Pagamento differenze stipendiali per mansioni superiori svolte – Consiglio di Stato Sentenza 6495/2012
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 640 del 2009, proposto da:
REGIONE MOLISE, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
XX, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni De Notariis, con domicilio eletto presso Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, n. 7;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MOLISE – CAMPOBASSO n. 14 dell’11 gennaio 2008, resa tra le parti, concernente pagamento differenze stipendiali per mansioni superiori svolte;
Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 6495/2012 del 18.12.2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. Carlo Di Pietro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 novembre 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati De Notariis e l’Avvocato dello Stato Pisana;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso giurisdizionale notificato il 29 settembre 1992 il sig. Carlo Di Pietro, assunto alle dipendenze della Regione Molise nell’anno 1972, inquadrato nella carriera di concetto dal 7 settembre 1974, poi nella VII^ qualifica funzionale con decorrenza 1° febbraio 1981 (giusta delibera della Giunta regionale n. 886 del 26 febbraio 1990) e quindi nella VIII^ qualifica funzionale con decorrenza 1° gennaio 1983 ai sensi della legge regionale n. 5 del 1989, chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per il Molise la condanna della Regione Molise al pagamento delle differenze stipendiali relative alle mansioni superiori di 8^ livello asseritamente svolte dal 1° gennaio 1972 sino al 1° febbraio 1981, quale segretario di commissione consiliare permanente.
2. L’adito tribunale, nella resistenza dell’intimata amministrazione regionale, con la sentenza n. 14 dell’11 gennaio 2008, respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’intimata amministrazione regionale per la mancata impugnazione dell’atto di inquadramento, ha accolto il ricorso, rilevando che il diritto del dipendente alle differenze retributive per le mansioni superiori trovava fondamento normativo nel combinato disposto dell’art. 101 della legge regionale 31 agosto 1974, n. 11, e dell’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, oltre che nell’articolo 36 della Cost. e 2126 C.C., e in concreto sulla base della documentazione prodotta, da cui si evinceva la sussistenza dei relativi presupposti, quali l’atto formale di incarico delle mansioni superiori, l’effettività del relativo svolgimento, la vacanza del posto in organico).
3. La Regione Molise con rituale e tempestivo atto di appello ha chiesto la riforma di tale sentenza, riproponendo le difese già svolte in primo grado, in particolare l’eccezione di prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948 C.C., ed insistendo sull’infondatezza della domanda per l’inapplicabilità dell’art. 49 della legge regionale n. 24 del 1988 e dell’art. 4 della legge n. 312 del 1980, anche in ragione della previsione dell’art. 10 della legge regionale n. 5 del 1989 (che limitava gli effetti economici del nuovo inquadramento alla data di entrata in vigore della legge, escludendo qualsiasi effetto retroattivo) e della carenza dei presupposti fattuali per la rilevanza delle mansioni superiori.
Il sig. Carlo Di Pietro ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto ed illustrando con apposita memoria le proprie tesi difensive, con cui in particolare ha denunciato l’inammissibilità dell’eccezione di prescrizione quinquennale, a suo avviso univocamente proposta solo con l’atto di appello.
4. All’udienza pubblica del 27 novembre 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. La fondatezza nel merito dell’appello esime la Sezione dall’esame del primo motivo di appello, con cui l’amministrazione regionale ha dedotto la prescrizione quinquennale delle somme eventualmente dovute a titolo di differenze retributive per le mansioni superiori asseritamente svolte, e della correlata eccezione di inammissibilità sollevata al riguardo dall’appellato sulla sua ritualità e tempestività.
6. In via generale deve ricordarsi che in tema di pubblico impiego la giurisprudenza amministrativa, con un indirizzo consolidato e dal quale non vi è motivo per discostarsi, ha affermato l’irrilevanza dello svolgimento di fatto di mansioni superiori a quelle dovute in base all’inquadramento, sia ai fini economici, sia ai fini della progressione di carriera, salva l’esistenza di un’espressa norma che disponga diversamente (C.d.S., sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5529; 24 dicembre 2008, n. 6571; sez. V, 21 giugno 2012, n. 3674; sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 758; 20 ottobre 2010, n. 7584; 8 maggio 2009, n. 2845), aggiungendo che la domanda del dipendente, tesa ad ottenere la retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa applicabile, proprio per effetto dello svolgimento delle mansioni superiori, non può fondarsi né sull’articolo 36 della Costituzione, in quanto il principio della corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e alla quantità del lavoro prestato non trova incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo con altri principi di pari rilievo costituzionale, quali quelli di cui agli articoli 97 e 98 (tra le più recenti, C.d.S., sez. V, 2 agosto 2010, n. 5064; 25 maggio 2010, n. 3314; sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3639; 3 febbraio 2011, n. 758; 18 settembre 2009, n. 5605; sez. III, 25 settembre 2012, n. 5098), né sugli articoli 2126 C.C. (concernente solo l’ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato) e 2041 C.C., stante, per un verso, la natura sussidiaria dell’azione di arricchimento senza causa (C.d..S., sez. III, 25 luglio 2012, n. 4250; sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4045; 24 aprile 2009, n. 2626) e, per altro verso, la circostanza che l’ingiustificato arricchimento postula un correlativo depauperamento del dipendente, non riscontrabile e dimostrabile nel caso del pubblico dipendente che, come nel caso di specie, ha comunque percepito la retribuzione prevista per la qualifica rivestita (C.d.S., sez. V, 9 marzo 2010, n. 1382).
