Amministrativa

Concessione provvidenze per costruzione esercizio albergo – Consiglio di Stato Sentenza 5702/2012

sul ricorso numero di registro generale 1223 del 2000, proposto da:
Regione Lazio, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
contro
Sforzini Dario – deceduto; Sforzini Marcello, Sforzini Anna, Gazzella Francesca, rappresentati e difesi dall’avv. Paolo Ciuffa, con domicilio eletto presso Paolo Ciuffa in Roma, via Cicerone, n. 60;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I TER n. 03321/1998, resa tra le parti, concernente concessione provvidenze per costruzione esercizio albergo.

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 5702/2012 del 12.11.2012

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2012 il Cons. Carlo Schilardi e udito per gli appellati l’avvocato P. Ciuffa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il sig. Dario Sforzini, per la costruzione e l’adattamento di un esercizio ricettivo nel Comune di Trevignano Romano, chiedeva alla Regione Lazio l’erogazione di provvidenze ai sensi degli artt. 7 e 9 della L.R. n. 32 del 1974, che venivano concesse con deliberazioni adottate tra il 1975 e il 1978.
La Regione Lazio, sul presupposto che il sig. Sforzini non avesse rispettato il termine di ultimazione dei lavori e che l’esercizio ricettivo risultava classificato con due stelle, corrispondenti alla terza categoria, mentre nella domanda era stato precisato che sarebbe appartenuto presumbilmente alla seconda categoria, con successiva delibera n. 342 del 26.1.1988, revocava i precedenti provvedimenti di concessione delle provvidenze e disponeva il recupero degli importi erogati.
Avverso il suddetto provvedimento il sig. Sforzini proponeva ricorso al T.A.R. per il Lazio, lamentando, con riferimento alla L.R. n. 32 del 1978 e all’art. 15 della L.R. n. 80/1978, violazione di legge ed eccesso di potere per sopravvenuta carenza di interesse e contraddittorietà.
Con altro ricorso lo stesso sig. Sforzini chiedeva, altresì, l’annullamento dell’atto in data 28.12.1992, con il quale l’Assessorato Turismo e Industria Alberghiera, a seguito dell’entrata in vigore della L.R. n. 80 del 29.12.1978, in sede di riesame delle pratiche di incentivazione turistico alberghiera, intimava al ricorrente la produzione di una serie di documenti, fissando un termine perentorio per la produzione degli stessi.
All’uopo il ricorrente lamentava violazione di legge, eccesso di potere e contraddittorietà, in quanto la Regione aveva applicato la L.R. n. 80/1978, senza tenere conto che egli era già destinatario delle provvidenze di cui alla L.R. n. 32/1974, che il termine perentorio fissato per la produzione dei documenti non era previsto da alcuna disposizione normativa ed, infine, che i documenti richiesti erano già in possesso della stessa Regione.
Il T.A.R. per il Lazio, riuniti i due ricorsi, li accoglieva entrambi e, per l’effetto, annullava i provvedimenti con gli stessi impugnati.
Avverso tale pronuncia ha proposto appello la Regione Lazio.
Con unico articolato motivo di ricorso in appello, la Regione Lazio ha evidenziato che la concessione delle provvidenze per il potenziamento ed il miglioramento della ricettività alberghiera della Regione era al tempo regolata dalla legge regionale 19.7.1974 n. 32 e che l’art. 7 di tale legge tra l’altro dispone che “ La concessione delle provvidenze di cui alla presente legge, è subordinata …all’osservanza dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori, stabiliti nel decreto di concessione…”.
La regione assume quindi che dagli atti risulta che “i lavori relativi alla costruzione di un complesso edilizio alberghiero in strada provinciale per Anguillara, località Moscano, di cui alla licenza edilizia n. 6 anno 1976, rilasciata l’8 aprile 1976, …sono stati ultimati il 9 giugno 1979, e cioè successivamente al termine del 1°dicembre 1976, fissato con la delibera concessoria n. 2673 del 18 luglio 1975, termine non prorogato dalla Giunta stessa”.
