Convenzione per opere di urbanizzazione – Consiglio di Stato Sentenza 6474/2012
sul ricorso numero di registro generale 9002 del 2002, proposto dalla società Toma S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Gerhart Gostner, Luigi Manzi e Martin Plieger, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Comune di Appiano Sulla Strada del Vino, rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Calo’ e Peter Platter, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Antonio Gramsci, 36;
per la riforma della sentenza del t.r.g.a. – sezione autonoma della provincia di bolzano, n. 00324/2002, resa tra le parti, concernente concernente convenzione per opere di urbanizzazione;
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 6474/2012 del 18.12.2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2012 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Manzi e Calo’.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, sezione autonoma di Bolzano, n. 324/02 del 28.6.2002, successivamente notificata (timbro di spedizione illeggibile, ma non anteriore al 4.7.2012, data di rilascio della sentenza in copia autentica) è stato respinto il ricorso proposto dalla società Toma s.r.l. avverso i seguenti atti: verbale di collaudo del 4.8.1998, delibera di G.M. del Comune di Appiano n. 727 del 23.9.1998, approvativa del conto finale delle opere di urbanizzazione nella zona di espansione Spitaler a Frangarto e nota in data 16.12.1998, concernente la quota di spesa posta a carico della medesima società per le predette opere. Nella citata sentenza si ricorda come la Giunta Municipale di Appiano avesse previsto, con delibera n. 256/AG, n. prot. 2165 del 16.4.1992, che la cubatura massima ammessa per la zona di cui trattasi fosse destinata per il 45% all’edilizia agevolata e per il 55% all’edilizia libera, con ulteriore approvazione di uno schema di convenzione per le relative opere di urbanizzazione. In data 28.9.1992 tra la ricordata società Toma s.r.l. ed il Comune di Appiano veniva quindi concluso un accordo, sulla base di previsioni di spesa per le opere di urbanizzazione – in base a progetto esecutivo approvato dal Consiglio Comunale con delibera n. 27/C del 25.2.1992 – pari a Lire 227.085.935. Nell’accordo era previsto che la società partecipasse ai costi di urbanizzazione, in proporzione alla cubatura massima ammessa nell’area destinata ad edilizia libera, secondo il piano di attuazione approvato, con conto finale di quanto dovuto dalla società stessa dopo il collaudo dei lavori; detto conto finale risultava poi calcolato, per la parte di spettanza della ricorrente, in misura pari a lire 451.490.579. Nella medesima sentenza si sottolinea altresì il punto 3 della convenzione, in cui era previsto che il Comune provvedesse all’urbanizzazione della zona tramite appalto ad una ditta, con prevista partecipazione della Toma s.r.l. ad assumere una quota parte dei costi, sempre in proporzione alla cubatura ammessa sul suo terreno (5.364 mc), con esplicita previsione di un conguaglio dopo l’approvazione del conto finale. La commisurazione della fideiussione bancaria all’importo previsto nel progetto esecutivo (lire 124.893.772) non avrebbe potuto implicare rinuncia del Comune al rimborso delle maggiori spese, emerse alla fine dei lavori, tenuto conto peraltro del fatto che – già alla data di stipula della convenzione – l’importo dei lavori era superiore a quello-base del progetto esecutivo. Il Comune, pertanto, avrebbe comunque il diritto di pretendere l’intero importo delle spese contestate, peraltro in corrispondenza a quella, che deve ritenersi un’obbligazione di diritto pubblico, priva di ogni connotazione negoziale.
Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 9002/2002, notificato il 17.10.2002), sulla base dei seguenti motivi di gravame:
1) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in merito alla natura giuridica della convenzione in data 28.9.1992, risultando recepita nella prima parte della sentenza la tesi della natura contrattuale della convenzione urbanistica e nella parte conclusiva la tesi della natura pubblicistica dell’obbligazione;
2) erronea e contraddittoria applicazione ed interpretazione della pronuncia del Consiglio di Stato n. 2056/1999, citata nella sentenza appellata a giustificazione dell’obbligo della società di corrispondere quanto richiesto, senza considerare che la suddetta pronuncia sancisce anche il diritto dell’obbligato di non pagare il contributo in misura eccedente, rispetto a quanto dovuto per legge al momento del rilascio della concessione edilizia;
3) omessa, erronea, insufficiente e contraddittoria interpretazione dell’accordo bilaterale del 28.9.1992; violazione dell’art. 22 della legge della Provincia di Bolzano n. 15/1972, nonché degli articoli 1173, 1176, 1321 e 1372 del codice civile, essendo il testo della convenzione chiaro, nel prevedere la partecipazione di Toma s.r.l. alle spese di urbanizzazione fino ad un tetto massimo di lire 227.085.935, con determinazione del costo finale entro detto massimale di spesa e non certo con prevista partecipazione della medesima società a tutte le eventuali maggiori spese in modo illimitato. Quest’ultima interpretazione, peraltro, implicherebbe nullità della convenzione a norma degli articoli 1349 e 1418 cod. civ., per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto (tenuto conto, peraltro, dell’esclusiva competenza del Comune per i lavori da effettuare). Al contrario dovrebbe ritenersi – in base al generale principio di buona fede – che il Comune non potesse, senza il consenso scritto della società obbligata, modificare misura, entità e costi delle opere di urbanizzazione di cui trattasi
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’impugnativa debba essere accolta, in base al terzo ed assorbente ordine di censure.
Non rilevano invece, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, le censure di difetto di motivazione, anche per contraddittorietà o presunte carenze interpretative della sentenza, nella fattispecie prospettate sia col primo che col secondo motivo di gravame: il riferimento a “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”, contenuto nell’art. 101, comma 1, cod. proc. amm. (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, come successivamente integrato e modificato), non può infatti, con tale generica indicazione di contenuto, precludere l’effetto devolutivo dell’appello, né imporre, pertanto, nuove specifiche censure anche in assenza di vizi, propri della sentenza stessa; resta fermo inoltre che non rileva fra detti vizi – a fini caducanti – l’eventuale difetto di motivazione della sentenza stessa, essendo il giudice di appello sempre chiamato a valutare tutte le censure, già prospettate in primo grado e puntualmente riproposte, con possibilità di rinnovare o modificare le argomentazioni, esposte nella pronuncia appellata (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, V, 13 febbraio 2009, n. 824 e 17 settembre 2012, n. 4915; VI, 24 febbraio 2009, n. 1081; III, 10 aprile 2012, n. 2057; IV, 19 settembre 2012, n. 4974).
Quanto al terzo ordine di censure – riferito ad omessa, erronea, insufficiente e contraddittoria interpretazione dell’accordo bilaterale del 28.9.1992, violazione dell’art. 22 della legge della Provincia di Bolzano n. 15/1972, nonché degli articoli 1173, 1176, 1321 e 1372 del codice civile – sembra opportuno precisare che la convenzione, su cui si basa la richiesta di pagamento contestata, risulta stipulata il 28.9.1992, in vigenza dell’art. 11 della legge 7.8.1990, n. 241 (successivamente integrato ex lege 11.2.2005, n. 15) e dell’art. 22 della legge della Provincia di Bolzano 20.8.1972, n. 22 (successivamente abrogato); detta convenzione aveva come oggetto – in conformità alla disciplina legislativa, che già allora consentiva (ed ancora consente) l’esercizio concordato di alcune potestà amministrative – un progetto esecutivo per l’urbanizzazione della zona di espansione “Spitaler” a Frangarto, nel Comune di Appiano Sulla Strada del Vino; nell’ambito di tale convenzione la società Toma s.r.l. (attuale appellante) si impegnava a partecipare ai costi della predetta urbanizzazione (per quanto risulta dagli atti, di tipo primario: canalizzazione, acquedotto, elettrificazione, illuminazione pubblica, telefono, strade ecc.), in proporzione alla cubatura massima ammessa nell’area destinata ad edilizia libera, in base al piano di attuazione approvato. In particolare, la citata società si impegnava a partecipare ai costi di lavori e prestazioni elencati nell’atto, accettando espressamente che all’esecuzione delle opere provvedesse il Comune di Appiano, tramite appalto ad una ditta dal medesimo scelta.
Quanto alla somma da versare, si stabiliva che l’importo definitivo sarebbe stato determinato dopo il collaudo dei lavori e l’approvazione di un conto finale, con successivo pagamento entro dieci giorni – detratti gli acconti – ed immediato deposito di una fideiussione bancaria “di durata illimitata per un importo di lire 227.085.935 previsti nel progetto esecutivo”. L’importo dovuto per le opere di urbanizzazione secondaria, a sua volta, sarebbe stato versato per la cubatura ammessa, secondo la medesima convenzione, “come previsto dal vigente regolamento comunale”.
