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Serie A 21^ GIORNATA: Pogbang! E la Juve torna a correre… – di Angelo Abbruzzese

pofdbaLa 21^ giornata del campionato di Serie A, nonché seconda di ritorno, si apre con il caldissimo anticipo delle 18, che vede impegnata la Lazio in quel di Palermo. Rosanero alla disperata ricerca di punti e autostima, biancocelesti vogliosi di raggiungere, almeno per qualche ora, la vetta della classifica. La partita inizia secondo copione. Il Palermo parte di corsa ma ci vuole ben altro per stordire la Lazio sorniona di questa stagione. Rios e Kurtic cercano di tenere sotto scacco la trequarti biancoceleste non accorgendosi di fare il gioco opposto: occupati a guardare Hernanes e Mauri, lasciano Ledesma libero di lanciare in rete Floccari. Il gol è un delizioso pallonetto di testa: beffati Ujkani, immobile, Aronica e Von Bergen, che se lo sono perso, e Gasperini, con cui l’attaccante si era lasciato amaramente a Genova. Messa la partita sui giusti binari, Petkovic esorta i suoi ad abbassare i ritmi senza rinunciare a giocare. Il Palermo affonda a sinistra ma gli unici pericoli arrivano dallo schema “palla a Miccoli”, Marchetti prima si supera sul suo destro, poi ringrazia Biava che libera l’area dopo un’azione personale del capitano rosanero. Il primo tempo si chiude tra le proteste del Palermo, che sfoga su Rocchi tutta la rabbia di un risultato che acuisce la crisi. L’intervallo fa bene ai padroni di casa, che rientrano in campo con le idee un po’ più chiare. Nulla di trascendentale, ma quanto basta per costringere gli avversari a giocare venti metri più bassi. La Lazio accetta la situazione e difende, a volte in modo confusionario, per poi ripartire come nell’occasione del raddoppio di Floccari, annullato per fuorigioco che non c’è assolutamente. Il mancato colpo del ko galvanizza il Palermo che in un minuto trova la forza addirittura di ribaltare la partita. Gol simili, arrivati con fin troppa facilità: il primo, del mastino Arevalo Rios, arriva su un cross di Dossena e il non intervento di tutti i giocatori presenti in area, mentre sul raddoppio di Dybala è strepitoso Miccoli nell’assist, ma stranamente disattenta la difesa laziale in copertura. Sotto shock, la Lazio cerca di riprendere il filo del gioco. Con difficoltà, ma con la forza di una grande squadra. È sempre Floccari ad essere protagonista: costringe al rigore Garcia, trasformato con qualche brivido dal solito Hernanes. Arriva il 2-2, risultato tutto sommato giusto. La panchina di Gasperini (per ora) è salva: il bel Palermo che ha fermato la Lazio deve essere un modello per tutte le altre partite; la Lazio, invece, perde terreno dalla vetta: la Juventus, lassù, non può più sbagliare.

È proprio la Juventus la grande protagonista del secondo anticipo in programma. Allo Stadium arriva un’Udinese in gran forma, ma priva del suo capitano, Di Natale. Anche la Juve è in completa emergenza: fuori, per infortuni vari, Pirlo, Marchisio e Quagliarella, oltre ai soliti Chiellini, Pepe, Bendtner e Asamoah. Nessuna abbondante nevicata ma soltanto leggero nevischio, ed ecco che allora il pubblico juventino si aspetta una reazione convincente dopo le ultime prestazioni poco brillanti della squadra. Lichtsteiner, Vidal e Giaccherini vanno vicini al gol, che non riesce proprio ad arrivare, anche per la bravura di Padelli: un copione visto tante, troppe volte dai tifosi bianconeri. L’Udinese sta a guardare e si affida alle parate del suo portiere, che, però, nulla può sul bolide di Paul Pogba al minuto 41. Un mix di tecnica, sana follia sportiva e istinto, che manda in visibilio tutta l’Italia concentrata a guardare la partita e pietrificato l’incolpevole Padelli. Ma se è vero che trovare un gol così può anche essere “facile”, da qualcuno può anche essere interpretato come un colpo di “fortuna”, la bravura di Pogba è stata un’altra. Il gol in primis ha coronato una partita da diga davanti alla difesa da applausi inoltre, sempre con quel pizzico di follia dettata dai 19 anni e dalla sfrontatezza che non ha mai nascosto, nel miglior momento dell’Udinese (minuto 66) nella ripresa, ha saputo bissare il suo destro da distanza notevole: 2-0 e sipario sul match con un pubblico in delirio. Pogba ha saputo aprire e chiudere la partita a suo modo, dunque. Un match che poi è scivolato via dalle mani dell’Udinese che ha alzato bandiera bianca (neanche l’ingresso di Totò Di Natale riesce a scuotere i friulani) scoprendosi alle ripartenze di Vucinic e compagni. Il montenegrino trova il punto del 3 a 0 grazie all’intervento un po’ goffo di Padelli ma si prende il giusto premio per una partita giocata a buoni livelli anche se non ancora al top. Nel finale c’è spazio anche per Matri, bravo a infilarsi nella difesa di Guidolin e trovare il 4-0 su assist al bacio di Vucinic. Udinese spazzata via con quattro reti, proprio come all’andata. La Juventus, dunque, torna a vincere e ad allungare in vetta alla classifica. Ha 19 anni, è francese e avrà costretto Sir Alex Ferguson a bersi qualche bicchiere in più di buon vino rosso per una sera. In poche parole Paul Pogba, fuoriclasse in erba e gioiello fatto e finito della società Juventus. Spacca la partita in due come solo i grandi giocatori sanno fare: la sensazione è che stiamo già parlando di un fenomeno vero.

