Amministrativa

Affidamento lavori di ampliamento del cimitero comunale – Consiglio di Stato Sentenza 6394/2012

sul ricorso numero di registro generale 7702 del 2012, proposto da:
Comune di Frignano, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Capasso, con domicilio eletto presso Angela Fiorentino in Roma, via E. Q. Visconti, 11;
contro
Società Consortile Italgeco a resp. lim., rappresentata e difesa dagli avv. Luca Tozzi, Silvano Tozzi e Giuseppe Feola, con domicilio eletto presso Lodovico Visone in Roma, via del Gesù, 62;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE I n. 04026/2012, resa tra le parti, concernente affidamento lavori di ampliamento del cimitero comunale

Consiglio di Stato. Sezione Quinta,Sentenza n. 6394/2012 del 13/12/2012

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Società Consortile Italgeco a resp. lim.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2012 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Capasso e Tozzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. La società consortile Italgeco a r. l. ha partecipato alla procedura di affidamento in concessione ai sensi dell’art. 153 d.lgs. n. 163/2006 dei lavori di ampliamento del cimitero comunale indetta dal Comune di Frignano, venendone esclusa a causa della mancata indicazione dell’oggetto della procedura in questione sulle buste contenenti la documentazione amministrativa e le offerte tecnica ed economica, come invece imposto dall’art. 17 del disciplinare di gara.
2. La conseguente impugnativa davanti al TAR Campania – sez. staccata di Napoli promossa dall’esclusa, veniva accolta.
Il Giudice adito reputava infatti fondato il motivo nel quale si era dedotto che la predetta clausola della legge di gara si pone in contrasto con l’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/2006, ed in particolare con il divieto, discendente da quest’ultima disposizione, di prevedere ipotesi di esclusione ulteriori rispetto a quelle ivi tassativamente stabilite. Divieto nel quale – per il Giudice di primo grado – incorre una simile comminatoria, laddove questa abbia ad oggetto l’omessa indicazione dell’oggetto della procedura sulle buste contenute nel plico presentato per la partecipazione alla gara.
3. Avverso tale decisione il Comune di Frignano propone appello, nel quale sostiene che la legge di gara contiene una chiara ed univoca comminatoria espulsiva per le offerte prive dell’indicazione dell’oggetto della gara, a garanzia delle esigenze di certezza in ordine alla provenienza e riconoscibilità dell’offerta, il cui rispetto non pone adempimenti gravosi o sproporzionati, tenuto conto della tipologia, dell’oggetto e del valore del contratto da aggiudicare, nonché del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Viene inoltre censurata come eccessiva la condanna in proprio danno alla refusione alle spese del giudizio di primo grado, quantificate in € 2.000,00, in favore della società ricorrente.
4. Si è costituita in resistenza la società consortile Italgeco.
5. Il Collegio, dato rituale avviso alle parti, ritiene di potere definire il giudizio con sentenza ex art. 60 cod. proc. amm., sussistendone i presupposti, in particolare per la palese inammissibilità ed infondatezza dell’appello.
5.1 Occorre innanzitutto ricordare che in virtù del requisito di specificità, previsto dall’art. 101 cod. proc. amm., i motivi d’appello devono infatti sostanziarsi in una critica alla decisione di primo grado, come chiarito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nella sentenza 4 giugno 2011, n. 10, così da devolvere al giudice di secondo grado la cognizione sul punto della sentenza investito dall’impugnazione.
In questo caso i (connessi) motivi dell’appello concernenti la statuizione di annullamento del provvedimento di esclusione impugnato non riescono invece ad attingere la ratio decidendi esternata nella motivazione della sentenza di primo grado, attraverso una critica puntuale ed in grado di fare emergere gli asseriti errori di diritto in cui il TAR sarebbe incorso.
Giova al riguardo evidenziare che dalla lettura della sentenza emerge chiaramente che l’accoglimento del ricorso si basa sul contrasto della contestata clausola espulsiva della legge di gara con il principio di tassatività sancito dall’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/2006, in virtù del quale la sanzione dell’esclusione è ammessa unicamente per l’inosservanza di prescrizioni normative, per incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, o infine per violazione del principio di segretezza delle offerte.
