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Serie A 13^ GIORNATA: La Lanterna si accende per il derby della paura – di Angelo Abbruzzese

La tredicesima tappa di questo campionato si apre con la prima fermata che ha sede a Torino, per l’anticipo delle 18 tra Juventus e Lazio. Juve con tutti i titolarissimi, eccezion fatta per Pirlo (squalificato) e Vucinic (influenzato). La Lazio, invece, deve fare i conti con le assenze decretate dal giudice sportivo di Mauri e Lulic, rimpiazzati da Brocchi e Radu, entrambi al rientro da titolari dopo tanti mesi di assenza. È la partita di Pogba, per tanti motivi. Per farsi perdonare i due ritardi che gli sono costati la partita contro il Pescara. Per dimostrare di essere in grado di sostituire un mostro sacro come Pirlo, al primo esame importante. Perché Pogba fa rima con Drogba, e Marotta nel prepartita ha lasciato intendere che un tentativo per il centravanti ivoriano, a Gennaio, verrà fatto. Le due squadre iniziano subito a spron battuto, con difese alte e spazi stretti. Giovinco e Quagliarella cercano di posizionarsi tra le linee e a turno attaccano lo spazio in verticale alle spalle di Ledesma. Ma Pogba non è Pirlo, e si vede. Il francesino si posiziona in cabina di regia, fa valere il suo fisico, recupera tanti palloni ma a volte è impreciso in fase di impostazione. Come da copione, Bonucci veste i panni del regista arretrato, smistando palloni di qua e di là, ma il match non decolla. In mezzo al campo dominano gli uno contro uno: si lotta. Poi la Juve alza il ritmo, guadagna metri e mette pressione ai portatori di palla avversari, schiacciando la Lazio nella propria metà campo. Arrivano anche le prime palle gol: la girata di Giovinco e la successiva respinta di Marchetti, che Quagliarella non riesce a spedire in rete, i due agganci prelibati della Formica Atomica, non finalizzati a dovere. La Juventus tiene in mano il filo del gioco, ma manca l’acuto. E nel secondo tempo il forcing bianconero continua. L’occasionissima ce l’ha ancora Quagliarella, deviando col sinistro una conclusione da fuori di Vidal. Sulla zampata dell’attaccante napoletano, però, Marchetti è prodigioso. Isla inizia a confezionare più cross dalla sua fascia, come quello che mette davanti al portiere Marchisio, che non riesce a trovare la deviazione giusta. O ancora, come quello sul quale Konko rischia l’autogol qualche minuto più tardi. Sul susseguente calcio d’angolo, la palla gol più clamorosa della partita, con Bonucci che colpisce la traversa con un tocco di destro da due metri. Il portiere laziale è strepitoso ancora una volta su Marchisio, che, sulla sponda di Matri (entrato al posto di Quagliarella), riesce a lasciar partire un preciso destro a giro, sul quale Marchetti non si fa sorprendere, respingendo coi pugni. Entrano anche Pepe e Bendtner per Isla e Pogba, ma il risultato non cambia. Alla fine la partita non è stata di Pogba, bensì di un Marchetti che è stato protagonista assoluto per 90 minuti e ha reso vani tutti i tentativi bianconeri. Un top player, a questa Juventus, continua a mancare. Che sia arrivato il momento di Drogba? Aspettiamo tutti gennaio.