La ditta Sforzini non avrebbe quindi rispettato il termine di ultimazione dei lavori e, soggiunge ancora l’appellante, l’esercizio ricettivo costruito appartiene ad una diversa categoria rispetto a quella indicata nella domanda.
Conseguentemente la Regione sostiene di essere stata tenuta a disporre la revoca delle deliberazioni della G.R. n. 2673 del 18 luglio 1975, n. 1496 del 4 aprile 1978 e n. 3255 del 14 luglio 1978 e autorizzare il recupero nei confronti della ditta Sforzini Dario degli importi erogati in conto capitale e in conto interessi.
La Regione Lazio censura infine la sentenza del T.A.R. Lazio laddove il Tribunale sostiene che per la revoca di un beneficio è necessario verificare l’esistenza di un interesse pubblico attuale.
Si sono costituiti gli eredi del sig. Dario Sforzini i quali hanno eccepito la inammissibilità dell’appello per ritenuta assenza dei presupposti di cui all’art. 101 del c.p.a. e, nel merito, la conferma della sentenza impugnata.
Si prescinde da considerazioni in ordine alla eccezione di inammissibilità del gravame avanzata dalla parte appellata, atteso che l’appello è infondato nel merito e va rigettato.
Come evidenziato dal giudice di prima istanza, dal dettato dell’art. 7 della L.R. del Lazio n. 32/1974 non risulta che il termine di ultimazione dei lavori previsto nel decreto di concessione dei contributi de quo sia perentorio, né improrogabile (come invece è avvenuto) e la non perentorietà può anche evincersi da quanto disposto al punto 1 dello stesso articolo, ove è detto che l’erogazione dei contributi, specie in caso di somministrazione a stato di avanzamento dei lavori, è soggetta alla rispondenza al progetto approvato delle opere eseguite o in corso di esecuzione.
Dette erogazioni, assoggettate ai preventivi controlli di legge, come rilevato dal T.A.R., sono intervenute tra il 1975 e il 1978 (delibera n. 3255 del 14.7.1978) e cioè ben dopo il termine di ultimazione dei lavori fissato prima all’1.12.1976 e poi al 30.10.1977.
Orbene, la eventuale perentorietà del termine di ultimazione dei lavori non avrebbe consentito l’adozione di atti favorevoli nei confronti del sig. Sforzini e la stessa revoca dei contributi erogati è intervenuta solo con la delibera della G.R. n. 342 del 26.1.1988 e cioè circa 10 anni dopo la data di fine dei lavori attestata dal Comune di Trevignano Romano, revoca supportata con la generica motivazione del mero ”ripristino della legalità violata”.
Come ritenuto dal T.A.R. nella sentenza appellata, in considerazione del lunghissimo tempo trascorso (oltre dieci anni) dalla data delle delibere annullate o revocate, avrebbe dovuto essere effettuata, ai fini dell’adozione del provvedimento impugnato, una puntuale comparazione tra l’interesse pubblico al ripristino della (eventuale) legalità violata e l’interesse pubblico alla conservazione dell’esercizio alberghiero, nonché valutato l’interesse privato del soggetto gestore che aveva ormai risposto un valido affidamento sulla immutabilità delle decisioni adottate.
La revoca è stata invece giustificata, precisa il T.A.R., solo “con riferimento al mancato rispetto del termine stabilito per l’ultimazione dei lavori che non pare, però, configurato dalla L. R. n. 32 del 1974 come perentorio – e alla diversa categoria di appartenenza dell’esercizio ricettivo, rispetto a quella indicata nella domanda – peraltro, in modo incerto, “presumibilmente”, e come tale accettata dall’Amministrazione regionale”.
Ancora circa il carattere perentorio dei termini fissati per concludere un procedimento, completare opere autorizzate o eseguire degli adempimenti, va considerato che quando l’intenzione del legislatore non si ricava dalla disposizione esplicita, può farsi ricorso anche implicitamente alla “ratio legis” e alle specifiche esigenze di rilievo pubblico, che nel caso di specie non ricorrono, che lo svolgimento di un adempimento in un arco di tempo prefissato è indirizzato a soddisfare (C. Stato, Sez. VI, 20.4.2006, n. 2195).
Conclusivamente l’appello è infondato e va rigettato.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *