Serie A 25^ GIORNATA: Festival di SanRoma… – di Angelo Abbruzzese
Il Milan, con la testa già al Barcellona, ospita il Parma per il primo anticipo della 25^ giornata di Serie A. Si gioca di venerdì in quel di San Siro, per la prima volta orfano di El Shaarawy, lasciato a riposo precauzionalmente. Così, accanto a Balotelli, ci sono Niang e Boateng. E sono proprio loro i più vivaci dei padroni di casa, in una partita che stenta comunque a decollare. La palla gol più nitida della prima frazione capita sui piedi di Gabriel Paletta, al 9’, ma l’argentino riesce a spedire a lato l’invito a nozze di Zapata. Il centrocampo ha le molle scariche e solo Montolivo, man mano, ai abitua all’aggressività del Parma, che per una buona manciata di minuti fa possesso palla e predica un buon calcio. Valdes detta i tempi e le due ali, Sansone e Biabiany, si inseriscono con facilità. Il Milan non supporta al meglio l’ennesimo cambio della coppia di centrali (Mexes resta fuori) e rischia di andare sotto, ma Amauri, dopo Paletta, recapita ad Abbiati un colpo di testa docile docile. Così si arriva senza scosse fino al 39’: palla morta di Boateng, Paletta va in estensione, tocca il pallone mettendo fuori causa il suo portiere e festeggia nel peggiore dei modi il suo 27° compleanno. È l’episodio che cambia il corso della partita e inverte i ruoli, con il Parma intento a organizzare la manovra e i rossoneri pronti alle ripartenze in contropiede. Da una di esse, in avvio di ripresa, arriva la più bella azione di tutto l’incontro, confezionata da Balotelli ma sprecata dal tocco impreciso di Boateng. Niang continua ad essere il più eclettico, mentre SuperMario inizia ad averne abbastanza del trattamento non certo coi guanti gialli riservatogli da Coda & co., pur avendo il merito di non scomporsi troppo e restare in attesa del colpo del k.o., che puntuale si presenta tre minuti dopo la mezzora: il 45 sfugge a Paletta (ancora lui) che lo atterra. Spodesta Niang dal punto di battuta e realizza su punizione il quarto gol, in tre partite, della sua nuova avventura milanista. Avvio incredibile del Bad Boy, solo Bierhoff aveva fatto come lui. Il sigillo di Sansone, nel finale e a risultato acquisito, è utile per la statistiche e per ricordare che il Milan è al quarto 2-1 consecutivo in casa (dopo quelli con Siena, Bologna e Udinese). La sensazione è che la squadra, più delle gambe, abbia la testa giusta per giocarsi al meglio la settimana più dura della sua stagione.
Il secondo anticipo della 25^ giornata, nonché primo del sabato calcistico, si disputa al “Bentegodi” di Verona, dove arriva il Palermo di Malesani. I rosanero vanno subito in vantaggio, dopo 5’, con il primo gol italiano dell’argentino Formica, che sfrutta una disattenzione della difesa clivense per battere l’incolpevole Puggioni. La partita scorre via senza particolari sussulti sino al 10’ della ripresa, quando arriva il pareggio dei gialloblù: la firma, come al solito, è di Cyril Thereau. Il francese segna la sua quinta rete in campionato, approfittando del fallo di mano di Garcia in area di rigore per spiazzare l’ex di turno, Sorrentino, dagli 11 metri. Le due squadre, dunque, non si fanno male; secondo 1-1 consecutivo per Malesani.
