Legittimazione al rilascio del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti iva- Consiglio di Stato Sentenza n. 6028/2012
sul ricorso numero di registro generale 66 del 2011, proposto da:
Associazione Nazionale Tributaristi Lapet, Federico Mula, rappresentati e difesi dall’avv. Giorgio Robiony, con domicilio eletto presso Giorgio Robiony in Roma, via Bruxelles, 59;
contro
Agenzia delle Entrate in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Angelina Petrucci;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – Roma – Sezione II n. 33676/2010, resa tra le parti, concernente legittimazione al rilascio del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti iva
Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza n. 6028/2012 del 28.11.2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 giugno 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Giorgio Robiony e Daniela Giacobbe, avvocato dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’associazione nazionale LAPET ed il dott. Mula adivano il TAR Lazio al fine di ottenere l’annullamento della circolare 57/E del 23 dicembre 2009, avente ad oggetto “primi chiarimenti in merito alle disposizioni stabilite dall’art. 10 del DL 78/2009 convertito in legge 102/2009. Visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA per importi superiori a 15.000 euro”, nella parte in cui esclude dal novero dei soggetti legittimati al rilascio del “visto di conformità” i professionisti che “esercitano abitualmente l’attività di consulenza fiscale”, incaricati della trasmissione in via telematica delle dichiarazioni fiscali (cd tributaristi).
Le censure poggiavano essenzialmente sulla mancata considerazione del necessario ed inscindibile nesso di collegamento tra attività di trasmissione delle dichiarazioni fiscali (pacificamente consentita ai tributaristi) ed il rilascio del visto di conformità; sulla possibilità, implicita nella ricostruzione esegetica fornita dalla circolare, che il visto possa essere rilasciato da chi non ha redatto la dichiarazione o non ha tenuto le scritture contabili.
Il TAR Lazio ha respinto entrambe le censure.
L’associazione LAPET ed il dott. Mula hanno proposto appello.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 5 giugno 2012.
DIRITTO
La questione concerne l’abilitazione dei professionisti che esercitano abitualmente l’attività di consulenza fiscale (i cd tributaristi) all’apposizione del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA.
La detta categoria professionale trae linfa dall’art. 3 del dPR 22/07/1998, n. 322, il quale nell’elencare i soggetti abilitati alla presentazione della dichiarazione in via telematica, vi ricomprende “altri soggetti individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze”. Tra questi soggetti, successivamente individuati con DM del 2001, vi sono anche i “tributaristi”.
Ora il DL 01/07/2009, n. 78, convertito con mod. in legge 3 agosto 2009, n. 102, ha previsto che i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito. Non ha però esplicitamente indicato quale dei soggetti contemplati dall’art. 3 del dPR 22/07/1998, n. 322 è abilitato a rilasciare il predetto visto.
Il MEF in sede di prima interpretazione ha ritenuto che i soggetti abilitati fossero solo quelli indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, con esclusione dei “tributaristi”.
La fondamentale obiezione di questi ultimi, respinta dal Giudice di prime cure, è che così interpretando la norma si opererebbe una scissione tra abilitazione a tenere le scritture contabili ed a trasmettere la dichiarazione (riconosciuta a tutti i soggetti, ivi compresi i tributaristi), ed abilitazione ad apporre il visto di conformità, limitata esclusivamente: a) agli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro; b) ai soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria (trattasi, appunto, dei soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni).
La tesi non può essere condivisa.
L’esistenza di un inscindibile collegamento tra abilitazione alla trasmissione della dichiarazione e visto di conformità è affermazione indimostrata e non sostenibile sulla base delle norme vigenti. Più precisamente, può sostenersi che i soggetti abilitati al visto di conformità debbano necessariamente essere abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, ma non viceversa, ossia che tutti i soggetti abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni siano, per ciò solo, abilitati al visto. Il nesso funzionale non è cioè biunivoco.
