Serie A 28^ GIORNATA: Stramazzata…
In vista del ritorno di martedì di Barcellona, il Milan anticipa ancora una volta a venerdì il suo impegno in campionato. Stavolta l’avversario, ostico, è il Genoa di Ballardini, che vuol fermare i rossoneri nella splendida cornice di “Marassi”. Ostico sì, ma pur sempre privo di suoi due perni, Matuzalem e Kucka. Nonostante le assenza, i rossoblù si dimostrano squadra rognosa, con Toszer e Bovo, schierati a centrocampo, che riescono ad arginare bene il Milan nei primi 20’.
La prima sfuriata è di Niang, che dai venti metri scarica un bolide parato da Frey. Passano un paio di minuti e Pazzini, menomato poco prima alla caviglia da un brusco intervento di Portanova, capitalizza al meglio un’iniziativa di De Sciglio: destro potentissimo e palla nel sacco dopo un tocco della traversa. Ecco, l’evoluzione di questo ragazzo si nota qui. Dal fatto di giocare su una gamba sola, di esibire una sicurezza sfrontata nonostante il dolore. Che però lo costringe al cambio, con SuperMario al suo posto. Il Milan resta a galla con un centrocampo che fatica a filtrare e sbaglia numerosi passaggi (soprattutto Muntari). Il Genoa si lamenta e ne ha ben donde quando Niang colpisce volontariamente di mano in piena area, o ancora quando lo stesso numero 19 rossonero spinge in modo solare Granqvist vicino all’area piccola. Ma Damato cede alla tentazione di un arbitraggio all’inglese e si perde un rosso clamoroso a Bertolacci per un’entrataccia su Muntari. Il primo tempo si chiude in modo scorbutico. Tante, tantissime botte e pochi botti, soprattutto in zona gol. Nel secondo lo spettacolo migliora e il Genoa prova ad aggredire sin da subito. Bovo, con un palo su punizione da lontano, accende la miccia ma Abbiati non tira i remi in barca e resiste. Balotelli comincia a scaldare i motori, ma prima della sua consacrazione, Flamini ha un paio di occasioni buone per mandare i titoli di coda: prima simula platealmente di fronte a Frey, poi lo impegna con una rasoiata che il portiere devia in angolo. Dal corner, ecco la quinta perla stagionale di SuperMario: Zapata si traveste da uomo-assist e Balo fredda Frey da due passi. Anche in una serata partita discretamente male (per un problemino fisico e per l’ammonizione dopo trenta secondi dal suo ingresso in campo), l’ex City evoca la sua fama da infallibile predatore. Peccato non averlo a Barcellona (dove mancherà, per giunta, anche il Pazzo). Il Milan non ha troppo tempo per pensare alla Champions, perché un raptus di Constant dopo un fallaccio – l’ennesimo – di Bovo a metà campo, lo stende. L’esterno guineano si becca il secondo giallo – costringendo la squadra a restare in 10 – e continua imperterrito nelle “minacce” all’avversario prima di raggiungere il tunnel. Nel giro di pochi minuti lo scenario cambia di nuovo e Abbiati diventa attore protagonista: prima con una gran parata su Granqvist, poi con il tuffo che spedisce in angolo la botta di Jorquera. Il Genoa ci prova a testa bassa ma il Milan non risparmia una postilla di energia e porta a casa un successo fondamentale. Il terzo posto pare consolidato, in attesa di Lazio e Inter: ora è il Napoli ad essere nel mirino.
