Revisione pianta organica farmacia – Consiglio di Stato Sentenza 00309/2013
sul ricorso numero di registro generale 5233 del 2001, proposto da:
Farmacia Cruciani Pietro & C. S.n.c., rappresentato e difeso dagli avv. Ranieri Felici, Sergio Del Vecchio, con domicilio eletto presso Sergio Del Vecchio in Roma, viale Angelico, 38;
contro
Regione Marche, rappresentato e difeso dall’avv. Gabriella De Berardinis, con domicilio eletto presso Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini N. 41;
Comune di Montecosaro, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Galvani, Bruno Riccardo Nicoloso, con domicilio eletto presso Enrico De Bernardinis in Roma, Lungotevere della Vittoria 9;
Azienda Unita’ Sanitaria Locale N.8 di Civitanova Marche, Azienda Speciale Farmacia Comunale di Porto Recanati, Consiglio Regionale delle Marche, Comune di Porto Recanati;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE – ANCONA n. 00679/2000, resa tra le parti, concernente revisione pianta organica farmacia
Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 00309/2013 del 21.01.2013
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Marche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 novembre 2012 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Forte su delega di Felici, De Berardinis e Nicoloso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società appellante, già ricorrente in primo grado, è titolare della sede farmaceutica n. 1 in Comune di Montecosaro (Macerata) il cui esercizio è ubicato nella frazione Montecosaro Scalo (detta anche Borgo Stazione). Fino all’emanazione degli atti impugnati nel presente contenzioso, aveva anche la gestione di un dispensario farmaceutico ubicato nel capoluogo comunale.
La Regione Marche, con delibera 29 luglio 1997, n. 1971, ha modificato la pianta organica delle farmacie, prevedendo l’istituzione nel Comune di Montecosaro di una seconda sede farmaceutica, ubicata nel capoluogo comunale; e la cessazione del dispensario. La variazione della pianta organica è stata fatta a norma dell’art. 104 del testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dalla legge n. 362/1991, vale a dire con l’applicazione del criterio “topografico” in deroga al criterio ordinario e generale “demografico”.
La società appellante ha impugnato la delibera regionale davanti al T.A.R. Marche (ricorso n. 1181/1997) contestando con vari motivi di legittimità sia la decisione di istituire una nuova farmacia, sia quella di chiudere il dispensario. L’istanza cautelare è stata accolta dal T.A.R. al limitato effetto di consentire la proroga dell’esercizio del dispensario sino alla effettiva entrata in esercizio della nuova farmacia.
2. Con un secondo ricorso al T.A.R. Marche (n. 770/1998) la stessa società ha impugnato gli atti adottati dal Comune di Montecosaro e dall’Azienda U.S.L. n. 8 di Civitanova Marche per l’affidamento della gestione della nuova farmacia e per la effettiva chiusura del dispensario.
3. Il T.A.R. ha riunito i due ricorsi e li ha decisi con sentenza n. 679/2000, respingendo il primo e, in parte, anche il secondo, dichiarato inammissibile per il resto.
4. La società interessata ha impugnato la sentenza davanti a questo Consiglio.
Resistono la Regione Marche e il Comune di Montecosaro. Le altre parti intimate non si sono costituite.
5. La Regione ha recentemente eccepito l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse, in ragione del fatto che l’appellante ha trascurato di impugnare nuovamente e distintamente i periodici atti di revisione della pianta organica, i quali, nulla innovando, hanno tacitamente confermato l’istituzione della seconda sede farmaceutica del Comune.
Il Collegio osserva che tale eccezione potrebbe valere, al più, limitatamente all’oggetto del primo dei due ricorsi proposti in primo grado, non anche all’oggetto del secondo. Quest’ultimo invero è basato sulla prospettazione di (supposti) vizi propri degli atti sopravvenuti, ed è stato proposto a tutela di un (preteso) interesse legittimo diverso da quello asseritamente leso dalla modifica della pianta organica.
Peraltro, anche in relazione al primo ricorso sussistono profili di interesse a ricorrere che, ad avviso del Collegio conservano la loro attualità, anche se fosse da condividere la tesi che per effetto delle sopravvenute riapprovazioni la pianta organica sia divenuta inoppugnabile.
Si deve dunque passare all’esame del merito del primo ricorso.
6. Com’è noto, la legislazione farmaceutica prevede, fondamentalmente, che il numero delle sedi farmaceutiche in ciascun Comune sia parametrato al numero dei residenti (c.d. criterio demografico); in deroga e a titolo eccezionale l’art. 104 t.u.l.s. consente che in occasione della revisione della pianta organica si istituisca una ulteriore sede con il c.d. criterio topografico, per dotare di un esercizio farmaceutico una località lontana dalla sede delle altre farmacie.
