Amministrativa

Revoca del programma speciale di protezione – Consiglio di Stato Sentenza n.5906/2012

sul ricorso numero di registro generale 2019 del 2012, proposto da:
Paolo Bellini, rappresentato e difeso dall’avv. Manfredo Fiormonti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Manfredo Fiormonti in Roma, via De’ Santi Quattro 56;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: sezione I TER n. 1488/2012, resa tra le parti, concernente la revoca del programma speciale di protezione

Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 5906/2012 del 21.11.2012

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2012 il Cons. Hadrian Simonetti e uditi per le parti l’avvocato Fiormonti e l’avvocato dello Stato Soldano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il Sig. Paolo Bellini fu sottoposto, a far data dal 1995, al programma di protezione quale testimone di giustizia, in relazione alle dichiarazioni da lui rese in merito alle stragi di mafia avvenute a Roma, Firenze e Milano nel 1993.
A distanza di anni, dopo che il programma gli era stato più volte prorogato, la Commissione centrale con atto del 26.2.2009, emanato ai sensi dell’art. 13 quater della l. 82/1991, ne ha disposto la revoca, richiamando il parere in tal senso della Direzione Distrettuale Antimafia.
2. Proposto ricorso avverso tale atto, per violazione di legge ed eccesso di potere, il Tar lo ha respinto sul rilievo che, in linea generale, le speciali misure di protezione sono temporanee e che la loro applicazione è subordinata all’attualità del pericolo, alla sua gravità, all’idoneità delle misure stesse e all’osservanza degli impegni assunti dal collaboratore; e che, nel caso di specie, legittimamente l’amministrazione competente non avesse ravvisato la presenza di tali presupposti.
3. Con il presente appello sono riproposte le censure già dedotte in primo grado, sottolineando la validità del contributo prestato dal Bellini e l’attendibilità delle sue dichiarazioni testimoniali, come confermato dall’esito dei giudizi penali che lo hanno visto coinvolto, nei quali gli è stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 8 del d.l. 152/1991 convertito nella l. 203/1991.
4. Si è costituita l’Amministrazione, replicando con articolata memoria difensiva.
Respinta l’istanza cautelare nella camera di consiglio del 14.4.2012, all’udienza pubblica del 26.10.2012 la causa è passata in decisione.
5. L’appello è infondato e va respinto.
5.1. In disparte l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla difesa erariale, sul rilievo che l’appello riproporrebbe le stesse identiche questioni già prospettate in primo grado e disattese dal Tar, la sentenza impugnata merita di essere confermata.
5.2. Ricordata infatti la natura temporanea delle misure di protezione ed il lungo tempo nel quale l’odierno ricorrente ha beneficiato del programma, nel giudizio della Commissione centrale, formulato sulla base del decisivo parere reso dalla Direzione Nazionale Antimafia, emerge chiaramente come la collaborazione del Bellini non risponda (più) ai canoni di intrinseca attendibilità, completezza e notevole importanza che l’art. 9, co. 3, del d.l. 8/1991, convertito nella l. 82/1991, indica tra le principali condizioni di applicabilità delle misure di protezione in questione.
5.3. Il parere della DNA sottolinea, piuttosto, come “la presunta collaborazione del Bellini si rivela nel suo complesso strumentale al tentativo di rendere indecifrabile (…) quella complessa trama di relazioni, complicità, collusioni e protezioni che ha caratterizzato, negli anni, tutta la sua operatività criminale”.
Si tratta di un giudizio assai netto, che proviene dall’organismo provvisto delle conoscenze specialistiche migliori, che vale ad escludere che ricorrano, allo stato attuale, le condizioni di applicabilità delle misure di protezione e che, come tale, può fondare un provvedimento di revoca ai sensi dell’art. 13 quater co. 3 del citato d.l. 8/1991, ovvero una revoca disposta all’esito della verifica periodica che per legge, data appunta la temporaneità della misura, la Commissione è chiamata a compiere.
5.4. Ciò posto, è vero anche che nel provvedimento impugnato la Commissione centrale richiama l’ipotesi, differente, della revoca obbligatoria, disposta ai sensi dell’art. 13 quater co. 2, nei casi in cui il beneficiario del programma di protezione non abbia osservato gli impegni assunti a norma dell’art. 12 co. 2 lett. b). Ma il richiamo di tale previsione – come rivela l’uso del condizionale nella motivazione dell’atto – deve considerarsi aggiuntivo rispetto alla base giuridica principale che è data, giova ribadire, dal venir meno delle condizioni che in origine avevano giustificato l’adozione delle misure.
5.5. Se questa è la lettura da dare al provvedimento impugnato, le censure riproposte in questa sede dalla difesa del Bellini sono, per un verso, irrilevanti nella parte in cui contestano l’esistenza dei presupposti della revoca obbligatoria e, per altro verso, comunque infondate laddove richiamano gli esiti sul piano penale della collaborazione del Bellini per sostenerne l’utilità e la necessità anche ai fini amministrativi; così da giustificare una nuova proroga del programma di protezione.
Infatti, ribadito, una volta ancora, come il provvedimento in questione contenga una revoca ai sensi dell’art. 13 quater co. 3, la persistenza delle condizioni originarie di ammissione al programma di protezione non può farsi discendere dal solo fatto che, in sede penale, in più di una circostanza al Bellini sia stata riconosciuta l’attenuante speciale di cui all’art. 8 del citato d.l. 152/1991. Ciò in ragione non solo della reciproca autonomia che sempre caratterizza i differenti piani della vicenda ma, anche, del complessivo giudizio di attendibilità non piena e di utilità limitata (se non di vera e propria contraddittorietà delle dichiarazioni da lui rese) che, nel caso del Bellini, rappresenta la cifra complessiva della sua collaborazione proprio in sede penale, stando ai motivati e persuasivi pareri della DDA e della DNA.
5.6. Né, infine, l’asserita attualità dello stato di pericolo, prospettata dal ricorrente nonostante i molti anni trascorsi dall’inizio della collaborazione, può da sola giustificare l’ennesima proroga della misura, a fronte di un giudizio così netto sulla utilità e sulla attendibilità delle dichiarazioni rese, e sul presupposto che la posizione dell’interessato, come quella dei suoi familiari, sia stata tempestivamente segnalata alle autorità competenti per l’adozione delle misure ordinarie di protezione.
6. In conclusione, per tali ragioni, l’appello è infondato e va respinto.
7. Le spese del giudizio possono essere compensate, per gli stessi motivi indicati dal Giudice di primo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore
Dante D’Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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