Amministrativa

Inidoneita’ ad assegnazione alloggio erp – Consiglio di Stato Sentenza n.5829/2012

sul ricorso numero di registro generale 8669 del 2007, proposto da:
Galavotti Vittorio, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino, Edoardo Galavotti, Fedele Lucchetta, con domicilio eletto presso Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
contro
Ministero delle Infrastrutture, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Cooperativa Edilizia S. Anna, rappresentata e difesa dall’avv. Marcello Allevato, con domicilio eletto presso Rosa Maria Staiano in Roma, via Nicastro, 11;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO: SEZIONE I n. 00997/2007, resa tra le parti, concernente inidoneita’ ad assegnazione alloggio erp

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 5829/2012 del 19.11.2012

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e di Cooperativa Edilizia S. Anna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 novembre 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Gianpaolo Ruggiero in sostituzione di Mario Sanino, Rosa Maria Staiano e Antonietta Scopelliti su delega dell’avv. Marcello Allevato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con separate deliberazioni, il Consiglio di amministrazione della Cooperativa edilizia S. Anna di Cosenza ha dichiarato la decadenza del signor Vittorio Galavotti dalla qualità di socio (16 febbraio 1970) e, in seguito, l’irregolarità dell’iscrizione nell’elenco dei soci, con conseguente inidoneità ad assumere lo status di assegnatario di un alloggio (23 giugno 1975).
Contro tali deliberazioni, il signor Galavotti ha fatto ricorso alla Commissione regionale di vigilanza per l’edilizia popolare ed economica e quindi alla Commissione centrale che, con decisione del 17 settembre 2002, li ha respinti, previa riunione.
Il successivo ricorso del signor Galavotti è stato respinto dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria – Catanzaro, Sezione I, con sentenza 8 luglio 2007, n. 997.
Contro la sentenza il ricorrente ha interposto appello, sostenendo che erroneamente questa avrebbe ritenuto sussistenti – ai fini della dichiarazione di decadenza da socio – i requisiti della impossidenza e della morosità. In particolare:
per quanto concerne l’impossidenza, l’appellante, ricostruita la scansione della vicenda, sostiene che al momento dell’assegnazione (anche se provvisoria) dell’alloggio da parte della Cooperativa non era proprietario di alcun fabbricato, ma solo di un terreno, sul quale solo successivamente sarebbero sorti immobili, peraltro non adeguati al suo nucleo familiare (alcuni magazzini; due appartamenti di due vani ciascuno, oltre agli accessori);
quanto alla morosità, egli, per quanto escluso dalle assemblee sociali, avrebbe continuato a pagare la rata del mutuo sino all’estinzione; la Cooperativa non lo avrebbe mai diffidato al pagamento delle spese generali; solo dopo circa trent’anni, su impulso della Cooperativa, il Ministero avrebbe provveduto alla diffida, a seguito della quale il Galavotti, al fine di evitare la dichiarazione di decadenza, avrebbe pagato la somma richiesta e così sanato qualunque eventuale morosità.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere all’appello, la Cooperativa edilizia S. Anna (che insiste anche sulla inammissibilità del ricorso di primo grado) e il Ministero delle infrastrutture.
All’udienza pubblica del 24 aprile 2012, su richiesta dell’appellante, la causa è stata rinviata al 6 novembre.
In quella data, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
In via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, formulata dalla Cooperativa S. Anna sul riflesso che l’art. 131 del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165, testualmente ammette contro le decisioni della Commissione di vigilanza soltanto il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.
L’eccezione è palesemente infondata.
Come ha correttamente rilevato la sentenza impugnata, la disposizione in discorso è stata adottata in un assetto normativo che assegnava al Consiglio di Stato funzioni di giudice amministrativo di unico grado. Mutato tale assetto, è del tutto logico ritenere che il richiamo al Consiglio di Stato debba intendersi come riferito al giudice amministrativo, nella sua configurazione concretamente vigente.
