Cnf. Compensi avvocati, modificare il decreto Parametri per ristabilire equità e correttezza
Il Cnf ha re-inviato oggi al ministro della giustizia il documento predisposto nel settembre scorso, e prontamente recapitato a via Arenula, che evidenzia le criticità del decreto ministeriale 140/2012, chiedendone la modifica. La nota rileva i gravi profili di illegittimità, già oggetto peraltro di una impugnativa al Tar Lazio, alla quale hanno aderito 27 Ordini forensi e l’Unione regionale campana.
Con alcune tabelle, il Cnf ha evidenziato l’entità di questo abbattimento, che arriva anche al 50% dei minimi tariffari del 2004.
Indispensabili, ritiene il Cnf, sono inoltre le modifiche relative al processo esecutivo, che non è “fase”, come considerato nel decreto, ma un vero e proprio procedimento autonomo e come tale da disciplinare, provvedendo alla rideterminazione degli importi per l’attività giudiziale civile, amministrativa e tributaria.
Il Cnf mette in luce anche le anomalie relative al procedimento per ingiunzione e per la redazione del precetto. Vizio comune è la riduzione eccessiva degli scaglioni di valore in relazione a tali procedimenti, che rischia di condurre ad una valutazione eccessivamente semplicistica, penalizzando l’operato del professionista e spingendo a non valutare l’attività effettivamente svolta e la complessità della questione affrontata.
Non comprensibile è poi la scelta di non indicare un valore medio di riferimento per la liquidazione delle spese relative a decreti ingiuntivi e precetti, fornendo invece un range di importi, quasi si trattasse delle vecchie tariffe minime e massime. Tale ventaglio di importi, a disposizione del giudice, non si presenta di facile fruibilità e recepisce l’indirizzo di drastico abbattimento dei parametri per i compensi degli avvocati: l’importo minimo liquidabile, infatti, risulta in ogni caso di gran lunga inferiore alle vecchie tariffe minime.
Per questo il Cnf raccomanda di provvedere ad una revisione in aumento dei valori indicati, tenendo altresì conto dell’eliminazione delle voci relative ai “diritti” ed al rimborso delle spese generali.
Il documento sottolinea anche l’incompletezza della previsione di un unico scaglione di valore per importi superiori ad euro 1.500.000,00, che non consente di adottare un meccanismo razionale di ragionevole previsione ed adeguato sviluppo degli onorari per importi superiori ed esporrebbe a liquidazioni del tutto differenti sull’intero territorio.
Per il Cnf occorre dunque provvedere alla previsione di un meccanismo di parametrazione più preciso, che consideri la proporzionalità del compenso rispetto all’attività svolta, evitando tuttavia un aumento esponenziale dei costi.
Il Cnf ha evidenziato come sia irragionevole la riduzione secca, anche sino alla metà del compenso, in alcune tipologie di controversie a prescindere dalla complessità e quantità delle questioni trattate: in quelle di lavoro fino a 1.000.00 euro; per l’indennizzo da irragionevole durata del processo e quelle in cui è ammesso il patrocinio a spese dello stato. Senza contare che la stessa riduzione si mostra ingiustificatamente “punitiva” nei confronti dell’avvocato in caso di responsabilità processuale imputabile all’assistito o in caso di pronuncia di rito.