Trattandosi di previsione eccezionale, l’art. 104 (nel testo modificato dalla legge n. 362/1991) ne stabilisce restrittivamente le condizioni: quella facoltà può essere esercitata solo nei comuni fino a 12.500 abitanti e una sola volta in ciascun Comune; il nuovo esercizio deve essere ubicato a non meno di 3000 metri dal più vicino; l’istituzione della nuova farmacia deve essere giustificata da esigenze effettive (particolari condizioni di viabilità, etc.).
Ora, nel caso in esame, è incontroverso che il Comune di Montecosaro ha meno di 12.500 abitanti (tanto è vero che nel 1997 non vi erano i numeri per istituire una seconda farmacia con il criterio ordinario); che non vi sono altre sedi farmaceutiche istituite in deroga; e che la distanza del capoluogo comunale rispetto alla farmacia esistente è alquanto superiore a 3000 metri.
I requisiti prescritti tassativamente dalla legge sono dunque tutti presenti.
7. Resta da vedere se siano presenti anche quelle ulteriori condizioni che sono rimesse dalla legge all’apprezzamento discrezionale della Regione: cioè, in sostanza, quell’insieme di circostanze di fatto (viabilità, etc.) che richiedono, o comunque giustificano, l’istituzione di una farmacia a servizio di quella determinata località.
Il T.A.R. ha osservato che le valutazioni discrezionali compiute nella fattispecie resistono al sindacato di legittimità. Quanto detto sul punto dal T.A.R. può senz’altro essere fatto proprio da questo Collegio.
Vi è, tuttavia, una ulteriore considerazione che rafforza quelle conclusioni.
La prova migliore e decisiva che la ubicazione di una farmacia nel capoluogo di Montecosaro sia necessaria o quanto meno opportuna è data proprio dalla circostanza che in quel luogo un esercizio farmaceutico vi era già: il “dispensario farmaceutico”, affidato alla gestione della società attuale appellante, che viene soppresso per far luogo alla nuova farmacia.
In effetti, i provvedimenti avversati nel presente contenzioso hanno il senso e l’effetto di sostituire il preesistente dispensario con una farmacia in piena titolarità.
8. Ci si può chiedere, semmai, se il vizio di legittimità non consista proprio in ciò: che sia stata fatta una operazione sostanzialmente inutile dal punto di vista dell’interesse pubblico, perché quella esigenza alla quale si voleva rispondere era già soddisfatta, grazie al dispensario gestito dalla società appellante.
A questa obiezione si deve però rispondere che nel sistema normativo vigente il dispensario si configura come una soluzione di breve periodo, destinata ad essere sostituita con una farmacia in piena titolarità.
8.1. Secondo la originaria formulazione della legge n. 221/1968, art. 1, commi terzo, quarto e quinto, il dispensario farmaceutico poteva essere istituito nelle località minori e più isolate «ove manchi o non sia aperta la farmacia prevista nella pianta organica»: espressione non chiarissima, ma che si può ragionevolmente interpretare nel senso che il dispensario può essere istituito nelle località nelle quali non sia prevista, dalla pianta organica, alcuna farmacia, ovvero ne sia prevista una che però non sia (ancora) aperta, vale a dire che sia priva di un titolare non essendo stata messa a concorso.
Verosimilmente il dispensario farmaceutico nel capoluogo di Montecosaro era stato istituito in base a questa disposizione; ed era stato affidato, come previsto dalla stessa legge, al titolare della sede farmaceutica più vicina.
8.2. In seguito, però, l’art. 1 della legge n. 221/1968 è stato modificato dalla legge n. 362/1991; per il nuovo testo, per l’apertura di un dispensario è condizione necessaria che nella località interessata vi sia una sede farmaceutica prevista in pianta organica, ma non (ancora) assegnata o comunque non attivata.
Si potrebbe discutere se la modifica normativa riguardi anche i dispensari già in esercizio al momento della sua entrata in vigore. In caso affermativo, si dovrebbe concludere che la modifica di pianta organica avversata dall’appellante era invece necessaria proprio perché il dispensario potesse rimanere in funzione, in attesa che si insediasse il nuovo titolare.
Ma anche senza spingersi a tanto, la nuova normativa del 1991 contribuisce ad escludere che la modifica di pianta organica concernente la località di Montecosaro capoluogo sia viziata da manifesta illogicità.
9. E’ infondata anche la censura relativa all’asserito vizio di incompetenza, prospettato con l’argomento che gli atti regionali impugnati hanno l’effetto di disporre la chiusura del dispensario, laddove la competenza di istituire dispensari o chiuderli sarebbe propria esclusivamente del Comune.
