Amministrativa

Esclusione dalla gara per l’affidamento in concessione del complesso immobiliare “ex Foro Boario”di Corso Australia, Padova – Consiglio di Stato Sentenza 000010/2013

sul ricorso numero di registro generale 5457 del 2011, proposto dalla Sinloc Spa – Sistema Iniziative Locali S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Reggio D’Aci, Sergio Dal Prà e Gualtiero Pittalis, con domicilio eletto presso Andrea Reggio D’Aci in Roma, via Federico Confalonieri 5;
contro
Comune di Padova, rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Lorenzoni, Vincenzo Mizzoni e Alessandra Montobbio, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via del Viminale 43;
nei confronti di
Altarea Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Guido Zago e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Confalonieri 5;
sul ricorso numero di registro generale 6061 del 2011, proposto da Altarea Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Franco Zambelli e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Confalonieri 5;
contro
Comune di Padova, rappresentato e difeso dagli avv. Alessandra Montobbio, Vincenzo Mizzoni e Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via del Viminale 43;
nei confronti di
Impresa di Costruzioni Giuseppe Maltauro Spa, Sinloc – Sistema Iniziative Locali Spa;
per la riforma
quanto al ricorso n. 5457 del 2011:
della sentenza del T.a.r. Veneto, Sezione I, n. 463/2011, resa tra le parti, concernente esclusione dalla gara per l’affidamento in concessione del complesso immobiliare “ex Foro Boario”di Corso Australia, Padova;
quanto al ricorso n. 6061 del 2011:
della sentenza del T.a.r. Veneto, Sezione I, n. 464/2011, resa tra le parti, esclusione dalla gara per l’affidamento in concessione del complesso immobiliare “ex Foro Boario”di Corso Australia, Padova;

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n.000010/2013 del 07/01/2013

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Padova e della Altarea Italia S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 novembre 2012 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Andrea Reggio d’Aci, Sergio Dal Prà, Fabio Lorenzoni, Andrea Manzi, su delega degli avv. Luigi Manzi e Guido Zago;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il Comune di Padova con bando del 7 novembre 2008 indiceva una gara per l’affidamento in concessione del complesso immobiliare denominato “ex Foro Boario” di Corso Australia, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con onere di riqualificazione e valorizzazione degli edifici e riutilizzazione ai fini economici dell’area di pertinenza.
Alla procedura partecipavano, dietro lettere di invito del 24 aprile 2009, due soli soggetti, che ne venivano tuttavia esclusi per una ragione comune, riconducibile alla violazione da parte loro del divieto di commistione tra offerta tecnica ed economica. Entrambi avevano infatti indicato, nell’ambito della loro offerta tecnica, il canone di concessione che formava oggetto della loro separata offerta economica.
I concorrenti estromessi proponevano quindi separati ricorsi dinanzi al T.A.R. per il Veneto, contestando la legittimità delle rispettive esclusioni.
Resisteva alle impugnative il Comune di Padova.
Il Tribunale adìto con le sentenze in epigrafe, rese in forma succintamente motivata ai sensi dell’art. 74 del Codice del processo amministrativo, respingeva i due ricorsi.
Le società interessate proponevano allora i presenti appelli dinanzi alla Sezione (la Sinloc – Sistema Iniziative Locali Spa riproponeva anche la propria domanda risarcitoria, disattesa dal T.A.R).
L’Amministrazione si costituiva anche in questo grado di giudizio in resistenza ai gravami delle imprese, deducendone l’infondatezza.
La Altarea Italia Srl si costituiva anche nel giudizio promosso dalla concorrente.
Le appellanti insistevano nelle loro doglianze, argomentazioni e domande con successive memorie.
Alla pubblica udienza del 6 novembre 2012 le due cause sono state trattenute in decisione.
1 La Sezione deve preliminarmente disporre la riunione dei due giudizi, stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.
2 Gli appelli sono infondati.
2a I provvedimenti di esclusione impugnati in prime cure sono stati motivati con l’ascrivibilità ad entrambe le concorrenti di una violazione del principio che impone, nelle procedure secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di tenere rigidamente separate offerta tecnica ed economica. Ambedue le concorrenti avevano infatti indicato, nell’ambito della loro offerta tecnica, anche il canone di concessione, che formava però lo specifico oggetto della loro separata offerta economica.