La conferma la si trova nell’unica norma che disciplina il visto di conformità: l’art. 35 del d. lgs 09/07/1997, n. 241. Essa recita “i soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, rilasciano, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l’asseverazione di cui ai commi 1 e 2, lettera a), del presente articolo relativamente alle dichiarazioni da loro predisposte”
Dunque esiste una precisa scelta di fondo del legislatore in relazione alle categorie attributarie di poteri di controllo e certificazione sulla corrispondenza tra dati dichiarati, risultanze contabili e documentazione contabile, scelta che deve essere interpretata ed applicata secondo criteri rigorosi.
La vicenda normativa che ha dato origine alla norma sulla compensazione e sul visto è del resto prova di un atteggiamento restrittivo del legislatore in proposito, poichè, com’è noto, il DL 78/2009, nella sua originaria versione, limitava ulteriormente i soggetti abilitati al visto ai fini della compensazione IVA ai soli gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro di cui alla lett. a) del comma 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
E’ pur vero che la limitazione è stata eliminata in sede di conversione in legge, ma ciò non può evidentemente significare che l’estensione dei poteri di controllo e certificazione operi per tutte le categorie contemplate dal decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 e dal DM 19 aprile 2001. Piuttosto, il legislatore ha ritenuto di lasciare inalterata la normativa generale in tema di visto e di categorie a ciò abilitate.
Il gravame solleva una questione ulteriore, non esaminata dal Giudice di prime cure.
La normativa prevede che i professionisti possano rilasciare il visto di conformità se (oltre ad essere abilitati alla trasmissione della dichiarazione) hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le scritture contabili (art. 23 DM 164/1999).
Secondo gli appellanti la norma sarebbe espressione di un ulteriore stadio del principio di necessario collegamento: oltre al collegamento tra trasmissione telematica e “visto”, sarebbe, più a monte, rinvenibile un collegamento tra trasmissione della dichiarazione e tenuta delle scritture contabili, sicchè, considerando gli estremi della catena logica, dovrebbe affermarsi che chi non ha tenuto le scritture contabili non può apporre il visto.
Nel caso di specie la circolare avrebbe autorizzato ai soggetti abilitati, l’apposizione del “visto”, anche in deroga all’obbligo di necessaria e relativa tenuta delle scritture contabili.
Anche tale argomentazione è priva di conforto normativo.
E’ pur vero che l’art. 23 del Decreto ministeriale 31/05/1999, n. 164 ha previsto all’art. 23 che i professionisti rilasciano il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili, ma ha al contempo aggiunto che “Le dichiarazioni e le scritture contabili si intendono predisposte e tenute dal professionista anche quando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente ……………, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista”.
La circolare “tenuto conto dell’obbligatorietà del visto di conformità ai fini della fruizione dell’istituto della compensazione” ha ritenuto che “nelle ipotesi in cui le scritture contabili siano tenute da un soggetto che non può apporre il visto di conformità, il contribuente potrà comunque rivolgersi ad un professionista abilitato all’apposizione del visto. Resta fermo che tali soggetti sono comunque tenuti a svolgere i controlli di cui ai paragrafi seguente ed a predisporre la dichiarazione”.
Trattasi di una interpretazione teleologicamente orientata a garantire il coordinamento tra potere di “visto” (reso obbligatorio per la compensazione IVA) circoscritto dal legislatore ad alcune categorie, ed abilitazione diffusa a tenere le scritture contabili, che comunque prevede l’obbligo di consegnare la documentazione contabile al professionista incaricato del visto (e della trasmissione telematica della dichiarazione) in guisa da rendere il controllo effettivo.
In assenza di un intervento legislativo, interpretazioni diverse, invece intese ad estendere il potere di visto – come vorrebbero gli appellanti – non sembrano allo stato percorribili.
L’appello è pertanto respinto.
Avuto riguardo alla novità delle questioni, le spese del giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)