Anche il domicilio informatico va protetto – Cassazione Penale Sentenza 42021/2012
“Con la previsione dell’art. 615 ter cod, pen., introdotto a seguito della legge 23 dicembre 1993, n. 547, il legislatore ha assicurato la protezione del “domicilio informatico” quale spazio ideale (ma anche fisico in cui sono contenuti i dati informatici) di pertinenza della persona, ad esso estendendo la tutela della riservatezza della sfera individuale, quale bene anche costituzionalmente protetto.
Tuttavia l’art. 615 ter cod. pen. non si limita a tutelare solamente i contenuti personalissimi dei dati raccolti nei sistemi informatici protetti, ma offre una tutela più ampia che si concreta nello “jus excludendi alios”, quale che sia il contenuto dei dati racchiusi in esso, purché attinente alla sfera di pensiero o all’attività, lavorativa o non, dell’utente; con la conseguenza che la tutela della legge si estende anche agli aspetti economico-patrimoniali dei dati, sia che titolare dello “jus excludendi” sia persona fisica, persona giuridica, privata o pubblica, o altro ente”.
E’ quanto ribadito dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 42021 del 26 ottobre 2012, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex responsabile dell’ufficio del personale in un’azienda ritenuto responsabile del reato ex artt. 81 cpv e 615 ter c.p, perché, avendo lavorato presso l’azienda con mansioni di tecnico informatico ed essendo a conoscenza degli indirizzi e-mail degli impiegati, si era introdotto abusivamente nel server di posta elettronica della società, effettuando da postazione presso la sua abitazione, molteplici tentativi di violazione di accesso a caselle postali e-mail di membri della società , alcuni dei quali giunti a buon fine , violando molti account dei dipendenti e trasmettendo altresì e-mail destinate al servizio di posta elettronica interna mediante gli account violati. La Suprema Corte, rilevando la piena legittimità della querela presentata dal legale rappresentante della società, titolare del server violato, ha quindi confermato la condanna a 10 mesi di reclusione dell’imputato.
– Cassazione Penale, sentenza n. 42021 del 26/10/2012
Fonte: www.forodinapoli.it