Diniego concessione edilizia – risarcimento del danno – Consiglio di Stato Sentenza 6158/2012
sul ricorso numero di registro generale 9698 del 2005, proposto da:
Poli Flavio e Sperotto Anna, rappresentati e difesi dagli avv.ti Pierantonio Zanettin, Maria Cristina D’Alessandro, con domicilio eletto presso Franco Coppi in Roma, viale Bruno Buozzi, 3;
contro
Comune di Breganze in presenza del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Mondin, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria N. 5;
Corso Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv. Piero Vitacchio, Gianluigi Loy, con domicilio eletto presso Gianluigi Loy in Roma, via C. Monteverdi, 20;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – Venezia – Sezione II n. 03841/2004, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia – risarcimento del danno.
Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 6158/2012 del 03.12.2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 novembre 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Pierantonio Zanettin, Ludovica Franzin (su delega dell’avv. Claudio Mondin) e l’avv. Giulio Lais (su delega dell’avv. Gianluigi Loy);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti hanno chiesto, nel 2003, un permesso per la ricostruzione di una tettoia-ripostiglio, che era stata precedentemente demolita (nel 1982) in esecuzione di un lodo arbitrale pronunciato in una controversia tra Poli Flavio ed il confinante Corso Giuseppe.
Il Comune lo ha negato per una serie di motivi, tra i quali: 1) mancato rispetto della distanza dal confine e tra fabbricati; 2) violazione del lodo; 3) mancata sottoscrizione della richiesta da parte di uno dei comproprietari; 4)insussistenza dei presupposti per il rilascio della concessione in deroga ai sensi dell’art. 76 LR 61/85 (è il caso della distruzione provocata da eventi eccezionali o da forza maggiore).
Il TAR Veneto ha respinto l’impugnazione osservando che l’art. 76 della LR. 61/85 ha riferimento ad eventi eccezionali o a causa di forza maggiore, intesi in senso naturalistico e comunque irresistibile, non potendo considerarsi tali la demolizione a seguito di lodo arbitrale, seppur nullo o inopponibile ai comproprietari. Ha assorbito le altre censure ritenendo che l’accertata legittimità di anche una sola delle ragioni del diniego fondato su una pluralità di motivazioni concorrenti, rende privo di interesse il ricorso per la restante parte.
Ora i ricorrenti appellano, contestando le statuizioni di prime cure, ma omettendo di riproporre i motivi assorbiti. Osservano in proposito che non è corretta l’affermazione secondo la quale l’esecuzione del lodo non potrebbe considerarsi evento irresistibile, atteso che essi avrebbero tentato ogni iniziativa giudiziaria possibile, e tuttavia, il contenzioso di sarebbe protratto per così tanto tempo da fiaccare ogni resistenza passiva. La demolizione costituirebbe altresì un evento imputabile a terzi poichè eseguita sulla base di un titolo nullo formatosi per iniziativa del proprietario frontista.
Si è costituito il Comune di Breganze. Esso eccepisce l’inammissibilità del gravame per mancata riproposizione dei motivi assorbiti dal primo giudice. Nel merito osserva che, in realtà, il provvedimento autorizzatorio ab origine rilasciato, era una licenza edilizia risalente al 1965 che autorizzava la costruzione dello stabile ad una distanza di almeno 6 metri, poi seguita nel 1980 da un’autorizzazione alla realizzazione dei muri perimetrali, “ferme le prescrizioni già fissate”. Il manufatto fu invece realizzato a distanza inferiore rispetto a quanto autorizzato, ergo trattavasi di un manufatto abusivo. Ne deriverebbe l’inapplicabilità dell’art. 76 LR 61/85 che comunque presuppone la distruzione di un immobile regolarmente assentito secondo la normativa urbanistica previgente.
Si è costituito in giudizio anche il sir. Corso, controinteressato. Secondo il medesimo, la vicenda giudiziaria conclusasi con l’esecuzione del lodo non avrebbe le caratteristiche della irresistibilità, derivando invece, l’esecuzione del lodo, da negligenza nella scelta degli strumenti processuali da parte degli odierni appellanti (le azioni sarebbero state proposte successivamente all’esecuzione del lodo, che avrebbe potuto essere bloccato con una semplice opposizione di terzo, ex art. 404 cpc).
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 13 novembre 2012.
L’appello è inammissibile, ancor prima che infondato.
L’esame dei motivi di ricorso assorbiti o comunque non valutati in primo grado è consentito al giudice di appello solo se la parte appellata indichi specificamente le censure che intende devolvere alla cognizione del giudice di secondo grado al fine di consentire, a quest’ultimo, una compiuta conoscenza delle relative questioni, ed alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse (Consiglio di Stato sez. IV, 20 giugno 2012, n. 3617; 06 dicembre 2011, n. 6401). La non riproposizione, nemmeno nell’ambito di semplici memorie difensive, determina l’inutilità dell’eventuale decisione favorevole sull’unico punto deciso dal Giudice di Prime cure, atteso che persino in questo caso l’atto amministrativo impugnato rimarrebbe in piedi, nella misura in cui è supportato da una pluralità di motivazioni, ciascuna sufficiente a sorreggere autonomamente il suo tenore reiettivo.
In ogni caso l’appello è infondato nel merito.
Le argomentazioni dell’appellante non sono sufficienti a contrastare il rigore delle statuizioni di prime cure. L’ipotesi della legislazione regionale veneta (art. 76 comma ultimo l. reg. 27 giugno 1985 n. 61), che consente al sindaco di rilasciare concessioni edilizie in deroga, per la ricostruzione di edifici distrutti, anche in parte, a seguito di eventi eccezionali o per cause di forza maggiore, non si verifica quanto sia l’esito di una lite giudiziaria fra privati a determinare la demolizione, essendo evidente, a prescindere da ogni giudizio circa l’efficienza dell’azione processuale, anche postuma, tesa ad inibire la stessa, che la distruzione cui fa riferimento la legge è solo quella conseguente ad eventi naturali o umani catastrofici (eventi bellici o sismici) o a forza maggiore, ossia un evento estraneo ed esterno alla sfera del proprietario al quale non è possibile resistere.
La ratio è quella di impedire che il principio della generale rilevanza delle sopravvenienze normative impeditive in campo urbanistico, riverberi in danno di chi ha subito la distruzione di quanto innanzi regolarmente costruito, a causa di eventi catastrofici o cui non poteva resistere, e non certo quella di fornire rimedio a chi ha subito gli esiti asseritamente ingiusti di una pronuncia giudiziaria. E’ evidente che in questi casi, fermi gli eventuali rimedi risarcitori nei rapporti interprivatistici, non v’è alcuna ragione di rilievo pubblico o sociale per derogare alla strumentazione urbanistica vigente.
L’appello è pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore delle due parti costituite, che forfettariamente liquida in €. 1.500,00 per ciascuna, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)