Giustizia

A Salerno presentazione del libro di Ettore Randazzo “…e forse una condanna al silenzio!”

Il LA.P.E.C. di Salerno e l’interclub ROTARY di Salerno e Provincia, con il patrocinio del Consiglio dell’ Ordine degli Avv.ti di Salerno, la Camera Penale Salernitana, l’A.N.M. sez. di Salerno e BrunoLibri, hanno organizzato per il 25 GENNAIO 2013, alle ore 18,30, presso il Grand Hotel Salerno, Sala Tafuri B, la presentazione del libro di Ettore Randazzo …e forse una condanna al silenzio!

La trama del romanzo è interessante, intrigante e drammaticamente attuale!

L’autore coinvolge subito il lettore in un romanzo a tratti surreale (ma forse non tanto per chi opera nel mondo giudiziario), denso di riferimenti che stimolano ad importanti riflessioni….è tutto da leggere e scoprire!

Interverranno l’Avv. Paolo Carbone, la Dott.ssa Lucia Pozzi e la Prof.ssa Anna Rotunno; conclude l’Avv. Ettore Randazzo; modera Avv. Giovanni Sofia

Agli Avv.ti e P.Avv. sono riconosciuti n.3 crediti formativi in deontologia.

Ingresso libero

Scarica la locandina dell’evento
Ecco la recensione di Paolo Di Stefano del “Corriere della Sera”.

NARRATIVA L’ AVVOCATO ETTORE RANDAZZO SI PRENDE GIOCO DEL SISTEMA GIUDIZIARIO

La condanna diventa una parodia

Capo d’ accusa Un innocente è accusato da un fantomatico Garante di aver offeso la sacralità della Lingua

Un famoso avvocato penalista, Ettore Randazzo, scrive un romanzo che mette alla berlina la giustizia, facendola diventare, più che macchietta, parodia prima comica poi sempre più angosciante. E forse una condanna al silenzio (pubblicato dalle Edizioni ETS di Pisa, pagine 132, 12) è la storia di un professore liceale di lettere, Franco Eremita, denunciato da un fantomatico organismo giudiziario neo costituito e denominato «Garante della Madre Lingua» per avere oltraggiato la lingua italiana: Eremita ha pubblicato presso l’ editore Il Fico d’ India un saggio, intitolato In viaggio con le parole, in cui vengono ravvisati elementi blasfemi contro la sacralità e la storia aurea della nostra lingua, enfatizzandone l’ omologazione e l’ imbarbarimento senza mostrare nessuna competenza filologica. Un capo d’ accusa confuso e decisamente pretestuoso, infarcito di goffi burocratismi, che minaccia di condannare il povero insegnante a un «ergastolo linguistico», e cioè al dialetto o al silenzio. Precipitato in una sorta di Truman Show giudiziario senza capo né coda, nel processo-farsa che verrà istruito il protagonista affida la sua difesa a un principe del foro, l’ amico Orazio Oravediamo, professionista illuminato che riuscirà, dopo un faticoso procedimento, a tirarlo fuori dai guai. La prima parte del romanzo ricostruisce in prima persona il crescendo di incredulità e di rabbia dell’ imputato, la sua ondeggiante fiducia nella giustizia, soprattutto il labirinto kafkiano di un innocente che sa di essere tale ma non riesce a evitare un inspiegabile senso di colpa. Si viene a sapere, tra l’ altro, che la presunta infrazione è stata segnalata al Garante da una funzionaria della casa editrice con la speranza che il caso giudiziario favorisca le vendite del libro. Pur con qualche rigidità stilistica, che avrebbe potuto essere evitata da un accorto editing, Randazzo riesce a rendere credibile l’ inverosimile, mettendo in scena la cecità burocratica di un regime para-orwelliano e le figurine ridicole che vorrebbero incarnarlo (giudici improvvisati quali il dottor Vindice e il presidente Tronfietti Stanchi) ma senza successo. Come si diceva, il comico si colora sempre più di angoscia (particolarmente efficaci le pagine conclusive in attesa del verdetto), fino allo sfogo finale del protagonista, che durante la lettura della sentenza perde il controllo dei nervi e sommerge i giurati di coloriti improperi. La seconda parte del libro propone il «corpo del reato», e cioè il saggio linguistico del professor Eremita: un acuto pamphlet sullo stato della lingua italiana, dal tono confidenziale e insieme prezioso, dove non si fatica ad apprezzare le considerazioni – colme di citazioni classiche e moderne – sulla retorica, sulla vuota logorrea dominante nel dibattito pubblico, sulla comunicazione verbale in ambito giudiziario, sulla relazione tra parola, gestualità e «sicilitudine», sui pregi del silenzio: il tutto condito da una vivace ricchezza di aneddoti e apologhi. È un Randazzo illuminista, al quale un eventuale Garante della Lingua e della Civiltà non potrebbe che essere grato. (Di Stefano Paolo)

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