Il secondo anticipo della 28a giornata si gioca di sabato sera al “Friuli” di Udine, dove arriva la Roma di Andreazzoli. Manca ancora Marquinhos (rientra Castan) nelle file giallorosse, Totti gioca da punta centrale con Osvaldo inizialmente in panchina. A parte il pericolo iniziale (gran destro di capitan Di Natale ben respinto da Stekelenburg), la Roma offre un ottimo primo tempo fatto di sostanza ed equilibrio. Florenzi, schierato con Lamela alle spalle di Totti, è la mossa che – almeno all’inizio – scombussola i piani di Guidolin. Prima, al 20’, il Nazionale Under 21 si divora un clamorosa palla-gol a due passi da Brkic. Poi, una manciata di secondi più tardi, è bravo a inserirsi su un cross da destra di Totti: il portiere friulano respinge sulla traversa ma arriva Lamela che appoggia in rete. Avanti di un gol, nel primo tempo la squadra di Andreazzoli non concede nulla agli avversari, che faticano ad innescare Di Natale. Muriel e Maicosuel, trequartisti alle spalle del loro capitano, sono propositivi e vivaci ma perdono puntualmente palla grazie al sistematico raddoppio del binomio Perrotta-De Rossi. La sinfonia cambia però a inizio ripresa, quando la Roma cala fisicamente e abbassa – di conseguenza – il proprio baricentro. Un paio di innocue conclusioni sono il preludio al pareggio: Muriel viene lanciato a sinistra, Burdisso entra a vuoto in scivolata sulla finta di tiro e Stekelenburg viene beffato sotto le gambe dal destro del colombiano. L’1-1, meritato, rischia di rompersi al 90’, quando l’Udinese è in 10 uomini da 17 minuti a causa dell’espulsione di Hertaux per un pericoloso fallo su Florenzi: Osvaldo, solo davanti a Brkic, spedisce incredibilmente a lato un’occasione colossale. Per l’italo-argentino, partito per la prima volta in panchina da quando c’è Andreazzoli, arriva l’ennesima bocciatura.
Nell’anticipo delle 12.30, preziosissima vittoria dell’Atalanta contro il Pescara, nel bollente scontro salvezza dell’Atleti Azzurri d’Italia. Dopo 24 minuti di vuoto più totale, sono gli ospiti del neo allenatore Bucchi a passare in vantaggio, con un sinistro a giro chirurgico di Gaetano D’Agostino (2° gol in campionato). La risposta atalantina è affidata, tanto per cambiare, al Tanque Denis, che pareggia, su calcio di rigore, al minuto numero 34. Non contento, l’argentino bissa al 66’, quando raccoglie alla perfezione una bella apertura di Biondini e batte da pochi metri Pelizzoli. Prima vittoria interna del 2013 per i bergamaschi, Pescara, invece, sempre più giù.
Alle ore 15, impegnate le prime due della classe. La Juventus in casa contro il Catania, mentre il Napoli fa visita al Chievo di Corini. Partiamo, però, da chi sta più in alto. I bianconeri ospitano gli etnei, schierando praticamente la formazione tipo, eccezion fatta per Vidal (squalificato e rimpiazzato da Pogba). Messo peggio, invece, il Catania, che deve rinunciare a Legrottaglie (squalificato) e Bergessio (infortunato). Barrientos recupera ma solo per la panchina. Il tema della partita è quello di ogni partita della Juventus, con i torinesi a fare la partita e gli avversari a cercare di arginarli. Pirlo appare spento, Marchisio non è brillante come al solito, Pogba non ha i tempi di inserimento di Vidal, i due esterni (Lichtsteiner e Asamoah) coprono sì, ma quando arriva il momento di farsi sentire in avanti o fanno banali errori di misura (il primo) o non accompagnano minimamente l’azione (il secondo). Giovinco, forse, continua a credere di giocare con dei bambini e questo gli dà la libertà di cercare la finezza in ogni minima azione, perdendo puntualmente il pallone. E così l’unico a provarci, anche se non con chissà quali maraviglie, è Mirko Vucinic, che al 15’ scalda i guantoni di Andujar con un bel destro da fuori e al 35’ colpisce il palo da pochi passi. Il 35’ è anche il minuto dell’espulsione di Maran, reo di una plateale protesta per la non concessione (a suo dire) di una punizione a centrocampo. In mezzo alle due palle gol di Vucinic ce n’è anche una per Claudio Marchisio, che, con un destro sporco, manca di poco il bersaglio grosso. In un primo tempo più nero che bianco, i tifosi della Juventus hanno comunque il modo di rallegrarsi per le notizie che arrivano dagli altri campi (come vedremo in seguito). Chi si aspettava una Juventus diversa, più aggressiva, più precisa nella ripresa rimane deluso. Pirlo perde quattro palloni consecutivi (un evento più unico che raro), Marchisio trova il modo di divorarsi la rete del vantaggio da due passi al 73’, ma sale in cattedra Monsieur Paul Pogba, che inizia a scaldare il motore con un destro dei suoi, per poi strappare applausi su applausi con un coast to coast meraviglioso e con una scivolata a centrocampo in stile Momo Sissoko. Conte cerca di scuotere i suoi con qualche cambio, entrano Giaccherini, Matri e Quagliarella per Asamoah, Giovinco e Vucinic. Al minuto numero 92 Giaccherini (che trova anche il tempo di farsi ammonire per una plateale simulazione) crossa in mezzo dalla sinistra, Pogba aggancia in maniera mostruosa, rimette in mezzo trovando la smanacciata di Andujar, sulla quale arriva rapidissimo ancora Emanuele Giaccherini, che trova il jolly a 120” dalla fine. In questi ultimi due minuti Quagliarella trova anche il modo di divorarsi la rete del raddoppio, sparando addosso ad Andujar un perfetto invito di Lichtsteiner. In virtù della contemporanea sconfitta del Napoli, questo può essere davvero il gol che vale uno scudetto. Giaccherini rappresenta forse più di tutti il gruppo Juve, il figliol prodigo di Conte (nato il 5 maggio: solo una coincidenza?), dopo una stagione in chiaroscuro, trova il modo di tornare protagonista e di far ricolmare di gioia il cuore di milioni di bianconeri.