2b Ai fini della decisione del presente contenzioso non occorrono particolari approfondimenti sull’esistenza e la portata del principio anzidetto, sulla cui vigenza le appellanti convengono: pur aggiungendo, la SINLOC, che la lex specialis della procedura in esame ne avrebbe escluso nello specifico l’operatività (appello, pagg. 6-7); l’ALTAREA (la quale si spinge a riconoscere anche l’ineludibilità della conclusione dell’esclusione delle offerte), che la responsabilità della causa di esclusione andrebbe addebitata in modo esclusivo all’operato comunale (appello, pagg. 3 e 6).
Sembra allora sufficiente qui un richiamo al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nelle procedure indette per l’aggiudicazione di appalti pubblici sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione di gara è tenuta a valutare prima i profili tecnici delle offerte, e solo successivamente le offerte economiche. E’ irrilevante che il bando non detti una specifica disposizione per stabilire quale delle due offerte debba essere esaminata con priorità sull’altra, atteso che l’esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere alle gare pubbliche, in quanto la conoscenza preventiva dell’offerta economica consentirebbe di modulare il giudizio sull’offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti, e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, per il solo fatto di esistere inficia la regolarità della procedura (cfr., tra le tante, C.d.S., V, 25 maggio 2009, n. 3217; 8 settembre 2010, n. 6509; 21 marzo 2011, n. 1734).
Da tale principio deriva il lineare corollario, ricordato dal primo Giudice, per cui le offerte economiche, sempre nel caso di gara secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, devono restare segrete per tutto il tempo occorrente ad evitare che una eventuale conoscenza degli elementi di valutazione di carattere automatico (quale appunto il prezzo) possa influenzare la valutazione degli elementi discrezionali (in tal senso si veda, da ultimo, C.d.S., Ad.Pl., 26 luglio 2012, n. 30). “Talché costituisce violazione degli essenziali principi della par condicio tra i concorrenti e di segretezza delle offerte – principi, questi, di matrice comunitaria che si applicano anche a materie diverse dagli appalti, essendo sufficiente che si tratti di attività suscettibile di apprezzamento in termini economici e che, quindi, valgono anche per le concessioni di beni pubblici (cfr., da ultimo, CdS, IV, 21.5.2009 n. 3145) – l’inserimento, da parte dell’impresa concorrente, di elementi concernenti l’offerta economica all’interno della busta contenente l’offerta tecnica, e ciò senza necessità di espressa menzione da parte della lex specialis di gara” (così le sentenze oggetto del presente appello; analogamente, nel senso che la presenza anche dell’offerta economica nella busta contenente l’offerta tecnica violi il principio anzidetto, v., di recente, V, 11 maggio 2012, n. 2734, nonché 1° marzo 2012, n. 1196, dove è altresì precisato che l’esclusione dalla gara del concorrente che abbia determinato la sovrapposizione vietata si impone anche in assenza di espresse comminatorie espulsive della lex specialis).
2c Ciò posto, la Sezione deve concentrarsi senza indugio sui contenuti della disciplina di gara. Tanto al fine di sottoporre a verifica l’assunto di fondo (di SINLOC) per cui la relativa lex specialis avrebbe escluso, nello specifico, l’operatività dell’anzidetto principio di separazione tra le offerte tecnica ed economica; ma, nel contempo, anche per vagliare il correlato assunto (di entrambi gli appellanti) per cui la commistione tra le due offerte sarebbe stata indotta, in ogni caso, proprio dalle previsioni della legge di gara, alla quale le concorrenti si sarebbero limitate, senza colpa, a dare seguito.