Nella seconda gara in programma nel sabato di Serie A, il Napoli ospita il Milan, fresco della visita presidenziale. Il Napoli vuole ridurre le distanze dalla vetta e deve cercare di farlo orfano di Pandev e Behrami e con Insigne e Dzemaili al loro posto; Milan che si presenta con un 4-3-3 con Boateng, Bojan ed El Shaarawy davanti, De Jong, Montolivo e Nocerino in mezzo, De Sciglio, Mexes, Acerbi e Constant a coprire Abbiati. Nel primo tempo i rossoneri partono bene, ma vengono colpiti dal sinistro di Inler sul quale c’è l’evidente complicità di Abbiati. Il Napoli, così, può fare il suo gioco: pur senza Pandev, Insigne e Hamsik riescono a ripartire spesso facendo male alla difesa del Milan. Arriva puntuale il 2-0 di Insigne, bella girata con deviazione di Acerbi (e Abbiati sfortunato ma non esente da colpe). Potrebbe arrivare anche il terzo se lo scugnizzo napoletano, in un eccesso di altruismo, non facesse l’errore di cedere la palla a Cavani, recuperato dalla difesa rossonera, invece di trafiggere ancora Abbiati. Siamo alla mezz’ora e il Napoli decide, inspiegabilmente, che può bastare, che i ritmi possono abbassarsi. Ragionamento sì logico, ma portato all’esasperazione dagli uomini di Mazzarri, tanto che i ritmi diventano così bassi che il Milan trova la fiducia per riaprire la gara. Il gol è un gioiello dal limite di El Shaarawy, che dopo la rete in Nazionale si ripete al San Paolo. Allegri e Mazzarri non operano cambi nella ripresa anche se, per motivi diversi, ne avrebbero bisogno. Il Napoli infatti, pur in vantaggio, proprio non riesce a salire di giri. Le occasioni da gol arrivano, con Cavani (e un Abbiati finalmente presente), ma sono più che altro azioni casuali, l’orchestra azzurra non suona come tante altre volte. Hamsik ha sui piedi l’opportunità del definitivo ko, ma spreca malamente calciando a lato. Inler e Dzemaili non riescono a prendere in mano il centrocampo, Insigne inizia ad avere il fiatone. Il Milan, invece, nonostante lo svantaggio non va oltre qualche buona azione. Non basta la buona volontà di Boateng e il traino di Montolivo, il Milan gioca benino ma senza affondare il colpo. Serve una scossa dalla panchina. Quella che arriva con Robinho (elogiato in conferenza stampa da Allegri) che imbecca ancora El Shaarawy, puntuale all’appuntamento per il suo decimo gol in campionato, sempre più capocannoniere. L’arrembaggio finale del Napoli è disordinato, dettato dal cuore e inconcludente. Il pareggio, alla fine, è il risultato più giusto. Mazzarri esce dal campo nero per la rimonta subita e per l’occasione di accorciare sulla Juve mancata. Ma soprattutto perché non ha visto il suo Napoli sanguigno e combattente. Allegri rientra a casa sorridente, tornare da Napoli con un punto dopo essere stato sotto di due gol può essere una bella iniezione di fiducia in vista di Bruxelles. Sarà stata la carica di Berlusconi o un Robinho di nuovo decisivo ma con questo El Shaarawy (che vince anche la sfida a distanza con Cavani) risalire la china non è affatto proibitivo.

Niente anticipo delle 12.30, si torna in campo direttamente con le gare delle 15. Spicca sicuramente l’impegno casalingo dell’Inter contro il Cagliari. Un’Inter che vuole portarsi a -2 dalla Juventus e per farlo Stramaccioni ritrova in un colpo solo Samuel e Ranocchia e torna alla difesa a tre. In avanti confermatissimo il tridente pesante Palacio-Milito-Cassano. Sul fronte opposto la coppia Pulga-Lopez si affida a Sau e Nenê in attacco, con Pinilla che parte dalla panchina. Partenza a razzo dei nerazzurri, con Milito che ha sui piedi due buoni palloni: il primo viene ribattuto, l’altro termina alto sopra la traversa. Monologo nerazzurro? Sbagliato. Perché il Cagliari è messo bene in campo e per gli uomini di Stramaccioni non è facile trovare spazi. Handanovic è bravo a rispondere al tentativo di Nenê al volo poi al 10’ arriva il gol vantaggio dei padroni di casa: grande assist di Cassano (un altro) per Palacio, che va ancora a segno, per la quinta partita consecutiva. Trovato il gol l’Inter rallenta stranamente il ritmo, consentendo al Cagliari di prendere le misure all’avversario e guadagnare metri. Cossu si libera della stretta Cambiasso-Gargano decentrandosi e salendo in cattedra, ma dall’altra parte c’è un super Handanovic che scalda i guantoni e para l’imparabile, finché può. Il portierone nerazzurro è strepitoso prima con un gran riflesso su colpo di testa di Astori, poi sulla schiacciata di Nenê su traversone del sorprendente Danilo Avelar. Nell’occasione l’attaccante si sfracella il sopracciglio ed esce in barella. Dentro Pinilla. Nulla può, però, al 43’, quando Cossu crossa per Sau che sorprende Juan Jesus e firma l’1-1. Prima dello scadere chance per Milito, Agazzi dice no. L’Inter inizia la ripresa decisa a portare a casa la partita. E al 55’ ha l’occasione per farlo ma Milito si divora il 2-1 mandando alle stelle da due metri dopo una grande invenzione di Cassano per Nagatomo. I nerazzurri accusano, però, l’assenza di Guarin in mezzo al campo. E il Cagliari si distende bene in avanti, trascinata dalla qualità di Cossu e dalla vivacità di Sau. Che al 22’ punisce ancora: Pinilla si inventa una sforbiciata incredibile che si stampa sul palo, la palla poi finisce a Sau, che con una finta manda al bar due difensori e lo stesso Handanovic, per poi depositare palla in rete. Ultimo quarto d’ora è assedio Inter, con Strama si gioca anche le carte Coutinho e Alvarez. Ed è proprio su cross dell’argentino che Astori devia nella propria porta regalando all’Inter il pareggio a sei minuti dalla fine. Da questo momento in poi è Agazzi-show, che prima si oppone a Ranocchia e poi è bravissimo ad arrivare su tiro di Coutinho deviato da Dessena. Al 90’ l’episodio più incriminato del match: Astori stende in area Ranocchia, Giacomelli non prende provvedimenti. Stramaccioni protesta e viene cacciato, Moratti manda a quel paese il direttore di gara, l’Inter rimane in silenzio stampa. La Juve resta a +4, l’Inter è delusa e arrabbiata. Da San Siro il Cagliari va a casa con una prestazione di spessore.