Dopo uno scoppiettante sabato di Serie A, si riparte con l’anticipo delle 12.30 tra Fiorentina e Napoli. Viola imbattuti ogni volta che hanno giocato all’ora di pranzo, azzurri carichi dopo la restituzione dei due punti e l’assoluzione di Cannavaro e Grava. La Fiorentina si schiera con il solito 3-5-2: terzetto difensivo composto da Roncaglia, al rientro, Rodriguez e Savic, a centrocampo Romulo prende il posto di Pizarro con Aquilani spostato in mediana, mentre Toni affianca Jovetic. Il Napoli, invece, si presenta con Pandev insieme a Cavani, alla ricerca del 100° gol in Serie A e capitan Cannavaro inizialmente in panchina; in panchina ci vanno anche Calaiò e Armero, i due nuovi arrivati. La partita si dimostra subito accesa, con due squadre che non rinunciano mai a mettere la gamba (come dimostrano i sei ammoniti finali e sarebbero dovuti essere di più), regalando spettacolo anche se solo a tratti. Montella si affida alla condizione stratosferica dei suoi due esterni di centrocampo e alla voglia di riscatto del suo giocatore di maggior talento, Jo-Jo. Se il palleggio fiorentino era prevedibile considerato l’elevato tasso tecnico della squadra, quel che davvero sorprende è il dominio viola nel territorio che, da sempre con Mazzarri, è prerogativa del Napoli: corsa e intensità. Maggio e Zuniga paiono in campo con delle zavorre, Behrami e Inler sono costantemente in ritardo e vengono ambedue costretti all’ammonizione. Davanti, poi, Savic, Rodriguez e Roncaglia annullano sistematicamente ogni tentativo di Pandev e Cavani. In un simile contesto di totale equilibrio, per sbloccare la partita c’è bisogno di un’invenzione o, viceversa, di un clamoroso errore. De Sanctis opta per la mega papera e regala il vantaggio alla Fiorentina. Minuto 33: Facundo Roncaglia lancia lunghissimo da metà campo, il portiere azzurro calcola male i tempi dell’uscita e va a sbattere contro Britos; nel frattempo, la sfera si infila in porta e la Viola è avanti 1-0. Il Napoli fa decisamente poco per reagire, nel senso che il (sotto)ritmo rimane il medesimo e anche a livello tattico non ci sono variazioni che scuotono la squadra. Così, a tre minuti dall’intervallo, ecco il lampo del campione che rimette in carreggiata i compagni: Hamsik, su punizione, mette al centro da sinistra e Cavani, di testa, anticipa proprio Roncaglia e fa 1-1. Gol numero cento, dunque, per il Matador, il diciassettesimo in questo campionato. Il secondo tempo si sviluppa sulla falsariga del primo, con la Fiorentina che prova soltanto a costruire qualcosa e il Napoli che si affida al contropiede. La gara potrebbe cambiare al 51’, quando Behrami (già ammonito) entra da dietro su Cuadrado e lo stende. Bergonzi decide di graziarlo e Mazzarri, cinque minuti più tardi, toglie lo svizzero per inserire Dzemaili. Episodio fotocopia a quello accaduto il 3 novembre scorso a Torino, con protagonista Lichtsteiner. Il tecnico partenopeo passa al tridente a 20 minuti dal termine: dentro Insigne e fuori Gamberini, per un modulo che diventa 4-2-3-1. Il Napoli, anche con le tre punte, fatica decisamente a pungere anche se a Pandev, a sette minuti del termine capita, l’occasione che potrebbe valere il match: cross da sinistra di Britos su cui arriva il macedone, che colpisce di testa ma trova la super risposta di Neto. Al terzo dei quattro minuti di recupero, la Fiorentina potrebbe passare: scambio in velocità tra Cuadrado e Migliaccio, la palla arriva ad Aquilani che da posizione invitante spedisce alto. La Viola, con appena un punto nelle ultime tre gare, rimane staccata di sette punti dalla zona Champions League mentre il Napoli, proprio come la Lazio, vede la Juventus allontanarsi con passo spedito.

