Serie A 22^ GIORNATA: il commento di Angelo Abbruzzese
Nuovamente in campo di sabato Lazio e Juventus, rispettivamente terza e prima in classifica, in vista del ritorno della semifinale di Coppa Italia in programma martedì 29. Inizia la squadra biancoceleste, con l’impegno casalingo contro il Chievo alle ore 18. Petkovic, per superare l’ostacolo gialloblù, si affida ad un po’ di turnover, risparmiando parecchi effettivi per averli al meglio contro la Juventus. Iniziano in panchina Hernanes e Mauri, Klose non viene neanche convocato e sostituito ancora una volta da Sergio Floccari. Poco calcio nel primo tempo, due-tre azioni da gol, se così le vogliamo chiamare. Candreva dopo sei minuti spara alto su invito di Floccari, Paloschi al 12’ tenta l’eurogol alla Quagliarella (alla Miccoli, alla Mascara, fate un po’ voi) con una girata al volo da centrocampo. Palla alta di pochissimo con Marchetti che finisce in rete, strappandola. Poi con lo scotch il danno è stato risolto. E poi ecco la vera occasione per i biancocelesti al 23’ con un tiro da fuori area di Konko ben neutralizzato da Puggioni. Petkovic nella ripresa corre ai ripari: dentro subito Mauri per Brocchi. Una mossa inutile perché al 61’ il Chievo colpisce in contropiede. Thereau semina il panico nell’area biancoceleste, palla indietro per l’accorrente Vacek che scaglia un missile sulla traversa. Il tap-in è raccolto da Paloschi che può così esultare, mentre Marchetti e compagni si lamentano per una posizione di fuorigioco inesistente. Ecco la condanna al tecnico della Lazio. Dentro anche Hernanes e Kozak, ma il punteggio non cambia. Mauri spreca al 76’ il possibile 1-1 e nulla più. Adesso c’è perlomeno da conquistare la finale di Coppa Italia, per non ridimensionare clamorosamente la stagione nel giro di appena tre giorni.
La Juventus, in quel di Torino, è chiamata a rispondere alle 20.45. La partita, già importante di per sé, acquista maggior valore dopo il tonfo interno della Lazio. Conte manda in campo i migliori undici possibili, con Caceres ancora al posto di Chiellini, Pogba in mezzo al campo con Pirlo ancora fuori causa, De Ceglie preferito a Padoin e Quagliarella al febbricitante Matri (che va in tribuna) e all’acciaccato Giovinco, che invece finisce in panchina il giorno del suo 26° compleanno. La Juve nei primi 45’ fa fatica a trovare il ritmo giusto, gira lentamente la sfera e non riesce quasi mai a vincere i duelli personali e a puntare Frey in superiorità numerica. Gli attaccanti bianconeri giocano solo spalle alla porta e Vucinic non è in giornata: troppo nervoso, lento e irritante. Il montenegrino si fa notare soltanto per un fallo di mano in area su un calcio d’angolo del Genoa. Non segnalato da Guida. Sono soltanto Quagliarella, con una deviazione in spaccata, e Marchisio, con un taglio dei suoi, a rendersi pericolosi. Poi, nel secondo tempo, la Juve cambia pelle, alza il ritmo e costringe i Grifoni ad arretrare e a chiudersi. Quagliarella sfiora ancora il gol con una spizzata su punizione di Marchisio, ma Frey respinge. Al 54’ l’evanescente Vucinic e Lichtsteiner duettano alla perfezione sulla destra e la Juventus passa in vantaggio. Quagliarella raccoglie al meglio un invito dello svizzero e appoggia in rete, con la gentile collaborazione di Granqvist. Il Genoa però non molla, Ballardini cambia modulo inserendo Borriello al posto di Immobile. È proprio il centravanti napoletano col numero 22 a segnare al 69’ il più classico dei gol dell’ex, su gran cross di Kucka. Borriello chiede scusa ai suoi ex tifosi, che probabilmente non lo perdoneranno così facilmente. Agli uomini di Conte, infatti, il pareggio non basta, ma quando tentano l’assalto finale si scontrano con il fischietto dell’arbitro Guida e con la sfortuna. Entrano Giovinco, Giaccherini e Beltrame per Quagliarella, De Ceglie e Marchisio. Antonelli trattiene Vucinic in area di rigore, Giovinco prende il palo su punizione, Beltrame rischia di bagnare con un gol fantastico il suo esordio in Serie A. Protesta pure Pogba per un presunto fallo subito in area di rigore su azione d’angolo, ma anche in questo caso per Guida è tutto regolare. Al 93’ il solito Lichtsteiner (il migliore dei suoi) crossa dalla destra, Granqvist interviene in maniera scomposta, colpendo il pallone con il braccio. Qui si scatena la furia di Conte, che grida ripetutamente “Vergogna!” all’arbitro Guida. L’ultima emozione la regala Giaccherini, il cui tiro al volo viene neutralizzato in volo da Frey. La partita finisce 1-1, tra le polemiche. Un mezzo passo falso della Signora, che non dà certo il miglior benvenuto al neo acquisto Anelka. Martedì c’è la Lazio, con una finale da conquistare: lì non ci sarà più tempo e spazio per la sfortuna e per gli errori dell’arbitro.