Il clou della giornata, però, è sicuramente la gara delle 20.45 tra Roma e Juventus. Giallorossi alla disperata ricerca di punti dopo due sconfitte consecutive, bianconeri stanchi dopo la grande prova del Celtic Park ma ugualmente vogliosi di incrementare il proprio vantaggio sulle altre contendenti al titolo. 3-4-2-1 per i padroni di casa, con Pjanic a centrocampo insieme a De Rossi e Totti e Lamela trequartisti alle spalle di un Osvaldo con tanta voglia di riscatto. Risponde la squadra di Conte con il solito 3-5-2 che l’ha fatta grande, con qualche immancabile defezione: Caceres ancora al posto dell’infortunato Chiellini, Pogba al posto dello squalificato Marchisio e Matri in avanti preferito a Giovinco. Un po’ di stanchezza e di scarico mentale da una parte, un po’ di paura dall’altra, sta di fatto che il primo tempo è davvero bruttino. La Roma prova a scacciare i fantasmi con una partenza gagliarda, ma la Juve prende ben presto le redini del gioco. Manca, però, un aspetto fondamentale del gioco del calcio: i tiri in porta. Le uniche emozioni le regalano una bella incursione di Osvaldo, che salta Buffon ma si defila troppo e il suo traversone in mezzo è preda di Bonucci, e una punizione velenosa di Pirlo, che trova pronto Maarten Stekelenburg. Per il resto, nel sonno generale spicca solo il fallaccio di Totti che colpisce (con tanto di buco) il ginocchio destro dello stesso Pirlo, affidandosi a Rocchi per un giallo che sa tanto di grazia nonostante non ci sia volontarietà di far male. Le due formazioni iniziano la ripresa con gli stessi uomini della prima frazione. Il secondo tempo è, comunque, più scoppiettante del primo. Non certo ci voleva molto. Colpo di testa di Osvaldo e pronta risposta di Buffon, che sporca i guantoni anche per respingere la botta da fuori di Pjanic. La migliore occasione bianconera, invece, porta la firma di Vucinic (unico squillo di una partita nerissima), che dal limite dell’area, al volo, non trova di poco lo specchio. In un clima di apparente equilibrio generale, si avverte che questa inizia ad essere una di quelle partite sbloccabili solamente da una giocata. Di campioni, in campo, ce ne sono e la giocata arriva da quello che lo è maggiormente. Punizione di Pjanic ribattuta dalla barriera, palla che arriva a Totti che lascia partire un missile terra-aria a 113 km/h che non lascia scampo a Buffon. Entrano Giovinco e Anelka, ma la Juventus, sfinita dopo la trasferta scozzese, non ha le forze per replicare al guizzo di Totti, anzi riesce addirittura a concedere varie occasioni alla Roma per il potenziale raddoppio. I bianconeri finiscono al tappeto per la quarta volta in campionato, quando Rocchi pone fine alle ostilità anticipando inspiegabilmente il fischio finale nonostante un calcio d’angolo per gli ospiti ancora da battere. È la rivincita di Andreazzoli e della Roma tutta, ma soprattutto di capitan Totti (al decimo sigillo a Buffon) che, nel giorno della finale di Sanremo, si conferma la voce migliore del coro giallorosso.
Niente partita dell’ora di pranzo, ci si proietta direttamente alle gare del pomeriggio. Occhi puntati sul “San Paolo” di Napoli, dove i partenopei ospitano la Sampdoria per tentare di arrivare a -2 dalla capolista. Gli azzurri pensavano forse di far festa, ma si ritrovano nella formazione blucerchiata un cliente più che scomodo. Perché nel primo tempo, dopo un avvio guardingo, i liguri si fanno sempre più coraggiosi in un crescendo di pericolosità. Gli azzurri patiscono la scarsa vena di Cavani, che spreca in avvio un bel assist in profondità di Insigne, il migliore dei suoi in fase offensiva. Incredibilmente è questa l’unica vera occasione dei padroni di casa e Mazzarri manifesta tutto il suo disappunto, gesticolando e agitandosi in panchina. La Samp, invece, macina gioco e spaventa De Sanctis con un’incursione di De Silvestri, due tiri insidiosi di Sansone e uno stacco di Costa. Proprio sul colpo di testa del difensore blucerchiato, che anticipa un’avventata uscita del portiere avversario, deve intervenire sulla linea Behrami per sventare quello che pareva un gol quasi fatto. Insomma, ai punti la Samp avrebbe meritato qualcosina di più. In avvio di ripresa il mezzo infortunato Icardi ha una palla d’oro per portare in vantaggio i suoi, ma Behrami si traveste da San Gennaro miracolando De Sanctis e sventando, in scivolata, un gol che sembrava fatto. Mazzarri, a questo punto, decide di cambiare, mandando dentro Pandev e Zuniga per Britos e Armero. È sicuramente il macedone la mossa più azzeccata, perché riesce a dare quella vivacità e quell’imprevedibilità di cui il Napoli aveva avuto nostalgia. Il pressing dei campani diventa asfissiante, il ritmo sale a mille e Romero è costantemente sotto assedio. Il portiere argentino è bravo e fortunato al minuto numero 74, quando riesce a deviare una velenosa conclusione di Hamsik sul palo alla sua sinistra. Le speranze di tre punti per il Napoli si infrangono qui. Dopo i tre cazzotti rimediati dal Viktoria Plzen, Cavani e compagni sbattono anche contro il muro eretto dalla Samp. È vero che il campo non aiuta, ma è anche vero che è uguale per entrambe le squadre. Come per la Juve, però, vale l’attenuante di un po’ di appannamento post coppa. Grande merito, comunque, va ai blucerchiati, che dopo aver sgambettato proprio i bianconeri allo Stadium quasi restituiscono il favore, guadagnando un punto più che meritato. Un segnale anche per il campionato: punti facili non ce ne saranno per nessuno da qui alla fine. Distanza dalla vetta, dunque, ridotta solamente di una lunghezza (ora è -4): prima del big match del 1° marzo si potrà sperare solamente in un miracolo senese.
