente operare un impedimento derivante da forza maggiore – con la situazione riguardante il mancato trasferimento della residenza nel comune ove è situato l’immobile, dichiarato dall’acquirente “prima casa” e per il quale ha fruito delle relative agevolazioni. In quest’ultimo caso, infatti, “nessuna forza ostativa può riconoscersi al dedotto mancato completamento dei lavori in questione”.
Infatti, l’orientamento costante del Collegio è quello secondo cui spetta il beneficio fiscale per l’acquisto della prima casa solo a colui che sia in grado di dimostrare, “secondo i dati anagrafici, di risiedere o lavorare nel comune ove ha acquistato l’immobile”, senza che eventuali situazioni di fatto, contrastanti con gli atti dello stato civile, possano rilevare in concreto.
Da qui, l’accoglimento del primo motivo di ricorso, l’assorbimento del secondo e la decisione nel merito della controversia a favore della non spettanza delle agevolazioni fiscali.
Osservazioni conclusive
Ai sensi della lettera a), comma II bis, nota all’articolo 1, parte prima della tariffa, allegata al Dpr 131/1986, perché l’acquirente possa fruire dell’agevolazione in parola, è indispensabile, fra l’altro, “che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza”.
Tale requisito di legge si aggiunge agli altri due, previsti dalla normativa di riferimento, ossia, in sintesi, che chi compra non deve aver dichiarato già “prima casa” sul territorio nazionale, né deve possedere – a titolo di proprietà o di altro diritto reale – altro immobile nel territorio del comune ove si trovi il bene immobile.
Dall’analisi della pronuncia in commento, è possibile inferire il generale principio – ormai consolidato (cfr anche Cassazione 1530/2012, 1173/2008 e 10151/2002) – secondo cui il dato anagrafico prevale su quello fattuale, ove quest’ultimo sia eventualmente difforme dal primo.
Quindi, il contribuente non può invocare una “causa di forza maggiore”, quale il mancato completamento dei lavori di ristrutturazione, per esimersi dal rispettare la dichiarazione espressa al rogito: infatti, tale evenienza non limita il potere da parte dell’acquirente di trasferire la propria residenza nel comune dove è ubicato l’immobile acquisito godendo dei benefici prima casa.
Questo principio è dettato in chiara funzione antielusiva e retto dalla stretta interpretazione letterale che informa le fattispecie agevolative: ciò per la considerazione che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato certo, che asseveri la situazione di fatto enunciata in atto.
Ove si prescindesse da questo dato oggettivo, avrebbero ingresso nel nostro sistema ipotesi incerte di spettanza dell’agevolazione, dietro alle quali si aprirebbe, inevitabilmente, la “falla” della disparità di trattamento, deprecabile in un sistema fiscale e in uno stato di diritto realmente moderni.
Martino Verrengia – nuovofiscooggi.it