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Giudice decaduto dopo la pronuncia: sentenza valida a tutti gli effetti – Cassazione Civile Sentenza 21437/2012

giudice_jpgokE’ valida la sentenza emessa dalla Ctp anche nel caso in cui un giudice del Collegio è risultato decaduto dalla carica per incompatibilità professionale dopo la pronuncia, ma prima del suo deposito. Questo è quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza 21437 del 30 novembre 2012, che respinge il ricorso dei soci di una Srl cui era stato accertato un maggior reddito ai fini dell’Irpef.

Il fatto
Il caso trae origine da un accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società di capitali e dei suoi soci, con il quale erano stati recuperati a tassazione i maggiori redditi calcolati in base alla rettifica di quanto dichiarato comparato al volume d’affari effettivamente prodotto dall’azienda nei periodi d’imposta a essa contestati.

Avverso gli atti di accertamento i soci presentavano due diversi ricorsi davanti al giudice tributario, riuniti in seconde cure seguendo il principio di economicità processuale.
La Ctr, con sentenza, legittimava l’attività svolta dagli uffici finanziari, validando la rettifica dei maggiori redditi conseguiti dalle persone fisiche calcolati secondo i maggiori redditi imputati alla società di capitali.
Di conseguenza, le parti soccombenti al giudizio di merito di secondo grado, presentavano ricorso alla Corte di cassazione al fine dell’ottenimento di un giudizio di legittimità più favorevole alle loro pretese.

Il ricorso per cassazione
Nel ricorso veniva chiesta la cassazione della sentenza di seconde cure perché, secondo la tesi difensiva, non era stato regolarmente costituito il collegio decidente della Ctp, in quanto accertata l’incompatibilità professionale di un suo membro.
Più in particolare, era stata evidenziata l’illegittimità della sentenza del giudice di primo grado perché questi, nonostante fosse stata accertata la propria incompatibilità, aveva ugualmente partecipato all’attività processuale di istruzione, udienza, discussione e decisione, avendo anche provveduto alla redazione e alla firma della sentenza.
In effetti, detta condizione avrebbe fatto cadere il castello accertativo basato sulla medesima sentenza, che aveva validato la ricostruzione induttiva in base al principio fiscale della trasparenza del reddito presuntivamente percepito dai soci secondo quanto accertato alla società a responsabilità limitata.

Per dare ulteriore sostegno alla tesi difensiva, i soci sostenevano la non legittimazione dell’Amministrazione finanziaria all’impiego dell’accertamento induttivo nell’ipotesi in cui non fossero state evidenziate anomalie nella tenuta della contabilità formale ovvero nella presenza di una sola irregolarità non precipuamente contabile, rilevabile dai quadri della dichiarazione dei redditi.

Infine, per quanto concerne l’applicazione del principio della trasparenza nell’accertamento da parte degli uffici, era evidenziata la mancanza di legittimità della rettifica fiscale basata sulla presunzione di ricarico ritenuto immotivatamente definita.

La decisione della Corte
La Corte di cassazione, con la sentenza 21437 del 30 novembre, legittima la validità della sentenza della Ctp, nonostante la presenza di un membro decaduto per incompatibilità professionale.

In particolare, per quanto concerne la presunta invalidità della pronuncia per carenza di requisiti di uno dei suoi membri, la Corte, dando continuità a un principio già in precedenza espresso, ha chiarito che “è valida la sentenza deliberata dal giudice prima della cessazione dal servizio, a nulla rilevando che il deposito in cancelleria sia avvenuto successivamente a tale momento” (Cassazione, sentenza 7269/2012, in tema di collocamento a riposo).

Infatti, su espressa ammissione dei ricorrenti, il decreto ministeriale di decadenza dalle funzioni del giudice tributario era datato 15 luglio, mentre la sentenza di prime cure, da lui sottoscritta quale estensore, risultava depositata il 30 luglio. Pertanto nulla comporta che essa sia stata deliberata il 20 maggio a fronte di una causa di decadenza, per incompatibilità professionale, rilevata dal competente organismo di controllo l’8 aprile 2003.

Al riguardo, infatti, l’articolo 12 del Dlgs 54571992, chiarisce che la decadenza dall’incarico di giudice tributario deve essere pronunciata con decreto del ministro delle Finanze su conforme deliberazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Conseguentemente, in applicazione delle regole generali sull’operatività “ex nunc” dei provvedimenti di decadenza o revoca delle funzioni, l’eventuale incompatibilità del giudice tributario non può influire sulla validità originaria della pronuncia deliberata dalla Commissione tributaria (Cassazione, sentenza 1853/2000).

In merito alla legittimità del ricorso all’accertamento induttivo da parte egli uffici finanziari, nell’ipotesi in cui non si evidenzino anomalie formali della contabilità, il Collegio, previo rigetto delle motivazioni addotte nel ricorso, ha chiarito che la procedura di accertamento può essere avviata anche per mera inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione fiscale (Cassazione, sentenze 11680/2002 e 18902/2011).

La Corte non ha accolto, altresì, la richiesta di censura dell’applicazione del principio della trasparenza al caso concreto oggetto del ricorso. Il Collegio rammenta che il contraddittorio preventivo con il contribuente non è affatto obbligatorio per l’Amministrazione finanziaria che, in caso di accertamento, può orientarsi tenendo conto dei dati presenti nel bilancio annuale. Essendo l’accertamento fiscale rispondente a dei canoni standardizzati e indipendente dalle analisi dei risultati delle scritture contabili, “la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello “standard”, né costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata” (Cassazione, sezioni unite, sentenza 26635/2009).

Valerio Giuliani – nuovofiscooggi.it

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