Presupposti indefettibili per la configurabilità dell’esercizio di mansioni superiori sono in ogni caso l’esistenza di un posto vacante in pianta organica, al quale corrispondano le mansioni effettivamente svolte, un atto formale di incarico di dette mansioni, proveniente dall’organo amministrativo a tanto legittimato, non potendo l’attribuzione delle mansioni e il relativo trattamento economico essere oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (C.d.S., sez. III, 4 maggio 2012, n. 2569; sez. V, 6 agosto 2012, n. 4506; 27 aprile 2012, n. 2451; 4 marzo 2008, n. 879; 6 dicembre 2007, n. 6254).
Il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte è stato poi introdotto con carattere di generalità nel pubblico impiego solo dall’art. 15 del D. Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, a decorrere dalla sua entrata in vigore (22 novembre 1998), avendo al riguardo la giurisprudenza amministrativa univocamente sottolineato la natura innovativa, e non ricognitiva della disposizione (C.d.S., A.P. 23 febbraio 2000, n. 11; 24 marzo 2006, n. 3; e tra le più recenti, sez. V, 28 aprile 2011, n. 2539; 17 settembre 2010, n. 6949), fermo restando la necessità di una determinazione formale dell’amministrazione e la vacanza del posto in organico.
7. Nel caso di specie, non solo le pretese mansioni superiori si riferiscono ad un periodo precedente all’entrata in vigore del citato art. 15 del D. Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, per quanto dalla documentazione in atti non vi è prova che l’interessato sia stato formalmente incaricato di svolgere mansioni corrispondenti a quelle di VIII^ qualifica funzionale e che il relativo posto fosse vacante.
Anche a prescindere dalla considerazione che i pretesi atti di conferimento di mansioni superiori (come in definitiva ammette lo stesso interessato) non provengono dall’organo esecutivo dell’amministrazione regionale (la giunta regionale, unica competente ad attribuire legittimamente funzioni ai dipendenti), trattandosi piuttosto di meri ordini di servizio a firma di singoli amministratori, in nessuno dei documenti prodotti (attestati del Presidente del Consiglio regionale del 30 ottobre 1974, del 22 novembre 1976 e dell’8 ottobre 1991) risulta la vacanza del posto cui si riferiscono le mansioni (asseritamente superiori) svolte dall’interessato, né la presunta corrispondenza delle mansioni di segretario di commissione consiliare a quelle dell’8^ qualifica funzionale.
Proprio la mancanza di tali presupposti legittimanti rende irrilevante il richiamo dell’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (e dell’art. 2126 C.C.) da parte dell’art. 101 della legge regionale 31 agosto 1974, n. 11.
Peraltro dai ricordati attestati non emerge affatto che le mansioni svolte dall’interessato (redazione dei verbali sommari delle sedute di commissione consiliare e asserita attività di ricerca e studio nelle materie di competenza della stessa commissione consiliare) siano state riferibili, sin dal 1972, a quelle della ottava qualifica funzionale, tanto più che la stessa istituzione dell’Ufficio commissione è da ricollegare solo alla legge regionale n. 14 del 1985; d’altra parte non può ammettersi, sub specie di un’azione volta ad ottenere il riconoscimento di mansioni superiori asseritamente svolte, la contestazione dell’atto di inquadramento in una determinata carriera o qualifica, che, quale atto autoritativo, avrebbe dovuto essere impugnato nell’ordinario termine di decadenza.
8. In conclusione l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado dal sig. Carlo Di Pietro.
L’annosità della controversia e la natura delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla Regione Molise avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise, sez. I, n. 14 dell’11 gennaio 2008, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado dal sig. Carlo Di Pietro.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)