Decadenza dall’incarico di giudice della commissione tributaria e l’esclusione dalla composizione dei collegi giudicanti- Consiglio di stato sentenza 6031/2012
sul ricorso numero di registro generale 10180 del 2011, proposto da:
Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (CPGT), Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
XXX, rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Mainardi, Luca Griselli, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via F. Confalonieri N.5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO – Sezione I n. 01686/2011, resa tra le parti, concernente la decadenza dall’incarico di giudice della commissione tributaria e l’esclusione dalla composizione dei collegi giudicanti
Consiglio di stato, Sezione Quarta, Sentenza n.6031/2012 del 28.11.2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di XXX;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Andrea Manzi e Carlo Maria Pisana, avvocato dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Viene all’esame del collegio un provvedimento con il quale il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha dichiarato decaduto il dott. XXX dalle funzioni di Giudice della Commissione Tributaria Provinciale di Milano.
Il relativo procedimento scaturisce da una nota informativa dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Lombardia – del 19.5.2008, con la quale si porta a conoscenza del Consiglio di Presidenza che il “dott. XXX è: a) rappresentante legale della società Fiscal Data srl in liquidazione, ancora operativa, che svolge attività di elaborazione elettronica dati contabili, con sede in Piazza Borromeo 10, Milano. La sede della società corrisponde alla sede legale della Ditta individuale, intestata al predetto, che ha svolto, a tale titolo, attività professionale sino al 4.2.1998; b) genitore del Dott. Di Nunzio Luca, contitolare della società “fiscalità srl”, con sede sempre in via Borromeo 10, Milano. Quest’ultima società è depositaria di scritture contabili di diverse società, fra cui alcune già gestite da Fiscal Data il cui legale rappresentante è, come innanzi detto, il dott. Alessandro Di Nunzio”.
Il Consiglio di Presidenza avviava il procedimento di decadenza prospettando “l’ipotesi di sussistenza delle cause di incompatibilità di cui all’art. 8, 1° comma, lett. m) ed i) del D.Lgs. 545/92”, ma poi lo concludeva valorizzando esclusivamente la lett. i) della norma citata (prendeva cioè in considerazione l’attività professionale o occasionale di consulenza svolta dal medesimo, e non la diversa ipotesi, prevista dalla lett. m) e riguardante la consulenza svolta da familiari).
Segnatamente, la causa di decadenza era individuata nello svolgimento dell’attività di liquidatore di una società asseritamente ancora operativa, in possesso di scritture contabili per conto della clientela.
Il T.A.R – adito dal dott. Di Nunzio – accoglieva sia la domanda di annullamento del provvedimento, che quella risarcitoria.
In proposito osservava: a) avendo il ricorrente effettivamente svolto la funzione di liquidatore della Società Fiscal Data S.r.l. con inizio dal 18.1.2006 e termine al 19.9.2008, la causa di incompatibilità, pur potendosi ammettere in astratto, non avrebbe dovuto considerarsi più sussistente e perdurante al momento (successivo) di avvio del procedimento, come del resto sostenuto da nutrita giurisprudenza; b) in ogni caso la società in liquidazione non avrebbe dovuto considerarsi operativa, e questo già partire dal gennaio 2006, come dimostrerebbe la nota datata 27.7.2007 della stessa Agenzia delle Entrate nella quale (in esito a istanza della medesima, per la disapplicazione delle norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del DPR n. 600/1973) essa riconosceva che Fiscal Data “ha dimostrato l’effettività dello stato di liquidazione ed ha posto in essere una serie di operazioni riconducibili alle finalità tipiche della procedura liquidatoria”.
Disposto l’annullamento del provvedimento pregiudizievole, il Giudice di prime cure condannava altresì l’amministrazione al risarcimento del danno subito dal ricorrente, consistente nella privazione, a partire dal mese di giugno 2010, della retribuzione – quota fissa e variabile – quest’ultima parametrata al reddito medio registrato nell’ultimo triennio.
Avverso la citata sentenza ha proposto appello l’amministrazione.
Secondo l’amministrazione, la tenuta di scritture contabili, anche se occasionale e indiretta, giustificherebbe la decadenza, e ciò varrebbe a prescindere se l’attività cessi o meno alla data di avvio del procedimento, essendo la detta incompatibilità prevista a presidio della terzietà del giudice asseritamente minata anche dall’attività pregressa; le risultanze istruttorie documenterebbero inoltre la circostanza che la società posta in liquidazione sarebbe in realtà rimasta depositaria di scritture contabili e dunque “operativa” quanto meno ai fini della rilevata incompatibilità. In punto di danno, il giudice di prime cure non avrebbe verificato la sussistenza della colpa, sempre necessaria ai fini della responsabilità secondo il paradigma dell’art. 2043 c.c.: avrebbe altresì trattato i rimborsi spese forfettariamente riconosciuti ai giudici tributari, quali emolumenti di natura retributiva, giungendo a riconoscerne la spettanza a titolo risarcitorio, pur dinanzi al mancato svolgimento dell’attività.
Si è costituito in appello il dott. XXX difendendo la decisione di prime cure.