Alle 15 l’unica grande a scendere in campo è il Milan di Allegri, che ospita il Bologna. I rossoneri scendono in campo con Abate al posto dell’influenzato De Sciglio, Zapata e Mexes al centro, Boateng in mediana al fianco di Montolivo e Flamini, con Niang (che esordì in Serie A proprio all’andata a Bologna), Pazzini (tre gol all’andata) ed El Shaarawy in attacco. Il Bologna rinuncia, almeno inizialmente, a Gabbiadini, per sfoderare il talento scuola Barcellona Martí Riverola. Nel primo tempo di San Siro si gioca a una porta sola. L’unico guizzo di targa rossoblù arriva appena dopo la mezz’ora, quando è proprio Riverola ad impegnare Abbiati con una conclusione dal limite. Per il resto Gilardino è troppo solo e servito troppo male per poter pensare di far male ai rossoneri. Il Milan non trova il gol ma le occasioni non mancano: si comincia al 13’ quando El Shaarawy entra in area, supera Portanova trovando però sulla sua strada i piedi di Agliardi. I pericoli maggiori per il Bologna arrivano dalle fasce: sulla sinistra Constant stravince il duello su Garics e sulla fascia opposta Niang supera spesso e volentieri il suo diretto avversario Cherubin offrendo un paio di traversoni interessanti che non vendono sfruttati. Al 35’ Constant serve una palla splendida per la testa di Pazzini, ancora Agliardi salva la porta rossoblù. E quattro minuti dopo è il francese a ricevere un pallone telecomandato del connazionale classe 1994 ma poi si fa recuperare. Squadra di Allegri scatenata negli ultimi minuti e Bologna messo all’angolo: ancora bravo il portiere ospite prima in uscita su un traversone tagliato di Flamini e poi in presa su tentativo di El Shaarawy. Nella ripresa la trama non cambia: Milan sempre avanti a testa bassa per rompere il digiuno e Bologna arroccato in difesa, che non riesce a impostare mezza azione. La porta dei rossoblù sembra stregata: Portanova stoppa la conclusione di Mexes, Pazzini sbaglia clamorosamente la girata su cross di Abate e ancora Agliardi nega la gioia a El Shaarawy. Al 65’ il sortilegio si spezza: Pazzini aggancia in area, supera fortunosamente Antonsson e calcia in porta trovando la deviazione decisiva del difensore svedese che spiazza il suo portiere. Il Pazzo non si ferma qui e all’82’ segna anche il raddoppio (che corrisponde, curiosamente, al suo quinto gol in due partite al Bologna in questa stagione) dopo un gran controllo e una conclusione che finisce in rete. Partita finita qui? Neanche per sogno. Perché Mexes devia involontariamente una sponda di testa di Pasquato e infila il pallone nella propria porta, ridando coraggio alla squadra di Pioli, che mette in apprensione la difesa rossonera: Constant anticipa Pasquato, cercato in area da Gabbiadini. Il risultato non cambia più e il Milan può così festeggiare una vittoria che lo avvicina sempre di più alle parti alte della classifica: il quinto posto, alla fine, è a soli due punti.

Il Torino espugna Pescara per 0-2 e ottiene l’11° punto nelle ultime 5 partite. Gli uomini di Ventura dominano incontrastati tutto il primo tempo, segnando per due volte, con Santana e Cerci, dopo un bello scambio con Meggiorini. Il Pescara subisce troppo passivamente, dando la netta impressione di esser rimasto negli spogliatoi. La reazione abruzzese, nella ripresa, è sterile, anzi è ancora il Toro a sfiorare il gol con il palo colpito da Meggiorini nel finale. All’85’ viene espulso Weiss per doppia ammonizione (entrambe per simulazione) e, in seguito, anche l’allenatore Bergodi, particolarmente nervoso. Continua il momento ottimo dei granata, mentre il Pescara dovrà affidarsi, forse, ai nuovi innesti per ritrovare un po’ di serenità.