Il Chievo, nel primo tempo, è incontrastato padrone del campo. Il Napoli è spaesato e sorpreso dalla vivacità e dalla velocità dell’avversario, messo bene in campo da mister Corini. Sono solo tre i lampi della squadra di Mazzarri in 45’: conclusione di Cavani tra le braccia di Puggioni su lancio di Behrami al 20’, missile da 20 metri di Insigne che termina fuori di poco e punizione al limite del Matador, su cui ancora il portiere dei veneti si oppone alla grande. Per la prima mezz’ora nessuna notizia del Napoli, che non entra in partita, surclassato a centrocampo e incerto in fase difensiva. Tanti, troppi errori in fase di appoggio: dopo 33’ si contano addirittura otto palle perse. I padroni di casa cominciano a mille: ordinati dietro, aggressivi in mezzo al campo e molto mobili in avanti. Il vantaggio gialloblù arriva al 12’ con Dramé, che batte De Sanctis con una fucilata da trenta metri. Non senza colpe in portiere azzurro, che replica l’errore in occasione del raddoppio dei veneti al 43’, quando Thereau salta Gamberini e poi lo buca con un rasoterra di destro. Da segnalare anche una traversa di Paloschi, ma l’arbitro Rocchi aveva fischiato un fallo dell’attaccante ex Milan su Zuniga. Cambio a inizio ripresa per il Napoli: dentro Dzemaili per Gamberini. Ed è proprio il nuovo entrato a recuperare un buon pallone e a servire Cavani, che spara altissimo. Mazzarri chiama dalla panchina anche Armero, al posto di un deludente Inler. Corini risponde con Luciano per Thereau. Al 57’ il Napoli ha un’occasione d’oro per riaprire la partita: Dainelli frana in area su Cavani e, su indicazione dell’arbitro di porta Tagliavento, Rocchi assegna il rigore. Che il Matador si fa respingere da un Puggioni in giornata di grazia. E un minuto dopo in contropiede il Chievo può mettere la parola fine alla partita: questa volta però De Sanctis è bravo a opporsi al tentativo di Paloschi. Mazzarri si gioca l’ultima carta inserendo Pandev per Zuniga per un Napoli super offensivo negli ultimi 20 minuti. Il risultato è che gli azzurri aumentano sì la pressione ma di fatto creano un solo pericolo alla porta avversaria. Nel finale è ancora super Puggioni, che respinge una conclusione a colpo sicuro dello sfortunato numero 7 uruguayano. La Juve, intanto, scappa via. E per gli azzurri è una sconfitta che ha il sapore di resa.
Il Parma ritrova la vittoria dopo due mesi e lo fa in bellissimo stile. Il Torino di Ventura, dopo le tre sberle dell’andata, capitola nuovamente, subendo, stavolta, addirittura quattro reti. Eppure il vantaggio è granata. Al 56’ Birsa va via sulla destra e pesca sul secondo palo il liberissimo Santana, che a porta sguarnita non può sbagliare. Sembra finita, ma al 77’ Amauri anticipa Ogbonna e pareggia. Passano pochi istanti e, sfruttando un clamoroso errore di Masiello, Nicola Sansone porta in vantaggio gli emiliani. Poi Amauri si prende la scena e chiude la partita siglando la prima, personalissima tripletta in Serie A (84’ e 91’). Donadoni respira dopo 3 ko consecutivi.
