L’istanza di autotutela sana i vizi di notifica – Cassazione Civile Sentenza 15252/2012
È principio oramai consolidato della giurisprudenza della Corte di cassazione secondo cui sussiste la sanatoria degli atti invalidi quando viene raggiunto lo scopo della loro conoscenza (rectius, conoscibilità) al destinatario degli stessi e si applica a tutti gli atti amministrativi anche se previsto espressamente soltanto per gli atti processuali dall’articolo 156 cpc, comma 3.
Infatti, la Suprema corte è ferma nel ritenere – con la sentenza a sezioni unite 5 ottobre 2004, n. 19854, e le successive conformi 30 novembre 2009, n. 25140; 25 febbraio 2010, n. 4593; 30 dicembre 2010, n. 26481; 31 marzo 2011, n. 7404; 12 maggio 2011, n. 10445; 31 maggio 2011, n. 12007; 27 giugno 2011, n. 14029; 7 ottobre 2011, n. 206 – che tale regola risulta applicabile per analogia anche agli atti di imposizione tributaria seppure essi siano stati qualificati atti non processuali, ma di natura sostanziale, in quanto attraverso loro l’Amministrazione finanziaria enuncia le ragioni della pretesa tributaria.
La pronuncia delle sezioni unite citata ha tratto la conseguenza che la proposizione del ricorso alle Commissioni tributarie, evidenziando la piena conoscenza dell’atto, costituisce sanatoria dei vizi di notifica solo se avvenuta prima del decorso del termine di decadenza dell’Amministrazione, non potendo mai derivare la convalida ex tunc di un atto imperfetto, di per sé inidoneo a evitare la decadenza.
Come parimenti noto, la conferma a tale assunto è stata rinvenuta dalla giurisprudenza di legittimità nell’espresso richiamo delle norme processuali civilistiche sulla notificazione, da parte delle disposizioni tributarie (ad esempio, nel campo delle imposte dirette dall’articolo 60 del Dpr n. 600 del 1973) come ben rilevato dalla pronuncia del Supremo collegio, citata da questa in rassegna, n. 2272 del 2011.
In tale pronuncia di legittimità, difatti, venne ribadito che, in forza dell’applicazione del regime delle nullità processuali e delle relative sanatorie disciplinate dall’articolo 156 cpc, la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per il raggiungimento dello scopo dell’atto.
Nel caso di specie, la società contribuente lamentava, nel ricorso avverso la cartella di pagamento regolarmente notificatale, l’omessa notifica dell’avviso di accertamento del Comune ai fini Ici, ossia dell’atto presupposto ritenuto non portato a conoscenza per erronea notificazione presso la sede sociale, ma la presentazione dell’istanza di annullamento in autotutela degli avvisi di accertamento allo stesso ente impositore ha fatto escludere alla sentenza in nota la nullità dell’atto accertativo.
L’assenza di tale comportamento del contribuente avrebbe permesso di considerare fondato il ricorso in base alla giurisprudenza della Cassazione, che disconosce la notifica degli avvisi di accertamento se eseguita nei confronti di altro soggetto (persona fisica) e priva di qualsiasi collegamento con il contribuente, non in quanto affetta da nullità (sanabile), ma addirittura inesistente, con conseguente insuscettibilità di sanatoria.
In questo senso viene citata dalla sentenza in nota la decisione di legittimità n. 25350 del 2009, per la quale la notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a una persona che non presenti alcun riferimento con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranea, mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, “cosi da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario”.
Nel caso di specie viene evidenziato come la sola erronea indicazione del nominativo del legale rappresentante della società destinataria (essendo gli atti impositivi rivolti alla società di capitali e all’amministratore non più in carica) non può valere a rendere inesistente la notifica degli atti, eseguita comunque presso la sede legale della società stessa.
a cura di “Giurisprudenza delle Imposte” edita da Assonime
Fonte: nuovofiscooggi.it