L’anticipo dell’ora di pranzo si gioca a Bologna, dove arriva la Roma di Zeman, immerso nelle polemiche dopo le parole in conferenza stampa. Era stata preannunciata come una bella partita quella del “Dall’Ara” e così è stato. Il vantaggio giallorosso arriva al 9’ grazie ad un break di Alessandro Florenzi, che recupera palla sull’errore in fase di impostazione di Perez, scambia con Totti e trafigge Agliardi nell’angolino. Il Bologna si adegua al flipper degli uomini di Zeman e quando può colpisce, come al minuto numero 16: Goicoechea respinge male col piede una conclusione di Gabbiadini favorendo il tap-in di Gilardino. È l’1-1 che resiste appena un minuto, perché Osvaldo, di testa, riporta subito avanti la Roma. A centrocampo non si gioca. Esiste solo l’attacco e, formalmente, la difesa. In realtà si attacca e basta, perché la fase di non possesso delle due squadre è raccapricciante. Gabbiadini, al 26’, viene tenuto in gioco da Burdisso e di sinistro infila un incerto Goicoechea. Inizia la ripresa e ricomincia lo show: Diamanti va via a Piris sulla sinistra, crossa al centro e trova l’ennesima respinta così così del portiere giallorosso; sulla sfera arriva Pasquato e il Bologna è avanti 3-2. Zeman, a un passo dalla resa, rimane in piedi grazie al suo uomo di fiducia, Tachtsidis. Colui che è stato preferito a De Rossi. Il greco infila di testa il 3-3 e la Roma, poco dopo, sfiora pure l’incredibile 4-3 con un’incornata di Osvaldo (miracolo di Agliardi). Nel finale sale nuovamente in cattedra Diamanti, che prima sfonda il palo con un sinistro terrificante e poi colpisce la traversa su punizione. La Roma si salva in una delle più belle partite del campionato. Zeman chissà.
Il clou delle 15 è sicuramente il match del “Tardini” tra Parma e Napoli. I gialloblù sono l’unica squadra imbattuta in casa in questo campionato, il Napoli ha tanta voglia di fare risultato per portarsi a sole tre lunghezze dalla vetta. I partenopei fanno sentire subito la voglia di dimezzare il distacco dalla Juve capolista e dopo un paio di tentativi perlustrativi trova il gol. Grande assist in profondità di Dzemaili e Hamsik anticipa tutti con un tocco preciso di sinistro che firma l’1-0. Una doccia gelata per il Parma, che fino a quel momento aveva tenuto bene testa agli azzurri. Così si scatena la macchina di Donadoni e solo due interventi miracolosi sulla linea di De Sanctis su Sansone e di Cannavaro su Parolo negano il pareggio ai padroni di casa. C’è anche il tempo per un rigore chiesto dai gialloblù (fallo di Britos su Rosi), ma l’azione era viziata da un fuorigioco di Belfodil. La sfuriata parmigiana si esaurisce qui, poi è la squadra di Mazzarri a provare a chiudere il match, ma Mirante è super su Campagnaro, Dzemaili e Cavani. Il “Matador”, inoltre, è protagonista di un clamoroso errore di testa da due passi. Sarebbe stato un doppio vantaggio eccessivo per quanto visto nel primo tempo. Anche perché nella ripresa si gioca quasi a una porta sola, con il Parma a spingere forte e il Napoli che si limita ai contropiedi della casa. Ci vuole un po’ di fortuna, comunque, per regalare il pareggio agli emiliani. Colpa del rientrante Cannavaro, che devia alle spalle di De Sanctis un tiro-cross di Sansone quasi dalla linea di fondo. La fortuna del Napoli è che c’è ancora tempo di rimediare e gli uomini per farlo non mancano. E chi potrebbe togliere dai guai gli azzurri se non Cavani? L’uruguayano non è in una delle sue giornate di grazia, ma dopo aver sprecato l’inspiegabile si fa trovare puntuale su un perfetto lancio di Insigne. Un gol che è un messaggio forte e chiaro: Juve, noi stiamo arrivando.