Il Catania continua a sognare l’Europa battendo il Bologna al “Massimino”. Solito primo tempo tutto corsa e tecnica degli etnei, che colgono un palo con Bergessio ma trovano il vantaggio al 42’ con la zuccata di Almiron su angolo di Lodi. E pensare, che pochi minuti prima, l’argentino era stato vicino alla sostituzione per un movimento innaturale del ginocchio destro. Nella ripresa il Bologna prova a pareggiare con un paio di iniziative di Gabbiadini e Gilardino, ma la difesa rossazzurra fa buona guardia. Finisce 1-0, Catania a quota 39: l’Europa sta pian piano diventando un sogno ad occhi aperti.
Seconda vittoria interna consecutiva, quarto risultato utile di seguito: la risalita del Genoa targato Ballardini continua. Bella prestazione del Grifone che stende 1-0 l’Udinese grazie a un gol, al 33’, di Kucka, il migliore in campo. Partita frizzante con i rossoblù che cercano, e ottengono, con più convinzione i tre punti rispetto ai friulani. Nonostante tante palle gol costruite, nel finale i liguri rischiano di buttare tutto, ma per fortuna di Ballardini Benatia e Merkel si divorano il gol del pareggio. Il Genoa è ora +4 punti sul terzultimo posto.
Il Torino vince e convince. All’Olimpico i granata battono l’Atalanta per 2-1, dopo aver dominato in lungo e in largo il match. Toro in vantaggio con Cerci, che al 42’ parte in contropiede, entra in area e trafigge Consigli con un sinistro precisissimo sul palo più lontano. Al 75’ Denis pareggia i conti su calcio di rigore, concesso da Bergonzi per fallo di Gillet su Livaja. Poi, a tre minuti dal termine, Birsa anticipa Scaloni (che si addormenta senza nemmeno l’aiuto di una camomilla) e firma il gol partita su cross di Darmian. Il Torino sale a quota 31 punti e si allontana dalla zona calda della classifica, inguaiando, a sua volta, la squadra bergamasca (a quota 27).
Vola il Cagliari di Pulga e Lopez, ora a quota 28 punti in classifica, che batte il Pescara di Bergodi all’Adriatico. Al termine della turbolenta settimana vissuta dal presidente Cellino, i rossoblù vincono per 0-2, causando la contestazione dei tifosi abruzzesi nei confronti della squadra. Primo tempo noioso in cui l’unico squillo è il palo di Weiss. Succede tutto nella ripresa: Sau sfrutta un assist di Cossu, elude il fuorigioco e segna di testa al 53’. Il Pescara accusa il colpo e l’attaccante ex Juve Stabia si ripete 8’ più tardi, trafiggendo Perin con una girata di sinistro. Il numero 27 sardo arriva, così, a 10 reti in campionato. L’ultimo atto del match è la seconda espulsione stagionale di Vladimir Weiss. Piove sempre più sul bagnato per il povero Pescara.