Un gol per tempo e Chievo-Parma finisce 1-1. Allo stadio “Bentegodi” partono meglio i padroni di casa che, però, non riescono a capitalizzare due buone occasioni con Thereau, così è Ishak Belfodil a sorprendere Puggioni al 40’. Per qualche minuto, fino al vantaggio del Milan a San Siro, gli emiliani si gustano persino il piacere di stare al 6° posto. Nella ripresa il Parma, però, si abbassa e il Chievo trova la forza per pareggiare: Paloschi, partito sul filo del fuorigioco, segna con un pallonetto di testa il più classico dei gol dell’ex. Nel finale bravo Mirante è bravo su Thereau e Andreolli. Il Chievo sale a 25 punti, Parma a quota 31, sempre in zona Europa.

Atalanta-Cagliari, per via della neve, comincia con trenta minuti di ritardo. Dopo appena due giri di lancette gli ospiti passano già in vantaggio, grazie alla goffa e sfortunata autorete di Canini (ex di turno) su suggerimento di Sau. I bergamaschi, però, riescono a raddrizzare la partita al 57’, quando Stendardo, in tuffo di testa, trova il gol del definitivo pareggio. L’Atalanta resta anche in 10 per l’espulsione di Giorgi. La crisi dei nerazzurri, in grande difficoltà dopo una lunga serie di risultati negativi, forse si interrompe contro gli isolani; le due squadre, Atalanta a 23 e Cagliari a 20, mantengono rispettivamente 6 e 3 punti sulla zona salvezza.

Anche il Siena rialza la testa, sconfiggendo, al “Franchi” la Samp di Delio Rossi, che veniva da una vittoria e un pareggio. È una rete di Erjon Bogdani, subentrato a Paolucci nella ripresa, a regalare i tre punti a Iachini e a riportare i toscani a ridosso delle altre concorrenti alla corsa salvezza. La partita, prima del gol, è equilibrata e non spettacolare, con il pallino del gioco in mano ai bianconeri, ma nessuno riesce a trovare il guizzo giusto. L’equilibrio lo rompe l’albanese, che sfrutta di testa un cross di Sestu e affonda i blucerchiati. Finale nervosissimo con rissa: espulso Iachini per frasi irriguardose nei confronti dell’arbitro Russo.

Periodo nerissimo, invece, per il Genoa. I rossoblù, sempre terzultimi in classifica, perdono in casa anche contro il Catania. Bergessio, su assist di Gomez, porta avanti gli etnei al 4’, Borriello si divora un gol, Bergessio spreca il raddoppio, che, però, arriva all’86’, con il sinistro piazzato di Pablo Barrientos. Non accenna a fermarsi, dunque, il momentaccio dei liguri, in crisi sia di gioco sia di risultati. Nel finale pesante contestazione dei tifosi al presidente Preziosi che, per tutta risposta, caccia Delneri, rimpiazzandolo con Ballardini.