Continua la rincorsa all’Europa del Milan, impegnato a Bergamo contro l’Atalanta. La partita, però, per via del campo pesante, sembra quasi essere, per buona parte dei 90 minuti, una sfida tra due provinciali in lotta per la salvezza. Accanto a Denis Colantuono mette in campo Parra per dare più peso all’attacco, ma la partita si gioca soprattutto in mezzo al campo e in fase di disimpegno. Allegri si affida al tridente Niang-Pazzini-El Shaarawy e piazza Flamini in cabina di regia. Il francese, troppo lento nelle giocate, non brilla e i rossoneri non riescono ad andare in profondità. Solo Niang prova a saltare l’uomo e a creare la superiorità numerica cercando il dialogo con El Shaarawy. L’Atalanta, invece, gioca di rimessa e prova a colpire Abbiati in contropiede, ma il portiere rossonero è in giornata e non si passa. Controlli difficili, pochi passaggi filtranti e molti errori. La partita scorre così fino al 29’, quando Niang inventa un assist perfetto per il Faraone, che batte Consigli con un diagonale preciso. Sull’1-0 il Milan cerca di tener palla, ma il terreno non aiuta e l’Atalanta rimane in partita. Nella ripresa i rossoneri provano a chiudere il match, ma i nerazzurri resistono. Si lotta. Poi Brivio si fa espellere per doppia ammonizione e l’Atalanta rimane in dieci e senza forze. Gervasoni fischia troppo poco e il match si scalda: dieci ammoniti. L’arbitro dimostra di aver poco polso per dirigere una gara del genere. In campo servono soprattutto muscoli e il Milan, nonostante la superiorità numerica, soffre fino alla fine. Forse troppo. Ma quello che contava erano soltanto i tre punti.
Continua il periodo viola della Fiorentina, che perde anche a Catania. Toscani avanti dopo 21 minuti con il colpo di testa di Migliaccio su cross di Pasqual. Il pari dei rossazzurri arriva al 50’ con Legrottaglie, ancora una volta di testa. Il gol degli avversari scuote gli uomini di Montella che colpiscono due traverse, una con Cuadrado e una con Ljajic. Aquilani si fa espellere per proteste e a tre minuti dal fischio finale Castro firma il gol vittoria dei rossazzurri, che volano in classifica. Maran, strano ma vero, addirittura meglio di Montella.
Al “Luigi Ferraris” la Sampdoria ricorda nel migliore dei modi il presidente Garrone: grande commozione tra giocatori e tifosi prima della gara. La squadra di Rossi sfodera una prestazione maiuscola contro un bruttissimo Pescara. Tante occasioni per la Doria, che tiene il pallino del gioco per tutta la gara, con gli abruzzesi a fare solo da comparsa e il match che finisce in goleada: 6-0 per la Samp con il poker di uno scatenato Icardi (primo pallone portato a casa), Eder su rigore e la rete di Obiang. Superiorità innegabile dei blucerchiati, il miglior modo per ricordare un grande uomo di calcio qual era Riccardo Garrone.
L’Udinese rialza la testa dopo il brutto ko di Torino, vincendo contro il fanalino di coda Siena. Il gol partita nasce da un errore di Della Rocca, che si fa soffiare palla da Allan sulla trequarti e permette al centrocampista dei friulani di dar vita al contropiede che è Muriel a finalizzare. Sotto di una rete l’undici toscano prova a reagire, ma non è quasi mai pericoloso, eccezion fatta per una gran parata di Padelli su Rosina. Vince l’Udinese, che sale a quota 33 punti, sempre più ultima la squadra di Iachini.
Finisce in parità (1-1), invece, il derby isolano tra Cagliari e Palermo. La squadra di Gasperini passa in vantaggio con Ilicic al 30’, ma è incapace di chiudere la gara, così i sardi acciuffano l’1-1 in extremis: cross dalla sinistra di Avelar e colpo di testa vincente di Thiago Ribeiro. Nel finale vengono espulsi dalla panchina Miccoli e Gasperini per proteste. I siciliani, che non vincono dal 24 novembre, rimangono al penultimo posto con 17 punti, a -3 dalla salvezza.