Il posticipo domenicale del 25° turno è Fiorentina-Inter. Montella mischia le carte in tavola, spedisce in panchina Roncaglia e Toni rimpiazzandoli con Tomovic e Ljajic, con un susseguente passaggio al 4-3-3; risponde Strama con un 4-3-1-2 orfano di Milito (a cui vanno i migliori auguri di pronta guarigione) con Palacio e Cassano in avanti, Guarin trequartista e Kovacic mezzala, affiancato da Cambiasso e Kuzmanovic. Dopo appena tre minuti si capisce già come andrà a finire la gara: lancio di Pizarro da metà campo, Ranocchia viene sorpreso, ma Jovetic calcia in bocca ad Handanovic da pochi metri. Il primo tempo viola è ai limiti della perfezione. Il centrocampo offre lezioni gratuite a quello della Beneamata, clamorosamente frastornato dal meraviglioso palleggio del trio Aquilani-Pizarro-Borja Valero. Specialmente il primo e il terzo riescono addirittura a strappare dalle labbra degli spettatori paragoni blasfemi con i centrocampisti del Barcellona, per fare un esempio banale. La spumeggiante Fiorentina di Montella al rapido tiki-taka a centrocampo, mai noioso, abbina un’impressionante ferocia con cui attacca la porta di Handanovic. Tredici minuti e arriva l’1-0 con un’azione maestosa. Jovetic tocca ad Aquilani che allarga a sinistra per Pasqual, il quale crossa al centro dove arriva ancora Jo-Jo, che sfiora di testa e mette Ljajic davanti al portiere: incornata in controtempo e palla in rete. Al 33’ c’è il bis, con i nerazzurri che perdono palla al limite dell’area e Jovetic che infila nel sette con un destro favoloso. Negli ultimi 12 minuti si assiste a un tiro al bersaglio verso la porta del povero Handanovic. La Fiorentina sfonda ovunque. L’Inter ha già la bandiera bianca in bella mostra ma a nessuno importa. Borja Valero e Aquilani, con il Franchi in giustificato delirio d’onnipotenza, sfiorano per tre volte il 3-0 prima del riposo. L’appuntamento con la terza rete viola è soltanto rimandato al 10’ della ripresa, quando Nagatomo rinvia male, Kuzmanovic interviene peggio e Jovetic (di nuovo lui) non fa sconti, sfruttando nel migliore dei modi un assist sontuoso, di tacco, dell’immenso Aquilani. L’Inter è tramortita, Stramaccioni non può far altro che operare qualche cambio per evitare l’imbarcata. Entrano Alvarez e Pereira per Kovacic e Guarin, ma l’imbarcata arriva ugualmente ed è più che meritata. Minuto 65, solita azione sul centro-sinistra di Borja Valero, palla a Ljajic che posiziona il mirino sul secondo palo e insacca alle spalle di Handanovic con un bel destro a giro. La squadra nerazzurra non può far altro che accogliere critiche: difesa imbarazzante, centrocampo asfissiato e attacco rivedibile (per usare un eufemismo). C’è tempo, comunque, per il gol che rende leggermente, ma davvero leggermente, meno amara la sconfitta. Porta, tanto per cambiare, la firma di Cassano, l’unico a salvarsi sempre nelle file dell’Inter. Destro da fuori, palo e palla in rete per il 4-1 finale. La migliore Fiorentina della stagione distrugge una delle Inter peggiori dell’era Moratti: può iniziare un campionato nuovo per entrambe le compagini.
L’ultimo atto di questa sesta giornata di ritorno si disputa all’altro “Franchi” d’Italia, quello di Siena, dove arriva la Lazio. Petkovic cambia la sua squadra (senza lo squalificato Ledesma e l’infortunato Mauri) come previsto, ma a sorpresa non è Dias, ma Radu (fermato dal torcicollo) a rimanere in panchina in un 3-4-3 con Candreva spostato davanti accanto a Floccari e Kozak. Iachini non cambia la formazione che ha pareggiato a Bologna, a parte Belmonte per l’infortunato Angelo. Tribuna zeppa di grandi campioni del passato venuti ad assistere al match da Coverciano, dove stanno seguendo il corso per allenatori: visti Materazzi, Filippo Inzaghi, Fabio Cannavaro, Zaccardo. E c’è anche Antonio Conte, che aveva ricevuto la panchina d’oro e ha approfittato per andare a trovare i vecchi amici del Siena – e prossimi avversari con la Juve -, accomodandosi in tribuna accanto a Valentina Mezzaroma. Quanta confusione in casa Lazio, a inizio partita. Il Siena si trova di fronte una squadra nervosa e clamorosamente imprecisa negli appoggi, nei movimenti, nelle verticalizzazioni, nello schieramento sui calci da fermo. E a colpire i padroni di casa ci mettono appena 6 