Il posticipo della 21^ giornata è Roma-Inter. I nerazzurri, che durante la gara ufficializzano la cessione di Sneijder al Galatasaray, si schierano con un 3-4-1-2, con Guarin dietro Palacio e Livaja, Chivu in difesa al posto di Samuel e Cambiasso in panchina; risponde la Roma con il suo solito 4-3-3: De Rossi metronomo di centrocampo, Bradley e Florenzi ai suoi lati, con il tridente delle meraviglie Lamela-Osvaldo-Totti in avanti, con Pjanic che rinuncia per problemi respiratori durante il riscaldamento. Nonostante l’assenza del bosniaco, il centrocampo è ben assortito, anche se molto presto emergono le difficoltà di De Rossi a ritagliarsi un ruolo da protagonista. Con la Roma in totale controllo, Bradley e Florenzi diventano delle chiavi in fase offensiva. Tanti inserimenti, buoni tiri. Che nei primi minuti non impegnano Handanovic ma tingono a chiazze giallorosse l’inerzia della partita. Totti accumula una serie incredibile di giocate a tutto campo, in totale sprezzo dell’età e dell’infortunio che nell’ultimo periodo ne ha un po’ intaccato gli allenamenti. Il capitano è il primo a dare una svolta alla partita, quando un’entrata presuntuosa di Ranocchia finisce col travolgere Bradley nell’area piccola. Il rigore è calciato in modo perfetto e l’Inter è costretta ad inseguire. Prima però rischia di capitolare, quando Osvaldo, servito da un tacco del solito Totti, strozza il destro sul fondo. Al 37’ Livaja esegue un numero d’alta scuola in piena area, ma il palo non lo premia. La Roma cala un po’ e uno svarione difensivo, un attimo prima dell’intervallo, concede a Guarin un cross teso che Palacio appoggia comodamente in rete da due passi: è il gol che vale l’1-1, il primo in trasferta dopo 412 minuti di digiuno interista. La Roma è frastornata e si vede. De Rossi rimane negli spogliatoi per un problema fisico, al suo posto Tachtsidis. La partita entra in una fase di assoluta confusione: tanti lanci, pochissime conclusioni, tutte velleitarie. L’Inter si ricompone in fase difensiva, passando a 4 con l’arretramento di Nagatomo (poi sostituto da Obi). Handanovic brucia in uscita Totti e Osvaldo, poi non succede nulla fino all’ultimo quarto d’ora, quando le pile nerazzurre sono scariche e Stramaccioni, sconfitto già due volte nella sua Roma (dalla Lazio) da quando allena l’Inter, rischia di affondare. Il destino nefasto vuole che le occasioni migliori capitino sui piedi poco raffinati di Piris, che prima stecca e poi alza troppo la mira. Infine Handanovic compie un prodigio sul tentativo di Lamela, altro prototipo di questa Roma zemaniana che continua a sembrare una lucina ad intermittenza. Il pari finale è carico di delusione più che di illusioni. Queste squadre devono ancora crescere, inesorabilmente, per poter ambire a un posto in Europa. Da un lato l’amarezza (giustificata) della Roma, che non vince da prima di Natale e, anziché proiettarsi all’inseguimento della zona Champions, cede al Milan il sesto posto. Dall’altra la cauta soddisfazione dell’Inter che, a corto di uomini ed energie, interrompe una striscia di cinque sconfitte di fila lontano da San Siro. Roma-Inter è stata, dunque, la gara dei verdetti rimandati, tra due squadre che, alla fine, hanno preferito non farsi male.

I TOP

Paul Pogba (JUVENTUS): Guardatevi i due gol, poi ancora e ancora e ancora. Pensate ai 19 anni e alle sue potenzialità in avvenire. In più, se siete amanti della tattica, guardate anche come ha giocato davanti alla difesa in un ruolo che non sente suo, dicono. Bene, se siete amanti del calcio italiano, pensate a Ferguson e fatevi una risatina, sempre con rispetto. Non capita spesso di pescare gioielli del genere da grandi squadre. FORMIDABILE.

Giampaolo Pazzini (MILAN): Ci prova nel primo tempo ma Agliardi svetta sulla sua deviazione di testa. Manca incredibilmente il gol al 59’ su traversone di Abate. Poi spezza l’incantesimo: nell’1-0 viene aiutato dalla fortuna, il raddoppio è un raro oggetto di bravura. E sono 10 in campionato. BOMBER VECCHIA MANIERA.

Alessio Cerci (TORINO): La vittoria granata arriva soprattutto grazie a lui, alle sue invenzioni e, in modo particolare, alla sua rete e al suo assist. La netta impressione è che sia lui il vero faro offensivo di questo Toro. SPINA NEL FIANCO.

I FLOP

Vladimir Weiss (PESCARA): Doveva essere l’uomo in più del Pescara, ma alla fine si ritrova, in tutti i sensi, ad essere quello in meno. Partita sottotono, rovinata ancor di più dall’ingenua espulsione. ASSENTE INGIUSTIFICATO.

Morgan De Sanctis (NAPOLI): Fantozziano e niente più l’errore sul lancio da 55 metri di Roncaglia. Un erroraccio che condiziona la partita intera dei partenopei. PACCHIANO.

Stefano Mauri (LAZIO): Il capitano biancoceleste proprio non riesce a ingranare. Kurtic e Rios lo pressano da vicino e lui non riesce a eludere la marcatura. Non un’invenzione, non un’incursione: la mancata forza offensiva della Lazio passa anche dalla sua inconsistenza. SPENTO.

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