2d Ragioni di linearità espositiva consigliano di premettere le riflessioni svolte sul punto dal Tribunale: “se è vero che tra gli “elementi qualitativi” da indicare nell’offerta tecnica a cui attribuire punteggio vi era, fra gli altri, la “sostenibilità economico-finanziaria documentata da un piano economico-finanziario per la gestione dell’intero complesso asseverato da idoneo istituto di credito, accompagnato da una dichiarazione di disponibilità da parte del medesimo istituto di credito a sostenere l’investimento asseverato…”, è altresì vero che il piano economico-finanziario per l’investimento proposto dall’imprenditore all’ente concedente, al cui sostenimento l’istituto di credito avrebbe dovuto dare la propria disponibilità, poteva e doveva essere spoglio del canone di concessione offerto dall’imprenditore: e ciò non solo perché, pur rappresentando il canone un costo di gestione, era (casomai) necessario ma (certamente) sufficiente che tale costo fosse conosciuto soltanto dall’istituto di credito cui spettava assentire l’intera operazione finanziaria; ma anche e soprattutto perché le offerte economiche, nel caso di aggiudicazione della gara secondo il criteriodell’offerta economicamente più vantaggiosa, devono restare segrete …”.
2e Secondo le appellanti questa impostazione sarebbe passibile di censura.
Le concorrenti insistono, infatti, sulla circostanza che la legge di gara imponeva di includere nell’offerta tecnica (anche) un piano di gestione delle attività economiche che l’offerente intendeva porre in essere, ed annoverava tra i criteri di valutazione quello, appunto, della “sostenibilità economico-finanziaria documentata da un piano economico-finanziario per la gestione dell’intero complesso asseverato da idoneo istituto di credito, accompagnato da una dichiarazione di disponibilità da parte del medesimo istituto di credito a sostenere l’investimento asseverato…”.
Sarebbe stato quindi proprio il Comune ad indurre le concorrenti all’irrituale formulazione delle loro offerte tecniche.
Ciò, in primo luogo, in quanto il Piano preteso nell’ambito dell’offerta tecnica richiedeva per sua natura l’evidenziazione di tutti gli elementi di costo, incluso necessariamente anche il canone in discussione. Onde sarebbe stata proprio la legge di gara a permettere la conoscenza del canone in sede di esame degli elementi tecnici, e dunque a mettere fuori causa il principio della separazione tra offerte tecniche ed economiche.
In ogni caso, poi, gli appelli rimarcano che la stigmatizzata commistione tra elementi tecnici ed economici dell’offerta non sarebbe comunque imputabile ad una colpa delle concorrenti, che non avrebbero fatto altro che attenersi alle regole della procedura, dovendo invece ascriversi alle indicazioni omissive e fuorvianti del Comune.
L’Amministrazione, se del caso, avrebbe potuto e dovuto precisare, nell’ambito della disciplina di gara, che il predetto documento di “sostenibilità economico-finanziaria” doveva omettere qualsiasi indicazione sull’entità del canone oggetto dell’offerta economica. Di contro, la Stazione appaltante aveva mancato di indicare adeguatamente i contenuti e le modalità di presentazione dei documenti integranti l’offerta tecnica (ed il Piano di gestione in particolare).
In conclusione, le esclusioni impugnate sarebbero pertanto illegittime per la ragione che la legge di gara aveva escluso l’operatività in concreto dell’anzidetto principio di separazione, derogandovi, o, quantomeno, perché la commistione tra le due offerte era stata determinata da una colpa del Comune, e non già delle concorrenti.
2f I rilievi così esposti non possono tuttavia trovare adesione.
La lex specialis non recava, in realtà, alcuna indicazione che potesse fornire fondamento all’interpretazione sostenuta dalle appellanti. Né il bando né la lettera di invito richiedevano, infatti, di indicare il canone concessorio nel Piano destinato a confluire nell’offerta tecnica.
Al più, quindi, la ricognizione dell’esistenza della regola di inserire nell’offerta tecnica anche un piano economico-finanziario avrebbe potuto far sorgere, nel lettore, un momentaneo interrogativo sul comportamento da tenere.
Ma tale interrogativo era destinato a dissolversi subito, dinanzi alla chiara indicazione, offerta dalla stessa legge di gara, sulla rigorosa separazione prescritta pur sempre a chiare lettere tra le due offerte, alla stregua di noti principi di settore che non potevano, del resto, non ispirare anche l’interpretazione della lex specialis. La lettera d’invito, come ha ben ricordato il primo Giudice, puntualizzava, difatti, che ciascun concorrente avrebbe dovuto inviare un plico con due buste sigillate, la busta A (relativa all’offerta tecnica), contenente la relazione generale, il progetto tecnico e il piano di gestione, e la busta B (offerta economica), contenente l’indicazione dell’ammontare del canone.
