Compartecipazione sull’assistenza farmaceutica e sulle prestazioni sanitarie aggiuntive (ticket) – Corte Costituzuionale, Sentenza 187/2012
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), come convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede che le misure di compartecipazione siano introdotte «con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze»
Corte Costituzuionale, Sentenza n. 187 del 16/07/2012
Sanità pubblica – Bilancio e contabilità pubblica – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria – Previsione, in via diretta e mediante un regolamento di delegificazione, dell’introduzione di misure di compartecipazione sull’assistenza farmaceutica e sulle prestazioni sanitarie (c.d. ticket) aggiuntive rispetto a quelle eventualmente già disposte dalle regioni – Lamentata imposizione alla Regione autonoma, che non partecipa alla ripartizione del Fondo sanitario nazionale e che provvede autonomamente al finanziamento dell’assistenza sanitaria con risorse del proprio bilancio, di un vincolo non dovuto – In subordine, lamentata inidoneità della fonte regolamentare a contenere principi fondamentali, nonché mancanza di coinvolgimento delle regioni.
Introduzione di misure di compartecipazione sull’assistenza farmaceutica e sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche (c.d. ticket) aggiuntive rispetto a quelle eventualmente già disposte dalle regioni, ovvero introduzione di possibili misure regionali alternative ed equipollenti – Lamentata alterazione degli equilibri già definiti con il Patto per la salute e i criteri di riparto delle risorse del Fondo sanitario nazionale tra le Regioni, imposizione alle Regioni c.d. virtuose di un sovraprezzo a vantaggio delle Regioni che non hanno raggiunto gli obiettivi di pareggio di bilancio, penalizzazione del servizio sanitario pubblico a vantaggio del mercato privato, introduzione di disciplina di dettaglio in ambiti regionali, nonché mancanza di una previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 17, commi 1, lettera d), e 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi con ricorsi della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e della Regione Veneto, notificati il 14 settembre 2011, depositati in cancelleria il 20 ed il 21 settembre 2011 ed iscritti ai nn. 94 e 100 del registro ricorsi 2011.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2012 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Bruno Barel e Luigi Manzi per la Regione Veneto, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— La Regione Veneto (reg. ric. n. 100 del 2011) ha impugnato l’articolo 17, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, per violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 94 del 2011) ha impugnato diverse disposizioni del suddetto decreto-legge n. 98 del 2011, censurando, tra l’altro, l’articolo 17, commi 1, lettera d), e 6, per violazione degli artt. 117 e 119 Cost., dell’art. 48 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché del principio di leale collaborazione.
2.— Le disposizioni censurate dalle ricorrenti sono contenute nell’articolo 17 del decreto-legge n. 98 del 2011, intitolato «Razionalizzazione della spesa sanitaria», e dettano misure in materia di compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie (cosiddetto ticket).
2.1.— L’art. 17, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011, prevede che il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il periodo 2013-2014 sia determinato con intesa tra Stato e Regioni da stipulare entro il 30 aprile 2012. Qualora la predetta intesa non sia raggiunta entro tale termine e al fine di assicurare che le Regioni rispettino l’equilibrio di bilancio sanitario, la lettera d) del medesimo comma prevede che, «a decorrere dall’anno 2014, con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 [Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri], su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono introdotte misure di compartecipazione sull’assistenza farmaceutica e sulle altre prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale. Le misure di compartecipazione sono aggiuntive rispetto a quelle eventualmente già disposte dalle Regioni e sono finalizzate ad assicurare, nel rispetto del principio di equilibrio finanziario, l’appropriatezza, l’efficacia e l’economicità delle prestazioni. La predetta quota di compartecipazione non concorre alla determinazione del tetto per l’assistenza farmaceutica territoriale. Le regioni possono adottare provvedimenti di riduzione delle predette misure di compartecipazione, purché assicurino comunque, con misure alternative, l’equilibrio economico finanziario, da certificarsi preventivamente da parte del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui agli articoli 9 e 12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005».
2.2.— L’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 stabilisce che «Ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2, comma 67, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010], attuativo dell’articolo 1, comma 4, lettera c), dell’intesa Stato-regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012, sancita nella riunione della conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 3 dicembre 2009, per l’anno 2011 il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato, come rideterminato dall’articolo 11, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 [Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica], convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 [Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78], e dall’articolo 1, comma 49, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato — legge di stabilità 2011], è incrementato di 105 milioni di euro per far fronte al maggior finanziamento concordato con le regioni, ai sensi della citata intesa, con riferimento al periodo compreso tra il 1° giugno 2011 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 796, lettere p) e p-bis), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007], e cessano di avere effetto le disposizioni di cui all’articolo 61, comma 19, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 [Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria], convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 [Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria]».
