Priebke, per la Cassazione non è reato chiamarlo boia – Cassazione Civile, Sentenza 8566/2013
L’ex SS era ricorso in appello contro alcuni articoli apparsi sui giornali italiani, ritenendo diffamatoria l’espressione: la Cassazione ha confermato le sentenze della Corte.
La terza sezione civile della Cassazione ha negato in via definitiva che l’appellativo di ‘boia’ per Erich Priebke costituisca diffamazione. L’avvocato difensore dell’ex SS, condannato all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, Paolo Giachini, aveva presentato ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva respinto la richiesta di risarcimento danni -pari a 250 milioni di vecchie lire- avanzata da Priebke stesso in merito ad alcuni articoli pubblicati su “Repubblica”.
La richiesta di risarcimento da parte di Priebke, che aveva giudicato diffamatori gli articoli in questione, era stata respinta sia in primo che in secondo appello dalla Corte, che si era richiamata “alla definizione tecnico-linguistica del termine ‘boia’, cioè colui che ha l’ufficio di eseguire le sentenze di morte”, sottolineando come tale definizione corrispondesse pienamente alle mansioni svolte da Priebke stesso durante il conflitto bellico. La Cassazione ha continuato nel solco tracciato dalla Corte, “escludendo ogni intento diffamatorio nell’espressione attraverso il richiamo alla semplice quanto efficace valenza lessicale del termine”.
Allegato Pdf:
Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza n. 8566 del 09/04/2013