Il posticipo della 22^ è Inter-Torino. Stramaccioni decide di mischiare le carte ad inizio gara e propone un 4-4-2 con Guarin esterno destro e Juan Jesus terzino sinistro. Il Toro risponde con il suo solito 4-2-4, con Meggiorini e Barreto di punta. Il vantaggio nerazzurro arriva immediatamente, dopo cinque giri d’orologio, con un calcio di punizione telecomandato di Chivu. Quando la strada sembra in discesa l’Inter smette di pedalare e il Torino prende il sopravvento con tanta corsa e bel gioco. Il gioco classico di Ventura che con Barreto sembra aver ripescato il tassello che mancava al suo Toro per giocare in maniera spettacolare. I granata giocano a memoria, il brasiliano e Meggiorini scambiano che è una meraviglia e Cerci a destra fa il bello e il cattivo tempo. A fare il resto poi ci pensano i nerazzurri, in particolare Guarin, che al 23’ si addormenta al limite dell’area regalando la palla del pareggio a Meggiorini. Proprio lì però sta il merito del Torino. Una volta riagguantato il pari, i granata non arretrano di un millimetro continuando a macinare gioco e movimento. La rete dell’1-2 che arriva al 53’ è la sintesi della serata con un’Inter passiva ad aspettare il movimento di Glik, palla a Cerci che si beve facilmente Pereira e palla in mezzo a Meggiorini che risorge tra Juan Jesus e Ranocchia. Svantaggio e rivoluzione tattica per Strama che rimette le cose a posto spostando Guarin in mezzo con Zanetti largo e Cambiasso in campo a inserimento continuo. Non a caso il pareggio arriva con questi fattori: azione del capitano nerazzurro a destra, palla dentro e gol del centrocampista argentino. Un gol arrivato con la forza dei nervi più che con il gioco e le idee. Il finale poi diventa un’esercitazione tattica attacco contro difesa e viceversa, ma non segna nessuno. Bianchi colpisce il palo, Handanovic salva sul solito Meggiorini e Gillet su Palacio. Il risultato, però, non cambia più fino alla fine. Un punto ciascuno ma il sorriso è tutto per chi sta dietro.
Per effetto di questi risultati, Juventus sempre in vetta a quota 49 punti, seguita dal Napoli a 46 e dalla Lazio a 43. Cavani spadroneggia nella classifica marcatori (18 gol in 19 partite giocate).
I TOP
Mauro Icardi (SAMPDORIA): Poker nel giorno del ricordo di Garrone. Il Maurito argentino ha soltanto 19 anni, ma segna già tanto e soprattutto segna gol pesanti. Notevoli anche i mezzi tecnici, questo ragazzo diventerà un fuoriclasse. PREDESTINATO.
Riccardo Meggiorini (TORINO): Questo attaccante perennemente contestato quando incontra l’Inter si scatena. È la medicina che lo guarisce dal mal di gol cronico e gli restituisce la gioia dei gol. Non segnava dal settembre 2011, Novara-Inter 3-1. Una pura coincidenza? RISVEGLIATO.
Alessandro Diamanti (BOLOGNA): La testa e il cuore della squadra. Si danna l’anima perché più di chiunque altro vuole vincere, ma un palo e una traversa glielo impediscono. GENEROSO.
I FLOP
Fredy Guarin (INTER): L’errore con cui regala il vantaggio al Toro sarebbe da cerchiare con quattro cerchi rossi, insufficienza piena. È anche vero che in mezzo al campo è l’unico a metterci un po’ di qualità e soprattutto velocità, anche se continua ad avere il vizio di voler fare tutto da solo. Chiaramente non gli vale la sufficienza, però almeno un debito formativo se lo prende. RIMANDATO.
Mauro Goicoechea (ROMA): Non tiene un pallone che sia uno. Il sospetto è che Stekelenburg, in panchina, avrà goduto. Eccome. MANI DI RICOTTA.
Marco Capuano (PESCARA): Tra i tanti disastrosi giocatori del Pescara abbattuto a Genova scegliamo l’under 21 azzurro. Icardi gli fa vedere i sorci verdi, se lo perde in tutti e quattro i gol e sfodera una prestazione tutt’altro che invidiabile, per usare un eufemismo. RACCAPRICCIANTE.