Un’altra tripletta spiana la strada al Cagliari di Pulga e Lopez. Con Sau in panchina, la stella diventa Ibarbo. I sardi si confermano grandi tra le mura amiche e superano anche la Sampdoria (in striscia positiva da ben sei turni). Protagonista assoluto è, come accennato, Victor Ibarbo: il colombiano è autore di tre reti per il 3-1 finale. La sfida si sblocca al 18’ con l’attaccante abile a sfruttare una corta respinta di Romero. Raddoppio al 53’ sugli sviluppi di un corner, terza marcatura su cross di Cossu. Gol della bandiera per la Samp di Maxi Lopez, su rigore, allo scoccare del gong.
Tre punti fondamentali più dell’ossigeno per il Siena al “Barbera” di Palermo. Gli uomini di Iachini battono 2-1 i rosanero in rimonta, aggiudicandosi la delicatissima sfida salvezza. Palermo in vantaggio al 43’ con Anselmo, svelto a deviare in rete una colpo di testa di Terlizzi respinto dal palo. Poi sale in cattedra il Siena: i toscani pareggiano al 51’ con la rete di testa di Emeghara e poi passano in vantaggio al 72’ con un rigore di Rosina. Palermo ultimo in classifica col Pescara a 21 punti. Dopo il match, circa cinquemila tifosi del Palermo, assiepati fuori dallo stadio, hanno contestato duramente il presidente Maurizio Zamparini e la squadra intera dopo il ko e l’incubo Serie B sempre più incombente. Le porte dello stadio sono state serrate e le camionette della polizia e dei carabinieri hanno preso posizione davanti le uscite per evitare guai peggiori.
Il nono turno di ritorno del campionato di Serie A presenta due posticipi, che vedono impegnate Inter e Lazio, protagoniste giovedì degli ottavi di Europa League. L’Inter ospita il Bologna a San Siro, un Bologna privo di Kone ma che sfodera il greco Christodoulopoulos al suo posto. Stramaccioni conferma il 4-2-3-1, con Schelotto, Guarin e Benassi (e non Cassano) alle spalle di Palacio. I rossoblù vanno immediatamente vicini al vantaggio con il colpo di testa di Sorensen e, poi, con il destro ravvicinato di Gabbiadini, che termina sull’esterno della rete. Qualche minuto dopo Diamanti offre una palla splendida a Gilardino, che col destro manca di poco il bersaglio. I nerazzurri sono completamente in balia del Bologna di Pioli, che gioca a memoria, da grande, contro un’Inter piccola così. Il vantaggio dei felsinei, più che meritato, arriva al 57’ con il tocco al volo di Gilardino su pennellata di Perez. Entra Cassano e l’Inter qualcosa inizia a creare. Guarin (che continua a non passare il pallone) piega le mani di Curci che si salva in angolo, FantAntonio non sfrutta come dovrebbe una grande occasione dopo un sontuoso aggancio, Ranocchia sfiora la rete prima in rovesciata e poi di testa. Nonostante la spinta nerazzurra, l’occasione migliore, nel finale, capita ancora agli ospiti, con Carrizo che si rende protagonista di una bella parata sul colpo di testa ravvicinato di Khrin. Al 92’ si spengono definitivamente le speranze dell’Inter, quando Curci respinge la zuccata di Cambiasso e manda in frantumi i sogni di rimonta del team di Stramaccioni. Passi l’organico carente, passino le scelte di mercato inspiegabili e contestate pubblicamente dalla Curva Nord, passino le fatiche di coppa, ma l’Inter presentata in campo da Stramaccioni per l’ennesima volta è stata impalpabile e non solo per colpa del tecnico. Pereira ha offerto l’ennesima prova imbarazzante a sinistra divorato da Lazaros e Diamanti, Schelotto ha viaggiato a marce ridotte per il campo. Gargano invece ha avuto il pregio di mettere d’accordo tutto il tifo nerazzurro, unisono nel fischiarlo a ogni (tanti) pallone perso. È arrivata un’altra sconfitta, la nona. Il fatto, ancor più grave, è che è maturata con una naturalezza che non sorprende nessuno più, con i nerazzurri incapaci di rimediare alle proprie lacune, regalando per l’ennesima volta un tempo (o anche più) alla partita e agli avversari. Serve un cambio di marcia, ma soprattutto all’Inter servono idee. Quelle, per esempio, che il Bologna ha ben chiare.
