E’ violenza sessuale se la vittima dice di sì e poi ci ripensa, Cassazione Penale Sentenza Terza Sezione
«Integra il reato di violenza sessuale la condotta di chi prosegua un rapporto sessuale quando il consenso della vittima, originariamente prestato, venga poi meno a causa di un ripensamento o della non condivisione della modalità di consumazione del rapporto».
La Cassazione torna, condannando in via definitiva un ventenne piemontese, su un argomento affrontato con esiti diversi. «Il consenso della vittima agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità».
La pronuncia della Cassazione si riferisce al caso di un ventitreenne della provincia di Novara, condannato a 3 anni e sei mesi per stalking, per aver perseguitato, minacciato e molestato la sua ex fidanzatina (all’epoca minorenne), e violenza sessuale perché con violenza, minaccia e imbavagliandola, l’ha costretta a rapporti sessuali «estremamente violenti».
Il ragazzo aveva tra l’altro imposto la ragazzina a pratiche sadiche, sotto la minaccia di diffondere foto che la ritraevano mentre compiva atti sessuali. Il giovane era quindi stato condannato dal Tribunale di Novara e poi dalla Corte d’Appello di Torino. Nel ricorso in Cassazione la difesa ha sostenuto che «trattandosi di un rapporto sadomaso, non si potrebbe ritenere che in ogni momento l’imputato avesse l’obbligo di verificare la persistenza del consenso».
La Terza sezione penale, che ha bocciato i motivi di ricorso, concordando con i giudici di merito, ha sottolineato che la ragazza «pur avendo prestato il proprio consenso ad alcuni rapporti, ha manifestato un esplicito dissenso alla successive pratiche estreme poste in essere dall’imputato. Di conseguenza la responsabilità dell’imputato è stata correttamente ritenuta sussistente».
Nel 2006, esaminando il caso di un giovane di Latina, la Cassazione aveva stabilito che non è sempre configurabile come reato di violenza sessuale un rapporto iniziato con l’assenso di entrambi i partner, ma non interrotto su richiesta di uno degli amanti: i giudici avevano quindi annullato, rinviando a nuovo giudizio, la condanna a quattro anni di reclusione per un ventenne di Latina giudicato colpevole di violenza aggravata e continuata nei confronti di una minorenne.