In vista dell’udienza di discussione le parti hanno ulteriormente svolto le rispettive difese. In particolare, a seguito di istruttoria disposta dal Collegio, avente ad oggetto l’integrale documentazione sulla quale l’amministrazione ha basato il provvedimento decadenziale, il dott. XXX ha prodotto ulteriore documentazione e memorie esplicative tese a dimostrare che dal gennaio 2006 è cessato ogni deposito di scritture contabili presso la Fiscal Data in liquidazione.
Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2012, la causa è stata trattenuta per la decisione.
L’appello non è fondato.
Come correttamente rilevato dall’appellato, la materia del contendere deve essere limitata agli elementi presi in considerazione dall’amministrazione, così come risultanti dalla motivazione del provvedimento impugnato. La questione controversa è quindi (ribaltando l’ordine logico con il quale le questioni sono state poste) se il dott. XXX abbia o meno, durante la sua attività di commissario liquidatore, provveduto alla custodia di scritture contabili o ad altre attività incompatibili con le funzioni di giudice tributario ai sensi della lett. i) dell’art. 8 comma 1 (“coloro che in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, esercitano la consulenza tributaria, detengono le scritture contabili e redigono i bilanci, ovvero svolgono attivita’ di consulenza, assistenza o di rappresentanza, a qualsiasi titolo e anche nelle controversie di carattere tributario, di contribuenti singoli o associazioni di contribuenti, di societa’ di riscossione dei tributi o di altri enti impositori”).
La circostanza, alla luce delle produzioni difensive dell’appellato, può escludersi. Dallo stesso tabulato estrapolato dalla Banca dati dell’anagrafe tributaria, emerge che alla data del 2 gennaio 2006, 196 dei 260 soggetti avevano trasferito la tenuta delle proprie scritture contabili ad altra società. Delle rimanenti 64 posizioni (ma il realtà 62 ove di considerino le erronee duplicazioni), per 45 di esse l’appellante ha fornito scritture private documentanti la cessazione della tenuta, per altri 14 ha allegato una risalente interruzione dei rapporti e, per le restanti tre, ha segnalato l’irreperibilità dei soggetti in ragione dell’erronea indicazione, nel tabulato, del relativo codice fiscale.
Trattasi di uno sforzo probatorio che, pur lasciando residui margini di incertezza (ad es. in ordine alla valenza della corrispondenza epistolare, in mancanza di tempestiva comunicazione agli uffici tributari della variazione in ordine al depositario delle scritture contabili), fornisce comunque un quadro di verosimiglianza della non operatività, se non a fini liquidatori, della Fiscal Data nel periodo in cui il dott. XXX ha svolto il ruolo di liquidatore. Un quadro comunque non sufficiente ad integrare la certa ed effettiva “detenzione di scritture contabili”, tale da giustificare un provvedimento esiziale in ordine alla funzione giudicante in materia tributaria.
Né possono sul punto valorizzarsi le considerazioni dell’avvocatura in ordine al fatto che molte delle scritture contabili innanzi tenute dalla Fiscal Data srl siano stati trasferiti alla Fiscality srl di cui sarebbe contitolare il figlio dell’appellato, poichè questa è circostanza che sebbene oggetto della comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, non è confluita nei motivi per i quali l’organo di autogoverno si è deciso nel senso della decadenza.
E tornando ai motivi della pronunciata decadenza, non v’è dubbio che l’attività di liquidatore, ossia quella finalizzata alla chiusura della società, non possa integrare un’incompatibilità rilevante ai sensi dell’art. 8, comma 1 lett. i) del d.lgs. 545/92, ove risulti provato che l’attività di tenuta di scritture contabili sia stata da subito sospesa per dare spazio alla sola attività meramente liquidatoria.
L’appello è pertanto respinto, non essendo utile approfondire gli ulteriori motivi di gravame implicitamente basati sul superamento della sopra esaminata questione preliminare di merito (il riferimento è alla diversa ed ulteriore questione dell’ultrattività delle cause di decadenza ormai cessate).
Parimenti da respingere è il gravame relativo al capo contenente statuizioni di carattere risarcitorio. L’avvocatura sostiene sul punto, che il ricorrente non abbia adeguatamente assolto all’onere probatorio in ordine all’elemento soggettivo della colpa. La giurisprudenza ha tuttavia già da tempo chiarito che in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile (da ultimo, Consiglio di Stato sez. V, 31 luglio 2012, n. 4337, ma anche questa Sezione, 18 luglio 2008, n. 3615). E nel caso di specie la dimostrazione della scusabilità dell’errore non è stata invero fornita.
Del pari non condivisibile è la censura incentrata sul carattere non retributivo delle somme corrisposte ai giudice tributario. In disparte ogni considerazione circa la reale natura delle somme erogate, appare dirimente la circostanza che esse non sono state più percepite proprio a causa di un comportamento imputabile all’amministrazione. Piuttosto, potrebbe discutersi dell’eventuale detrazione dei costi ordinariamente sostenuti dal giudice tributario per lo svolgimento della propria attività lavorativa, ma essi, in assenza di specifiche e comprovate allegazioni, non possono che considerarsi nulli o trascurabili.
Per concludere, sul versante delle spese di lite, appare equo compensarle avuto riguardo ai contenuti della fattispecie controversa ed alla consistenza, rilevanza e qualità delle questioni poste a mezzo del gravame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)