L’altro posticipo, interessantissimo, è quello dell’Olimpico tra Lazio e Fiorentina, un vero e proprio spareggio per l’Europa. I viola partono subito meglio, andando vicini alla rete con il tocco ravvicinato di Jovetic. Cuadrado è sempre la spina nel fianco per tutte le squadre che affrontano la Fiorentina; anche lui si rende pericoloso con un bel tiro dalla distanza bloccato da Marchetti. Al 20’ arriva l’immancabile rete del vantaggio dei toscani, con il rasoterra di piatto di Jovetic sul secondo palo, liberato dall’assist di Ljajic e dal velo decisivo (a cui abbocca tutto lo stadio) di Borja Valero. La squadra di Petkovic fatica a riprendersi e anzi rischia di subire il colpo del ko, incapace di fermare il gioco palla a terra degli avversari. Nella truppa biancoceleste regna anche un po’ di nervosismo, come dimostra il battibecco tra Dias e Radu. Poi, all’improvviso, si sveglia anche la Lazio, che negli ultimi dieci minuti di frazione costruisce tre o quattro occasioni, senza che però Viviano debba compiere chissà quali miracoli. Le speranze di rimonta si spengono in avvio di ripresa e non solo per colpa del diluvio che si scatena su Roma: una punizione innocua di Ljajic, infatti, coglie di sorpresa Marchetti sul proprio palo. La reazione dei padroni di casa dura pochi minuti, perché poi le forze finiscono e anche se Petkovic getta in campo forze nuove, l’andamento del match non cambia. La Fiorentina controlla agevolmente la fase finale della gara e in qualche momento si permette di irridere gli avversari con il suo gioco in velocità, grazie alla straordinaria capacità di palleggio di Pizarro e Borja Valero. L’orgoglio dell’Aquila svanisce al 90’, quando Viviano compie un intervento miracoloso su Floccari. La Fiorentina si porta al quarto posto, superando in un colpo solo Lazio e Inter: la strada verso la Champions, ora, si fa sempre più rosea.
Per effetto di questi risultati, Juventus prima a 62 punti, seguita dal Napoli a 53 e dal Milan a 51. Cavani, nonostante tutto, resta il capocannoniere del campionato con 18 reti realizzate.
I TOP
Emanuele Giaccherini (JUVENTUS): Giak rappresenta più di tutti, come già detto, il gruppo bianconero. Entra un quarto d’ora, punta l’uomo, si fa ammonire per una tanto sciocca quanto evidente simulazione e segna, a due minuti dal fischio finale, quello che può essere il gol dello scudetto. UMILE.
Amauri (PARMA): Prima tripletta in Serie A con tanto di dedica al figlio. Il Re Leone si toglie una gran bella soddisfazione, regalando tre punti d’oro al suo Parma. RISORTO.
Victor Ibarbo (CAGLIARI): Anche per lui si tratta della prima tripletta in Serie A. Il velocista colombiano si prende sulle spalle la squadra e la conduce ad un importante successo, anche il giorno dell’assenza di sua maestà Sau. Se non fosse per il completo del Cagliari, lo si potrebbe confondere con USAIN BOLT.
Immancabile e incontestabile nota di merito anche per il capitano dell’Atalanta, German Denis, autore di una doppietta che ha spianato la strada per la vittoria dei nerazzurri sul Pescara.
I FLOP
Walter Gargano (INTER): Stessa nazionalità di quello di sotto, ruolo differente ma momento di forma identico. Ok, dare i tempi alla squadra non è il suo forte, ma un professionista (nazionale) non può sbagliare il 95% dei passaggi. Non può davvero. VERGOGNOSO.
Edinson Cavani (NAPOLI): Per il Matador il gol è diventato un incubo: il digiuno continua. Sbaglia il rigore che poteva riaprire la partita, mira imprecisa. Poi nel finale tira a colpo sicuro ma trova ancora il portiere del Chievo. DISASTROSO.
Daniele Portanova (GENOA): Colpisce con cattiveria Pazzini, rinvia corto sul cross di De Sciglio e regala l’1-0 a Pazzini. In generale, non fornisce mai garanzie definitive. E manca anche in fase offensiva, soprattutto nel finale, quando Granqvist esce e ci sarebbe tanto bisogno di lui. ROGNOSO.