Ed invero, la Regione, modificando la pianta organica ed istituendo una sede farmaceutica aggiuntiva in Montecosaro capoluogo, si è attenuta rigorosamente alle proprie competenze. Se, poi, la modifica di pianta organica produce effetti riflessi sulla sorte del dispensario preesistente in quella località, è questione diversa e non coinvolge il problema delle competenze.
10. In conclusione, il rigetto del primo ricorso deve essere confermato, anche per le ulteriori considerazioni svolte in proposito dal T.A.R. e che si ritiene superfluo qui riprodurre.
11. Si passa ora all’esame del secondo ricorso.
Esso è stato respinto nella parte in cui riproduceva (a titolo di illegittimità derivata) le censure già esposte nel primo ricorso; e per questa parte non vi è nulla da aggiungere.
E’ stato invece dichiarato inammissibile nella parte in cui deduceva vizi propri degli atti concernenti la gestione della nuova farmacia da parte del Comune di Montecosaro, che ne aveva assunta la titolarità. Al riguardo il T.A.R. ha osservato che una volta appurato che la nuova farmacia è stata istituita legittimamente, e che il Comune altrettanto legittimamente ne ha assunta la titolarità, il gestore dell’altra farmacia non ha titolo né interesse a contestare le modalità adottate dal Comune per organizzare la gestione della nuova farmacia comunale.
12. Questo Collegio, accogliendo sul punto l’appello della originaria ricorrente, ritiene invece che la Farmacia Cruciani s.n.c. fosse legittimata a ricorrere ed avesse un interesse, oltre che legittimo, concreto ed attuale.
Si può prescindere dall’esame della questione se la legittimazione e l’interesse a ricorrere derivassero, nella specie, dalla qualità di titolare della sede farmaceutica n. 1, in quanto derivavano comunque dalla qualità di gestore pro tempore del dispensario preesistente nella località di Montecosaro capoluogo.
Si è visto, infatti, che l’art. 1 della legge n. 221/1968, come modificato dalla legge n. 362/1991, prevede l’apertura di un dispensario farmaceutico nei centri abitati minori, «ove non sia aperta la farmacia privata o pubblica prevista nella pianta organica». Pertanto, ciò che determina la cessazione del dispensario non è l’istituzione della farmacia in pianta organica, e nemmeno la sua assegnazione in titolarità, ma il fatto che la nuova farmacia venga effettivamente aperta e messa in esercizio dal nuovo titolare. In questo caso, per di più, a seguito della sospensiva concessa dal T.A.R. la Regione aveva esplicitamente disposto che la gestione del dispensario proseguisse sino a che il Comune non fosse stato in grado di mettere in esercizio (s’intende, in modo legittimo) la nuova farmacia comunale.
Ne consegue che l’appellante aveva un interesse qualificato a contestare la legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune, nella sua qualità di titolare della farmacia, ne organizzava l’esercizio.
13. Nel merito, si ricorda che l’art. 10 della legge n. 362/1991 disponeva che le farmacie di cui sono titolari i Comuni potessero essere gestite: (a) in economia; (b) a mezzo di azienda speciale (s’intende, istituita dallo stesso Comune a norma della legislazione in materia); (c) a mezzo di consorzio con altri Comuni; (d) a mezzo di una società di capitali “mista”, il cui socio pubblico è necessariamente il Comune, e i soci privati i farmacisti che al momento della costituzione della società, prestino servizio nelle farmacie di proprietà dello stesso Comune (questa formula per ovvie ragioni non poteva essere adottata nella fattispecie).
Non a caso non erano previsti l’appalto o la concessione a soggetti esterni, in quanto una soluzione di questo genere sarebbe stata contrastante con la ratio dell’assunzione della titolarità da parte del Comune; in ogni caso, supposto che tale soluzione fosse ammissibile, secondo i princìpi generali la scelta del contraente doveva essere fatta mediante una procedura di evidenza pubblica..
In concreto, il Comune di Montecosaro ha scelto la gestione “in economia”; espressione che di per sé significa gestione diretta a mezzo di personale alle proprie dipendenze e con capitali propri. Tuttavia, mantendendo formalmente la denominazione di “gestione in economia”, di fatto ha affidato l’esercizio della farmacia all’azienda speciale farmaceutica di un altro Comune, Porto Recanati, appartenente alla stessa Provincia ma non confinante né consorziato e, a quanto è dato sapere, neppure interessato in alcun modo (considerate anche le distanze) ai servizi resi dalla farmacia di Montecosaro capoluogo.