Tanto deponeva, dunque, nel senso che il piano economico-finanziario (P.E.F.), quale componente del Piano di gestione delle attività economiche e, perciò, elemento dell’offerta tecnica, doveva restare del tutto distinto e separato dall’offerta economica, destinata a busta diversa ed autonomamente sigillata.
Merita poi sottolineatura il punto (opportunamente evidenziato dalla difesa municipale) che l’offerta economica alla quale i concorrenti erano chiamati si risolveva proprio, e solo, nell’indicazione del canone annuo di concessione individualmente proposto, non inferiore a 200.000 euro, da riconoscere al concessionario. Di conseguenza, il ritenere -per un attimo- possibile l’indicazione, nel quadro dell’offerta tecnica, anche del canone offerto, varrebbe a privare di ogni giustificazione, in radice, la stessa regola di gara della distinzione materiale tra le offerte mediante il loro inserimento in due separate buste sigillate, giacché farebbe confluire tutt’intera l’offerta economica in seno a quella tecnica, mentre le stesse erano state configurate, invece, come due offerte fermamente distinte e rigidamente separate.
D’altra parte, come hanno posto in luce sia il T.A.R. che la difesa comunale, esistevano più possibilità alternative all’indicazione nel P.E.F. del canone effettivamente offerto. Il canone offerto avrebbe potuto essere prospettato al solo istituto di credito asseverante, senza essere esplicitato nel Piano; oppure in quest’ultimo avrebbe potuto essere indicato soltanto il canone base, con la riserva alla sola offerta economica di quello effettivamente proposto.
Ove mai, infine, un elemento di dubbio sul da farsi fosse davvero residuato (ed è appena il caso di notare che l’interpretazione patrocinata dalle appellanti avrebbe potuto, al più, fornire materia di dubbio, ma certo mai di un ragionevole convincimento), le concorrenti avrebbero avuto, in tal caso, l’onere di indirizzare alla Stazione appaltante una specifica richiesta di chiarimenti sul punto (l’includibilità o meno, nell’offerta tecnica, del canone offerto). Ciò che, mentre ALTAREA ha senz’altro omesso, SINLOC ha fatto solo in apparenza: giacché essa ha formulato un quesito che ai fini in questione si manifesta, invece, diverso, generico ed ictu oculi ultroneo, ossia la richiesta diretta a sapere se il piano economico-finanziario dovesse essere inserito nella busta dell’offerta economica (quesito che, contrariamente a quanto viene ora dedotto, non faceva certo emergere un dubbio sulla includibilità o meno, nello stesso piano, del canone offerto, né adombrava in alcun modo problematiche di commistione tra offerta tecnica ed economica).
2g In conclusione, nella legge di gara non può essere rinvenuta né una deroga al principio di separazione tra offerta tecnica ed economica, né una giustificazione della violazione di questo da parte delle appellanti.
Nessuna negligenza, né perciò responsabilità di sorta, può essere dunque imputata al Comune.
Una volta ricostruiti i contenuti della disciplina di gara, la Sezione concorda con il primo Giudice, pertanto, sia sulla legittimità delle esclusioni formanti oggetto di gravame, che della lex specialis costituiscono fedele proiezione; sia sull’addebitabilità proprio alle stesse concorrenti, e non già all’Amministrazione, della commistione da loro creata tra le rispettive offerte tecniche ed economiche.
3 Non resta, allora, se non da prendere posizione sulla pretesa subordinata delle appellanti di vedere rinnovata la procedura in esame, anche in omaggio al principio di conservazione, solo parzialmente: soltanto, cioè, nella sua seconda fase (quella specificamente inficiata dal vizio emerso), tenendo invece ferma la precedente fase di prequalifica ed ammissione dei concorrenti in quanto fase regolarmente esperita.