La Fiorentina, al “Franchi” ospita l’Atalanta di Colantuono, in una sfida tra due tra le squadre più in forma del momento. L’avvio della Viola è veemente: Toni al 2’ scalda Consigli, Gonzalo Rodriguez (al terzo gol stagionale) al 5’ lo impallina con un sinistro che sbatte sotto la traversa prima di infilarsi in rete. Partita subito in discesa, ma la Viola commette l’errore di crogiolarsi troppo col palleggio, perdendo di vista la fase difensiva. Schelotto spinge a destra, Moralez inventa tra le linee e Denis fa salire la squadra nerazzurra. Proprio da un destro del centravanti argentino (rimpallato da Roncaglia), al 32’, nasce il pareggio dei nerazzurri: Raimondi tocca per Bonaventura che, in posizione più che dubbia, beffa Viviano con un tocco di destro. L’1-1 sveglia la Fiorentina, che riprende a macinare gioco senza troppe leziosità fini a se stessi. Pizarro, cervello della squadra davanti alla difesa, smista palloni a destra e sinistra ma trova anche il tempo di sganciarsi in avanti. Minuto 42: slalom del cileno che viene steso, punizione dal limite dell’area che Aquilani pennella nel sette. Squadre al riposo sul 2-1? Neanche per sogno. Cigarini perde una sciagurata palla nella propria metà campo e serve involontariamente Cuadrado, che si invola verso Consigli ma viene atterrato dallo stesso centrocampista nerazzurro: rosso diretto (chiara occasione da gol, a cui si aggiunge l’intervento da dietro) e Atalanta in dieci. La marea viola, però, si placa solo un minuto più tardi (48’), quando Aquilani devia in rete un angolo battuto da Borja Valero. La gara va in archivio al 4’ del secondo tempo, con Toni che incorna un assist da destra di Aquilani e sale a quattro gol in campionato. Festa per tutti, al Franchi. Per Andrea Della Valle, osannato dalla Fiesole, e per Vincenzo Montella, che insieme alla squadra sta alimentando un sogno di cui nessuno parla ma in cui tutti, sotto sotto, cominciano a credere. Nell’aria di Firenze, oggi, si avverte qualcosa di magico: la Juventus, a +5, non è poi così lontana.

Con i primi due gol in campionato di Almiron, il Catania batte il Chievo e sale a 19 punti, a ridosso della zona Europa League. Grande partita dei padroni di casa che riescono a passare al 50’ con l’incornata del numero 4 argentino che poi raddoppia con un gran tiro a giro all’87’. Di Andreolli (seconda marcatura consecutiva per lui) su calcio di punizione dalla destra il gol del 2-1 al 95’. Non riescono a ingranare i veneti con Eugenio Corini, il Chievo rimane a 11 punti.