minuti, grazie all’uomo del momento, Innocent Emeghara, a segno nella terza partita a seguire dopo Inter e Bologna. Cross di Rubin che sfonda e in area è vincente il colpo di testa della punta bianconera che brucia Ciani. La velocità del nigeriano-svizzero fa impazzire Ciani e Biava, che non brillano affatto dietro. E la velocità, con Rosina sugli scudi, è l’arma del Siena che ha vita facile: raddoppio su ogni portatore di palla e ripartenze veloci nelle praterie lasciate da una Lazio sconclusionata. Facile, fin troppo facile dominare il campo. E il Siena a quel punto prova a chiudere col 2-0 il match. Di fatto di fronte non c’è un’avversaria e così arriva al 23’ il raddoppio, dopo una serie di folate che lasciano nel panico i biancocelesti: ancora Emeghara che ruba palla, dà di tacco a Rubin, che sfonda a sinistra e mette in area, dove Rosina in agguato insacca bruciando ancora Ciani. Il francese non è in serata e al 32’ Petkovic lo toglie per far entrare Pereirinha. La Lazio passa alla difesa a 4 con Konko e Lulic esterni. Di fatto è un 4-2-4, con Candreva e Pereirinha ali. Ma continua la serie di errori biancocelesti. Il Siena deve solo controllare, coprirsi e ripartire ingolfando il centrocampo. Quanto manca Ledesma… La musica non cambia nella ripresa, con Emeghara che manda in tilt con la sua velocità un centrocampo laziale evanescente e fa tremare la difesa balbettante. La trequarti senese è zeppa di giocatori, con Iachini che non smette mai di incitare i suoi caricati dal risultato e presenti in ogni parte del campo. In casa Lazio è un errore dopo l’altro: Hernanes si libera benissimo al tiro in area, ma la sua botta finisce in fallo laterale. Irriconoscibile, questa Lazio. E in questo nulla che si trova di fronte, il Siena sguazza grazie all’uomo del match: al 61’ Emeghara (bottino alla Balotelli per lui) piomba su un pallone nella trequarti laziale, brucia Biava e beffa Marchetti in uscita per un 3-0 meritatissimo. La Lazio più brutta del campionato? Probabilmente sì. Mai in partita nemmeno con la testa. Nella disperazione al 67’ Petkovic toglie Candreva e mette dentro Saha: sul 3-0 c’è ben poco da proteggere. E poi al 78’ anche Ederson, che appena entra colpisce la traversa. Ma il match a quel punto è chiuso e i tre punti sono nella cassaforte senese. Dopo Juventus, Napoli ed Inter, quindi, l’Europa è carogna anche per la Lazio, che si fa raggiungere a quota 44 dal Milan; il Siena, invece, abbandona l’ultima posizione e ritorna a sperare nella salvezza.
Per effetto di questi risultati, Juventus sempre in vetta con 55 punti, seguita dal Napoli a 51 e da Milan e Lazio a 44. In coda chiude il Palermo con appena 19 punti conquistati. La classifica marcatori, invece, si è fermata: Cavani resta primo con 18 gol, El Shaarawy segue con 15.
I TOP
Stevan Jovetic (FIORENTINA): Due gol per scacciare qualsiasi tipo di (inspiegabile) critica, due gol che lo proiettano a quota 11 in campionato e fanno ritornare il sorriso alla sua Fiorentina. GIOCOLIERE.
Innocent Emeghara (SIENA): Davvero interessante questo ragazzone svizzero. Numero 10 sulle spalle e numeri eccellenti, già quattro gol in campionato, di cui due alla Lazio e uno all’Inter. Mica male come inizio. PROMESSA.
Marco Sau (CAGLIARI): Sempre più sorprendente questo piccolo sardo che, zitto zitto, è arrivato a 10 gol in campionato. Il Cagliari è sempre più sulle sue spalle. REALTÀ.
Francesco Totti (ROMA): Niente più parole, soltanto numeri: 224 in Serie A con un bolide a 113 km/h. È un campione, tutto qua. CAPITÀ.
I FLOP
Gabriel Paletta (PARMA): Certo che il destino, a volte, sa essere davvero crudele. È lo sfortunato caso del difensore del Parma che, nel giorno del suo 27° compleanno, sfodera una delle sue peggiori prestazioni da quando è in Italia. Autogol, ammonizione e fallo che provoca il gol del 2-0: si può fare peggio di così? SFIGATO.
Gokhan Inler (NAPOLI): Sbaglia tiri, passaggi, aperture e persino gli schemi su calcio di punizione. Lo svizzero non ne azzecca davvero una, Mazzarri, stanco, lo toglie al 77’ per lasciare il posto a Dzemaili. INGUARDABILE.
Zdravko Kuzmanovic (INTER): È di una lentezza spaventosa. Non intercetta un pallone, viene ripetutamente saltato, non imposta, sbaglia gli appoggi più semplici. IMPRESENTABILE.