L’accordo sopra sintetizzato doveva ritenersi, come riconosciuto dalla prevalente giurisprudenza, accessivo alla fattispecie complessa del piano attuativo e del successivo rilascio a privati dei titoli abilitativi per costruire. In accordi di tale tipo, in base alle norme in precedenza richiamate, sono certamente presenti interessi di matrice pubblicistica, ma non per questo sottratti alle comuni regole civilistiche, fra cui quella di buona fede delle parti (artt. 1375 cod. civ.); la fase contrattuale di cui si discute, inserendosi nel procedimento finalizzato all’emanazione di un provvedimento – per quanto qui interessa di concessione edilizia (oggi permesso di costruire) – viene in ogni caso assorbita nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica, quanto meno con riferimento alla formazione della volontà di contrattare e all’effettivo contenuto di tale volontà (Cass. civ. SS.UU., 25.11.2008, n. 28043, 24.6.2009, n. 14802, 5.5.2011, n. 9843, 24.6.1992, n. 7773; Cons. St., sez. IV, 24.4.2012, n. 2433 e 22.8.2011, n. 4795, 16.2.2011, n. 1014).
Al fine di valutare i vincoli derivanti dagli accordi in questione, pertanto, l’interprete deve tenere presente che, anche quando si avvalga di strumenti alternativi all’attività di carattere provvedimentale, l’Amministrazione non perde il potere autoritativo di gestione dell’interesse pubblico (e può quindi anche disporre la revoca della volontà espressa nell’accordo, previo indennizzo), ferma restando tuttavia l’applicazione – per l’interpretazione e la disciplina di eventuali accordi, integrativi o sostitutivi del provvedimento – dei principi del codice civile in materia di obbligazioni, in quanto compatibili (cfr. anche, per il principio, Cons. St., sez. IV, 6.11.1998, n. 1448, 23.8.2010, n. 5904 e 17.5.2010, n. 3129; Cons. St., sez. V, 27.1.2006, n. 236).
Tenuto conto dei principi in precedenza enunciati, non può ritenersi che il contenuto della convenzione, sottoscritta dall’attuale appellante, consentisse all’Amministrazione comunale di pervenire – come nella fattispecie avvenuto – ad una commisurazione finale del saldo, posto a carico dell’appellante stessa, pari a lire 326.596.807, in aggiunta all’acconto già versato di lire 124.893.772, mentre nell’accordo sottoscritto si poneva come base per gli oneri di urbanizzazione in questione, da porre a carico della società, un progetto esecutivo approvato dal Consiglio Comunale, in cui il preventivo di spesa era pari a lire 227.085.935, con richiesta di garanzia bancaria.alla medesima società – su tale base – per lire 124.893.772. Ad avviso del Collegio, l’omessa indicazione dell’importo esatto che la società avrebbe dovuto corrispondere, dopo il collaudo delle opere di urbanizzazione, non poteva intendersi come una “delega in bianco” all’Amministrazione comunale per la richiesta di qualsiasi somma (anche tale da superare i limiti, che normalmente consentono la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta): quanto sopra, sia perché una simile facoltà avrebbe stravolto la ratio della stessa previsione di convenzioni urbanistiche (finalizzate ad un esercizio concordato della potestà amministrativa, per la parte di riconosciuta discrezionalità della medesima circa le opere da realizzare), sia perché, nella situazione in esame, dette opere erano previste in un progetto esecutivo, che quantificava il costo delle medesime anche al fine di commisurare a tale costo la fideiussione bancaria (postulandosi, in caso contrario, l’esecuzione di opere non garantite, con evidente compromissione dell’interesse pubblico al rispetto degli impegni da parte del concessionario). In tale contesto, ritiene il Collegio che il Comune di Appiano, in presenza di nuove esigenze da soddisfare o di impreviste lievitazioni dei costi, non avrebbe potuto omettere un nuovo confronto con l’appellante, per eventuale integrazione o modifica degli accordi in precedenza intervenuti, senza ricondurre a tali accordi – come preteso nel caso di specie – oneri più che raddoppiati e certamente non corrispondenti al mero previsto conguaglio, su costi già preventivati.
Per le ragioni accolte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo; le spese processuali – da porre a carico dell’Amministrazione soccombente – vengono liquidate nella misura di €. 2.000,00 per i due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado; condanna il Comune appellato al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di €. 2.000,00 (euro duemila/00) per i due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)