Le appellanti, in altre parole, avrebbero ormai acquisito il diritto a vedere valutate nel merito le loro offerte, e quindi nello specifico dovrebbero essere (quantomeno) invitate a presentarne di nuove.
Questa prospettazione è stata disattesa dal T.A.R. attaverso la seguente riflessione:
“ … va altresì osservato che, nel caso di specie, l’esclusione opera non soltanto relativamente alla (seconda) fase di valutazione delle offerte, ma relativamente all’intera procedura concorsuale: la gara, infatti, ancorchè articolata in due fasi procedimentali, è comunque unitaria; peraltro, non avrebbe senso riammettere le imprese così escluse – va ricordato che alla gara hanno partecipato due sole imprese, entrambe escluse per la medesima ragione – a ripresentare nella stessa gara l’offerta tecnica depurata dall’elemento economico, in quanto già si conosce l’offerta economica: sicchè non è meritevole di considerazione la pretesa di far salva la fase di prequalificazione riguardante la verifica del possesso dei requisiti di ammissione alla gara.”
La Sezione ritiene che la decisione del primo Giudice possa essere sostanzialmente confermata anche sotto questo profilo.
Le appellanti obiettano che il Tribunale ha concentrato la propria disamina sull’ipotesi di un rinnovato esame delle offerte di gara già a suo tempo presentate (ipotesi che per la Sezione si è confermata impraticabile, per le ragioni sopra già illustrate), laddove l’Amministrazione potrebbe, però, pur sempre invitare le medesime due concorrenti a presentare delle offerte nuove, lasciando ferme validità ed efficacia della precedente fase della selezione ed ammissione delle imprese.
L’argomento principale a sostegno della pretesa di parte, quello della supposta responsabilità della Stazione appaltante per l’illegittimità emersa, è peraltro già risultato carente di pregio. Onde si manifesta priva di ogni fondamento l’idea che le appellanti avrebbero “acquisito il diritto a vedere valutate nel merito le loro offerte”.
Le stesse appellanti, inoltre, non hanno offerto alcun argomento idoneo a far dubitare dell’esattezza della considerazione del primo Giudice circa la natura unitaria della gara, benché articolata in due fasi procedimentali.
E’ di contro pertinente, di per se stesso, il richiamo delle medesime concorrenti al principio di conservazione: e questo, in casi simili, potrebbe potenzialmente indurre una Stazione appaltante a determinarsi discrezionalmente nel senso di rinnovare il procedimento limitatamente alla fase specificamente investita dal vizio di legittimità accertato (ammettendo, dunque, solo una nuova presentazione di offerte), piuttosto che nel senso di una rinnovazione della procedura in forma integrale, secondo l’alternativa che è parimenti possibile (come si riconosce nella memoria di ALTAREA del 16 ottobre 2012).
Ad ogni modo, sullo specifico tema l’Amministrazione non risulta avere ancora esercitato la propria discrezionalità. I provvedimenti impugnati si limitano, per quanto qui interessa, a disporre l’esclusione dalla gara delle attuali appellanti.
Sicché, ferma restando la mancanza di fondamento della pretesa delle ricorrenti di considerare il Comune vincolato ad un rinnovo solo parziale della procedura, non ci si può esimere dal notare che non esiste una determinazione discrezionale che in questa sede possa essere sindacata (ed è appena il caso di ricordare la previsione dell’art. 34, comma 2, C.P.A., che preclude al Giudice amministrativo di pronunciarsi con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati). Il dovere di completezza impone, però, di soggiungere che le scelte assumibili in proposito non potrebbero prescindere dalla considerazione degli elementi rimarcati dalla difesa comunale, in ultima analisi riconducibili al lasso di tempo ormai trascorso sia dalla verifica dei requisiti in capo alle appellanti, sia dalla sollecitazione del mercato di settore compiuta a mezzo del bando in passato pubblicato.
4 Per le ragioni esposte, le domande annullatorie e, di riflesso, risarcitoria delle appellanti vanno integralmente respinte.
Si ravvisano, tuttavia, ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti in causa delle spese processuali anche di questo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, definitivamente pronunciando sui medesimi, li respinge.
Compensa tra le parti costituite le spese processuali del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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