Quarto pareggio di fila e settimo in totale per l’Udinese, che al Friuli non va oltre il 2-2 con il Parma. Al 9’ Di Natale porta in vantaggio i bianconeri di Guidolin con un pallonetto perfetto dopo aver raccolto, sul filo del fuorigioco, un lancio perfetto di Domizzi. Al 1° minuto della ripresa Marchionni pareggia i conti, battendo Brkic con un destro di punta dopo una mischia in area. Di Pereyra, quattro minuti dopo, la rete del 2-1 della squadra friulana, in seguito ad una respinta di Mirante su destro di Basta. Palladino, all’89’, raccoglie un lancio di Parolo e segna il gol del conclusivo 2-2, con un delizioso pallonetto a scavalcare Brkic in uscita.

Dopo oltre un mese e mezzo il Bologna torna alla vittoria e lo fa con un convincente 3-0 al Palermo. Gli uomini di Pioli dominano in lungo e in largo e trovano il successo grazie ai tre attaccanti: Gilardino, Gabbiadini e Diamanti. Splendida la rete di Gilardino (girata di destro su assist di Morleo, al 22’), su calcio di rigore, invece, entrambe le segnature degli altri due rossoblù. Primo penalty concesso per fallo di mano di Donati e trasformato dall’attaccante in prestito dalla Juventus, il secondo per fallo di Ujkani su Gilardino e successivamente trasformato dal capitano del Bologna. Le due squadre terminano il match in 10 contro 8, per le espulsioni di Taider (doppio giallo), Ujkani (già citato), Barreto (doppia ammonizione) e Labrin (gioco pericoloso). Gasperini sempre più sull’orlo della graticola.

Indipendentemente dal derby di Genova, il Siena al termine della 13^ giornata di Serie A non è più ultimo da solo in classifica. Merito del successo per 1-0 sul Pescara al “Franchi”. Una partita che la squadra di Stroppa avrebbe potuto anche pareggiare se Pegolo al 44’ del primo tempo non avesse parato un rigore procurato e tirato da Vukusic. Poco prima, al 31’, il gol decisiva di Valiani. Nel finale Pescara in nove per i rossi a Capuano (doppia ammonizione) e Zanon (fallo su Calaiò, chiara occasione da gol). A fine gara l’allenatore abruzzese si dimette: piove sempre più sul bagnato per la squadra biancazzurra.

Come riportato nel suddetto titolo, è più che mai il derby della paura quello che si gioca nel posticipo del 13° turno a Marassi tra Sampdoria e Genoa. Motivo? Semplice. Le squadre di Ferrara e Delneri, infatti, arrivano alla stracittadina genovese rispettivamente da terzultima e ultima nella graduatoria della Serie A italiana, con il poco invidiabile bottino di undici sconfitte consecutive collezionate in due. Il verdetto del 105° derby di Genova, alla fine, è molto chiaro: la Samp respira, il Genoa precipita, Ferrara salva la panchina grazie a uno splendido 3-1, Delneri è sempre più nel baratro. Poli, al minuto numero 16, porta in vantaggio i suoi, mentre venti minuti più tardi Bovo realizza un clamoroso e sfortunatissimo autogol che spezza le gambe ai rossoblù. I blucerchiati giocano sulle ali dell’entusiasmo e potrebbero dilagare in varie occasioni, ma Icardi e Munari sprecano opportunità colossali dinanzi a Frey. I cambi (Vargas per Toszer e Bertolacci per Bovo) svegliano il Grifone, che accorcia le distanze al 73’ con Immobile, bravo a raccogliere un sinistro sbagliato dello stesso Vargas e a correggerlo in rete. All’88’, però, arriva l’apoteosi definitiva per Ferrara: palla in verticale di Tissone, destro di Icardi che stavolta non sbaglia davanti al portiere. Primo gol in Serie A per il diciannovenne attaccante della Samp, il pupillo di Guardiola che ha stregato la Genova blucerchiata. Il derby si chiude sul risultato di 3-1 in favore della Sampdoria, con tanti saluti a Delneri, sempre più ultimo con il suo Genoa.