Pertanto, come i provvedimenti delle Commissioni regionali di vigilanza di decisione dei ricorsi sono impugnabili direttamente ai Tribunali amministrativi regionali (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2007, n. 4290), altrettanto è a dirsi per i provvedimenti della Commissione centrale.
In contrario non può essere invocato un puro obiter dictum delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, contenuto in una sentenza che attiene in realtà al ben diverso problema della natura giurisdizionale o amministrativa delle funzioni attribuite alla Commissione di vigilanza dal citato art. 131, con le conseguenze che se ne devono trarre circa l’ammissibilità e i limiti di conflitti di giurisdizione (29 novembre 1988, n. 6474).
Nel merito, l’appello è infondato.
La questione è risalente e, come appare dalla documentazione contenuta nel fascicolo di primo grado, complessa in punto di fatto.
In punto di diritto, secondo l’art. 31, del richiamato regio decreto n. 1165 del 1938, “non possono essere assegnate in proprietà case economiche e popolari costruite col concorso od il contributo dello Stato: a) a chi sia proprietario nello stesso centro urbano di altra abitazione che risulti adeguata ai bisogni della propria famiglia …”.
La disposizione sancisce il c.d. requisito dell’impossidenza, che – come la giurisprudenza ha avuto modo di osservare – deve sussistere alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda e permanere in modo continuativo e ininterrotto per tutto il corso del procedimento di assegnazione in proprietà dell’alloggio e fino alla consegna del medesimo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3447).
Peraltro la qualità di assegnatario di alloggio costruito con il concorso o il contributo dello Stato si radica in capo al beneficiario soltanto con la sottoscrizione del verbale di consegna (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 giugno 1984, n. 482).
Ora nel caso di specie non è discusso – per dichiararlo implicitamente lo stesso appellante nel suo ricorso – che manca un atto di assegnazione definitiva (a pag. 8 si menziona un’assegnazione provvisoria), come pure una formale consegna (a pag. 7 il signor Galavotti afferma di aver proceduto a “prendere possesso dell’appartamento, anche perché in possesso delle relative chiavi di accesso”).
Che questa presa di possesso discenda da una unilaterale iniziativa del Galavotti emerge anche dalla fotocopia di un articolo di giornale, in atti, nel quale si legge del processo penale instaurato a seguito del fatto e conclusosi con l’assoluzione del Galavotti stesso con la formula “il fatto non costituisce reato” (formula che, come è noto, non impedisce di apprezzare il medesimo fatto sotto profili diversi da quello della responsabilità penale).
Ammesso che possa andare a buon fine, il procedimento di assegnazione non si è comunque ancora concluso.
Nel frattempo il signor Galavatti è diventato proprietario di un fabbricato nello stesso Comune di Cosenza (si veda in atti la relazione dell’architetto Antonio Gallo, datata 3 novembre 1998).
L’appellante sostiene che le unità immobiliari in questione sarebbero tuttavia non adeguate al suo nucleo familiare, sia per le loro caratteristiche (magazzini), che per le loro dimensioni (due appartamentini di appena due vani ciascuno). A parte queste affermazioni generiche, egli però non contesta nello specifico la relazione, dalla quale emerge che il fabbricato, oltre a ospitare magazzini a destinazione commerciale, comprende due appartamenti al primo piano (per complessivi otto vani più accessori) e un appartamento al sesto piano (composto da sette vani più accessori). Poiché il numero massimo di vani consentito per accedere all’edilizia economica e popolare, costruita con il concorso o il contributo dello Stato, è fissato in cinque dall’art. 31 del regio decreto n. 1165 del 1938, è evidente il difetto del prescritto requisito dell’impossidenza.
Ciò è sufficiente per confermare la sentenza impugnata, senza che occorra valutare l’altro motivo dell’appello.
Respinto l’appello, sussistono peraltro giustificate ragioni, considerata la natura della controversia, per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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