Croazia al voto europeo tra sfiducia e pessimismo
Sono iniziate le operazioni di voto per l’elezione in Croazia dei dodici deputati che entreranno al Parlamento europeo dal primo luglio prossimo, data dell’ingresso del Paese ex jugoslavo nell’Ue.
I 3,7 milioni di aventi diritto al voto (su 4,2 milioni di abitanti) possono scegliere tra 28 liste elettorali. Si vota con il sistema proporzionale in un’unica circoscrizione, con lo sbarramento al 5 per cento e il voto di preferenza. I seggi elettorali chiuderanno alle 19, e i primi risultati si conosceranno verso le 21. In questa occasione – come hanno rilevato diversi analisti – si va al voto in un clima molto diverso dalle precedenti ondate di allargamento, pervasa da pessimismo e timori dettati dalla pesante crisi economica.
Le previsioni della vigilia indicano un netto vantaggio del Partito socialdemocratico (Sdp) del primo ministro Zoran Milanovic, che potrebbe ottenere tra il 29 e il 35 per cento delle preferenze e aggiudicarsi cinque o sei europarlamentari, chi si uniranno al gruppo del Partito del Socialismo Europeo (Pse).
L’Unione democratica croata (Hdz, conservatori), che confluisce nel Ppe, e’ accreditata intorno al 25 per cento, risultato che le varrebbe 4 o 5 seggi. Un forza politica nuova,
i Laburisti croati – partito del lavoro (Hl, sinistra populista) e’ data all’ 8-10 per cento. I dodici europarlamentari croati avranno un mandato limitato a un anno, dato che nel 2014 si rivotera’ per il rinnovo dell’intera Assemblea di Strasburgo.
Tutti i leader politici hanno definito “storiche” queste elezioni, ricordando che l’ingresso in Europa era dal momento della proclamazione dell’indipendenza dalla Jugoslavia socialista nel 1991 il prinicipale obiettivo strategico nazionale. Gli sforzi concreti per unirsi all’Ue ebbero inizio nel 2000, dopo la vittoria elettorale delle forze europeiste e democratiche e la fine del regime autoritario del presidente Franjo Tudjman.
I negoziati, iniziati nel 2005, sono stati condotti in base a criteri e condizioni molto piu’ severi rispetto a qualsiasi altro Paese, anche per l’esperienza in parte negativa che Bruxelles ha avuto con Romania e Bulgaria. In questi otto anni la Croazia si e’ drasticamente trasformata, attuando difficili riforme in tutti i settori della societa’ e
delle istituzioni, in particolare nel rispetto dei diritti umani, del funzionamento del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione.
Oggi e’ di fatto gia’ integrata nel sistema economico comunitario, ha un mercato aperto, regolato e funzionante, e la valuta nazionale, la kuna, saldamente legata
all’euro. Il Paese sara’ comunque uno tra i piu’ poveri Ue, con un Pil pro capite pari al 60% della media.
Al referendum sull’adesione, nel gennaio del 2012, il 66,3% si espresse a favore, ma l’affluenza fu deludente (43,5% degli aventi diritto) e stando alle previsioni, anche le europee potrebbero essere caratterizzate da un sentimento di indifferenza, con un’affluenza anche minore. E non perche’ gli eurodeputati croati avranno un mandato molto limitato (solo un anno visto che nel 2014 si votera’ per il rinnovo dell’intero
europarlamento) ma per la situazione economica, in recessione per il quinto anno consecutivo.
Gli annunci che a Bruxelles sono pronti fondi strutturali per 600 milioni di euro da destinare alla Croazia nei primi sei mesi,e altri 13 miliardi fino al 2020, non sembrano capaci di bilanciare i timori per l’economia dell’eurozona.