Per contro, nel presente appello si asserisce, in estrema sintesi, che tale clausola è chiara, vincolante per l’amministrazione aggiudicatrice, coerente con il contratto posto a gara e proporzionata. Non si formula invece alcuna critica alla motivazione che sorregge la contraria decisione di primo grado attraverso l’enucleazione di ragioni per le quali tale clausola sarebbe in ipotesi conforme alla citata disposizione di legge.
In altri termini, traspare dalla lettura dei motivi d’appello una non perfetta comprensione della reale portata della decisione di primo grado, la quale si fonda su un contrasto tra una precisa disposizione di legge e bando, e non già sulla coerenza di quest’ultima con i principi generali dell’agire amministrativo di chiarezza, ragionevolezza e proporzionalità. In ciò si coglie dunque l’aberratio ictus che affligge irrimediabilmente il presente appello e che dunque va sotto questo profilo ritenuto inammissibile ai sensi dell’art. 101 cod. proc. amm.
5.2 Peraltro, come poc’anzi accennato anche nel merito il motivo si rivela palesemente infondato.
Posto che non è contestato che l’oggetto della gara è stato comunque indicato sul plico contenente le buste e che è del pari provato, in via documentale, sulla base dei verbali di gara, che le buste in questione erano integre, non si vede quale lesione del principio di segretezza delle offerte – sul quale il patrono dell’amministrazione appellante ha insistito in sede di discussione all’udienza camerale – a causa della mancata indicazione su di esse dell’oggetto della gara.
Detta indicazione ha all’evidenza lo scopo di facilitare la riconduzione dell’offerta alla specifica gara laddove, come dichiarato dal Comune di Frignano, questa si inserisca nell’ambito di un programma di opere pubbliche più ampio e di conseguenti altre procedure di gara di lavori pubblici celebratesi contestualmente, ma la stessa amministrazione appellante non si cura di precisare quale concreta utilità abbia la ripetizione sulle singole buste l’indicazione già contenuta sul plico nel quale queste sono inserite.
Né tanto meno è dato evincere come da tale omessa indicazione siano compromesse le imperative esigenze di certezza “sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta” enunciate dal più volte menzionato comma 1-bis dell’art. 46 del codice dei contratti pubblici.
Cosicché bene ha fatto il TAR a ravvisare il contrasto della clausola del disciplinare qui contestata con tale disposizione di legge.
6. Il motivo svolto nei confronti della condanna alle spese è parimenti palesemente infondato, dovendosi ricordare che il sindacato del giudice d’appello sul regolamento delle spese operato in primo grado, in quanto espressione di ampia discrezionalità è contenuto entro ristretti limiti, ravvisabili essenzialmente in violazioni di legge (come ad esempio nel caso di condanna alle spese a carico della parte vittoriosa) o quando l’ampio potere di apprezzamento spettante al giudice sia affetto da evidente irragionevolezza (giurisprudenza costante di questo Consiglio, si veda, tra le più recenti decisioni: Sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2842; e Sez. V, 2 luglio 2012 n. 3850).
Evidente irragionevolezza che nel caso della condanna dell’amministrazione odi
erna appellante alla refusione di € 2.000,00 per il giudizio di primo grado non pare in alcun modo emergere, non essendo nemmeno prospettata una scorretta applicazione della tariffa forense in allora vigente. Inconferente si rivela poi la circostanza dell’asserita impossibilità di nominare un difensore per l’udienza camerale all’esito della quale è stata emessa la decisione di primo grado, trattandosi di fatto del tutto ininfluente ai fini della condanna alla refusione delle spese, che correttamente si fonda invece sul principio della soccombenza, e della quantificazione di quest’ultima, che, in mancanza di notula, si basa sul prudente apprezzamento del giudice in ordine agli onorari dovuti dal procuratore alle liti della parte vittoriosa per la qualità e quantità dell’impegno defensionale profuso.
7. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.
Condanna il Comune appellante a rifondere alla società appellata le spese di causa, liquidate in € 4.000,00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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