L’affidamento all’azienda speciale di Porto Recanati è stato realizzato mediante una convenzione (stipulata direttamente con l’azienda, non con il Comune di Porto Recanati) che, in sintesi, prevede che l’azienda gestisca la farmacia con le proprie risorse, in piena autonomia, e facendo suoi anche i proventi, salvo versare al Comune di Montecosaro il trenta per cento degli utili (in caso di perdite queste saranno a carico del Comune di Montecosaro per il settanta per cento).
Non sembra che occorrano molte argomentazioni per concludere che questa formula organizzativa non rientra in alcuna delle previsioni dell’art. 10 della legge n. 362/1991; ed è significativo che il Comune di Montecosaro abbia creduto di poter eludere tale problema qualificando il rapporto come “gestione in economia”: qualificazione manifestamente non appropriata.
In verità, con questa formula il Comune di Montecosaro ha surrettiziamente dato la farmacia in appalto (o meglio in concessione, intendendosi per tale il rapporto nel quale la remunerazione del prestatore del servizio è costituita dai proventi della gestione) all’azienda speciale di un altro Comune; ma si è visto che questa soluzione non era compatibile con la normativa (tanto è vero che il Comune l’ha dissimulata sotto il nome di “gestione in economia”).
Sotto questo profilo, dunque, le deduzioni dell’appellante sono fondate, in rapporto alla normativa vigente all’epoca dei fatti.
14. L’appellante, oltre a sostenere che il Comune di Montecosaro non poteva affidare la gestione della farmacia all’azienda speciale di Porto Recanati, aggiunge che quest’ultima, a sua volta, non poteva, per vincoli di legge, assumere la gestione di una farmacia totalmente estranea al territorio e alla sfera d’interessi del proprio Comune di riferimento. Semmai, i due Comuni avrebbero potuto consorziarsi o costituire una unica azienda di tipo consortile, sempreché vi fosse un comune e reciproco interesse a organizzare unitariamente il servizio per una sua migliore funzionalità. Ma in tal caso, osserva ancora l’appellante, si sarebbero dovute seguire tutt’altre procedure e tutt’altri criteri programmatici e organizzativi.
Anche questa tesi dell’appellante appare fondata, in rapporto alla normativa vigente all’epoca dei fatti.
Si può richiamare la massima della decisione Cons. Stato, sez. V, n. 475/1998: «L’azienda municipalizzata di un comune può anche estendere il proprio servizio in un altro comune, ma a patto che ciò realizzi un’integrazione funzionale della propria attività con quella del comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell’ente che l’ha costituita; pertanto, il comune non può “spogliarsi” semplicemente di un servizio in favore di un’azienda istituita da un comune viciniore». Nel testo della sentenza si legge fra l’altro: «La strumentalità dell’attività dell’azienda alle finalità dell’ente territoriale [di appartenenza] giustifica l’orientamento giurisprudenziale, condiviso dal collegio, secondo cui l’estensione dell’attività delle aziende speciali al di fuori del territorio dell’ente locale che le ha costituite presuppone comunque un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale (sez. VI 29 novembre 1988, n. 1291) e richiede il rispetto di regole procedimentali e limiti sostanziali posti da norme positive (sez. V 3 agosto 1995, n. 1159)».
Nello stesso senso si può vedere anche Cons. Stato, sez. V, n. 243/1997.
Va notato che le decisioni ora citate si riferiscono a servizi pubblici diversi dalle farmacie, per le quali ultime, come si è visto, vi era una disciplina più restrittiva, mentre per gli altri servizi vigeva l’art. 5 d.P.R. 4 ottobre 1986 n. 902, che espressamente consentiva ad un Comune di avvalersi dell’azienda speciale di un altro Comune, previa convenzione fra i due enti. Pertanto, anche volendo supporre che alle farmacie dovesse estendersi la disciplina allora vigente per la generalità dei pubblici servizi, nella fattispecie le modalità prescelte dal Comune di Montecosaro si dovrebbero comunque giudicare illegittime, per mancanza di presupposti sostanziali (la contiguità territoriale e l’integrazione funzionale) e per carenze procedimentali (mancata stipulazione di una convenzione fra i due enti locali).
15. Riassumendo e concludendo, il Collegio ritiene di confermare la sentenza appellata, per quanto riguarda la decisione del ricorso n. 1181/1997, e di riformarla per quanto riguarda la decisione del ricorso n. 770/1998; di conseguenza quest’ultimo ricorso s’intende accolto con l’annullamento degli atti impugnati con il medesimo.
Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto lo accoglie parzialmente, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 23 novembre 2012 e dell’11 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)