Il programma della 13^ giornata di Serie A, però, non è ancora chiuso. Resta un’ultima partita, quella dell’Olimpico di Roma, dove Zeman ospita il Torino di Ventura. Come da copione, è la squadra di casa a fare la partita. Grande mole di gioco e tante occasioni, specialmente per Osvaldo, che va vicino al gol in due casi: il primo tiro termina di poco a lato, il secondo, dopo un contropiede condotto magistralmente da Lamela, leggermente alto. Totti sembra ispirato nelle sue conclusioni, come quella che fa prendere un colpo o anche qualcosa di più a Gillet poco dopo la metà del primo tempo. Florenzi continua a dare assaggio delle sue qualità di incursore e di corridore, andando anche ad un passo dal gol con un destro dal limite dell’area. E il Toro? Non sta a guardare di certo, ma si limita ad agire di rimessa. L’unica occasione del primo tempo porta la firma di Bianchi, dopo una grande azione in velocità di Cerci. Nella ripresa, dopo una fase abbastanza statica del match, Zeman cambia: fuori Totti e Florenzi, dentro Destro e Marquinho, Osvaldo diventa capitano. Ed è proprio il centravanti italo-argentino a sbloccare l’incontro: palla in verticale di Bradley per il neo entrato Marquinho, Ogbonna e D’Ambrosio intervengono sul brasiliano in modo scomposto secondo il giudice di porta Calvarese. Guida si fa condizionare dal suo assistente e indica il dischetto: rigore più che dubbio, ma come diceva Boskov “rigore è quando arbitro fischia”. Dagli undici metri Osvaldo spiazza Gillet e fa 1-0 al 71’. Da lì in poi è accademia giallorossa, Destro e ancora una volta Osvaldo sfiorano il raddoppio, che arriva soltanto all’86’ con Pjanic, il cui tiro viene deviato da Gazzi quel tanto che basta per mettere fuori causa Gillet. La partita termina 2-0, la Roma mostra progressi in fase difensiva e la solita grande capacità di costruire gioco, anche se le proteste di Ventura e la sua successiva espulsione sono più che giustificate. Il monday night che chiude la 13^ di campionato, d’altronde, non poteva che allinearsi a un weekend da paura sotto il profilo arbitrale.

Per effetto di questi risultati, la Juventus resta da sola al comando con 32 punti, pedinata da Inter, a 28, Napoli e Fiorentina, a 27. El Shaarawy resta il padrone assoluto della classifica marcatori, con ben 10 realizzazioni in 13 partite giocate.

I TOP

Stephan El Shaarawy (MILAN): Come cresce il Faraone. Di ragazzi che a 20 anni segnano ce ne sono, ma che prendano per mano una squadra come questo Milan no: El Shaarawy ha anche la lucidità di dedicare la doppietta ad Abbiati. A furia di prestazioni così, Allegri e Berlusconi non diranno più nulla sulla cresta. A casa di Cavani fa la voce grossa, e nel frattempo è sempre più capocannoniere. FANTASCIENTIFICO.

Federico Marchetti (LAZIO): Giornata di grazia. Salva il risultato almeno in tre occasioni e se la Lazio pareggia il merito è tutto suo. Fortunato sulla traversa di Bonucci. SARACINESCA.

Alberto Aquilani (FIORENTINA): Le doti tecniche, mostrate ampiamente in occasione del gol su punizione, non si discutono e già si conoscevano. Se lo supporta anche la forma fisica, come in questo momento, diventa un giocatore superlativo. PRINCIPESCO.

Note di merito anche per Marco Sau e Sergio Bernardo Almiron, entrambi autori di due importantissime doppiette, rispettivamente a San Siro contro l’Inter e al “Massimino” contro il Chievo.

I FLOP

Diego Milito (INTER): Per il Principe non è proprio giornata e non ci si può credere quando manda alle stelle da due passi il pallone servito da Nagatomo. Era davvero lui? DELUDENTE.

Luca Cigarini (ATALANTA): Lo sciagurato errore, a cui segue l’entrata su Cuadrado che gli costa l’espulsione, spiana la strada alla Fiorentina e ammazza l’Atalanta. INGENUO.

Massimo Donati (PALERMO): Quasi emblematica la sua scelta. Non trovando alibi per la debacle palermitana, in cui hanno deluso tutti, chi più chi meno, alla fine viene punito lui, per il clamoroso fallo di mano che causa il rigore e il susseguente gol del 2-0 bolognese e per la dormita in occasione della terza rete rossoblù. SCONFORTANTE.

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