Bullismo: atti violenti punibili come stupro di gruppo – Cassazione Penale Sentenza 43495/2012
La Terza sezione penale ha convalidato una condanna a cinque anni di reclusione nei confronti di un 25enne. Per la Suprema Corte anche la sola finalità di umiliare può essere punita come violenza
Gli atti di bullismo? Sono punibili come stupro di gruppo. La linea dura arriva dalla Cassazione che sottolinea come gli atti che rientrano in un contesto di “vessazione”, “aggressione” e “bullismo” possono essere puniti in base all’art. 609 octies c.p. (violenza di gruppo) anche se hanno la “finalità esclusiva” di umiliare la vittima. In questo modo, la Terza sezione penale (sentenza 43495) ha convalidato una condanna a cinque anni di reclusione per violenza di gruppo nei confronti di un 25enne siciliano C.S. colpevole di avere infilato un bastoncino di legno nella zona anale di un minorenne che nel frattempo veniva tenuto fermo da un secondo ragazzo.
Un pericoloso ‘atto di bullismo’ nelle intenzioni di C.S. fatto, a detta della difesa, per infliggere una umiliazione al ragazzo più giovane ma che è stato condannato come stupro di gruppo. In particolare, la Suprema Corte, convalidando la decisione della Corte d’appello di Palermo del marzo scorso, ha evidenziato che “correttamente i giudici di appello hanno ritenuto che la eventuale finalità, anche solo esclusiva, di umiliazione della persona offesa, non abbia privato la condotta dell’oggettiva connotazione sessuale ad essa indiscutibilmente derivante dalla zona corporale intenzionalmente aggredita”.
Inutile la difesa di C.S. volta a dimostrare che il gesto “non aveva una connotazione sessuale” ma era da inserire in un contesto di “bullismo” di rilevanza “minimale”. Piazza Cavour, sposando la tesi della Procura della Cassazione rappresentata da Piero Gaeta, ha respinto il ricorso di C.S. e ha osservato che “è indiscussa la materialità del fatto addebitato all’imputato”. Correttamente, dunque, osserva ancora la Cassazione, l’episodio è stato inquadrato “all’interno della previsione delittuosa della violenza di gruppo”.
Più in generale, la Suprema Corte osserva che “nel concetto di atti sessuali deve essere ricondotto ogni atto comunque coinvolgente la corporeità sessuale della persona offesa, e posto in essere con la coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona non consenziente, sicché resta non rilevante, ai fini del perfezionamento del reato, l’eventuale fine ulteriore, sia esso di concupiscenza, ludico o d’umiliazione, propostosi dal soggetto agente”. Nel caso in questione, poi, aggiunge la Cassazione, “l’imputato poté portare a termine la condotta illecita giovandosi dell’ausilio di M.V. che ebbe a tenere fermo il minorenne all’evidente e voluto fine di consentire all’imputato, che nel frattempo aveva raccolto un legno da terra, di aggredire sessualmente quest’ultimo”.
Quanto all’entità della condanna, la Suprema Corte ricorda che “la Corte palermitana ha richiamato la sentenza di primo grado ove si segnalava il divario di età tra aggressore e vittima nonché l’esistenza di un precedente specifico posto in essere nel 2007, e successivamente ha sottolineato le caratteristiche di particolare gravità del fatto, quale pericolosissimo atto di bullismo e tragico esempio di anticipazione di attività delinquenziale sin dalla giovane età, sì da fare ritenere la pena irrogata del tutto adeguata, considerata anche l’avvenuta concessione delle attenuanti”.