L’art. 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006 prevede che «a decorrere dal 1° gennaio 2007, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale gli assistiti non esentati dalla quota di partecipazione al costo sono tenuti al pagamento di una quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro. Per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero, la cui condizione è stata codificata come codice bianco, ad eccezione di quelli afferenti al pronto soccorso a seguito di traumatismi ed avvelenamenti acuti, gli assistiti non esenti sono tenuti al pagamento di una quota fissa pari a 25 euro. La quota fissa per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso non è, comunque, dovuta dagli assistiti non esenti di età inferiore a 14 anni. Sono fatte salve le disposizioni eventualmente assunte dalle regioni che, per l’accesso al pronto soccorso ospedaliero, pongono a carico degli assistiti oneri più elevati».
La lettera p-bis) del medesimo comma 796 dispone che «per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, di cui al primo periodo della lettera p), fermo restando l’importo di manovra pari a 811 milioni di euro per l’anno 2007, 834 milioni di euro per l’anno 2008 e 834 milioni di euro per l’anno 2009, le regioni, sulla base della stima degli effetti della complessiva manovra nelle singole regioni, definita dal Ministero della salute di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, anziché applicare la quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro, possono alternativamente: 1) adottare altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, la cui entrata in vigore nella regione interessata è subordinata alla certificazione del loro effetto di equivalenza per il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario e per il controllo dell’appropriatezza, da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005; 2) stipulare con il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze un accordo per la definizione di altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario e del controllo dell’appropriatezza. Le misure individuate dall’accordo si applicano, nella regione interessata, a decorrere dal giorno successivo alla data di sottoscrizione dell’accordo medesimo».
3.— La Regione Veneto ha impugnato l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 per violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, 118 e 119 Cost., nonché del principio di leale collaborazione.
3.1.— Ad avviso della Regione Veneto, la reintroduzione del cosiddetto ticket, ricadendo nell’ambito di materie di competenza legislativa concorrente, quali la «tutela della salute» e il «coordinamento della finanza pubblica», e incidendo sull’autonomia finanziaria delle Regioni, avrebbe dovuto essere preceduta dalla ricerca di un’intesa tra Stato e Regioni. La disposizione censurata, quindi, violerebbe innanzitutto il principio di leale collaborazione.
In secondo luogo, la determinazione del corrispettivo dovuto dai cittadini non esenti per la prestazione di assistenza specialistica ambulatoriale «non può dirsi principio fondamentale, bensì rappresenta una disciplina di dettaglio». L’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 sarebbe dunque in contrasto con il sistema di competenze legislative e amministrative delineato dagli artt. 117 e 118 Cost. e con l’autonomia finanziaria regionale di cui all’art. 119 Cost.
La ricorrente lamenta, poi, la lesione dell’art. 97 Cost., in quanto l’introduzione della nuova disciplina in materia di ticket comporterebbe la necessità di riorganizzare il servizio sanitario della Regione Veneto, in contrasto con il principio di buon andamento. Inoltre, dato che lo Stato non avrebbe predisposto idonei strumenti di monitoraggio «a presidio dell’area degli assistiti “esonerati” da ogni onere», la disposizione censurata finirebbe per «premiare le Regioni non virtuose rispetto alle altre, in palese conflitto con ogni regola essenziale di efficienza, economicità e responsabilità amministrativa».
La Regione Veneto deduce, infine, la violazione del principio di eguaglianza, in quanto l’istituzione del ticket fisso da parte della legge n. 296 del 2006 «rispondeva a esigenze generali di finanza pubblica», laddove l’applicabilità della medesima misura, disposta dall’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 avrebbe lo scopo di «porre rimedio a un deficit di finanziamento statale alle Regioni» e avrebbe quindi un obiettivo discriminatorio, diventando «un’imposta addizionale».
3.2.— Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le censure siano dichiarate inammissibili o, comunque, non fondate.
Innanzitutto, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che la reintroduzione del ticket sanitario per prestazioni specialistiche, prevista dall’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, discenderebbe dall’applicazione dell’intesa tra Stato e Regioni del 3 dicembre 2009, sottoscritta anche dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, e avente per oggetto il Patto per la salute 2010-2012. Di conseguenza, «tenuto conto che la Regione ha contestato la legittimità di disposizioni, da essa stessa condivise in sede pattizia», il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di interesse. Inoltre, la difesa dello Stato rileva l’inammissibilità delle censure relative alla violazione degli artt. 3, 32 e 97 Cost.
Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che le disposizioni impugnate sono riconducibili a principi in materia del coordinamento della finanza pubblica, e quindi non si sarebbe determinata una violazione dell’art. 117 Cost. La difesa dello Stato, inoltre, nega che vi sia stata violazione del principio di leale collaborazione, dato che, a seguito dell’entrata in vigore della disposizione impugnata, è stato convocato un «Tavolo tecnico» per la verifica delle misure di compartecipazione, al fine di esprimere il parere di competenza, ai sensi dell’art. 1, comma 796, lettera p-bis), della legge n. 296 del 2006, e che il «Tavolo tecnico» ha rilevato che il ticket deve applicarsi ope legis.
3.3.— Con memoria depositata il 27 marzo 2012, la Regione Veneto ha replicato all’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Innanzitutto, la Regione ritiene non fondate le eccezioni di inammissibilità, in quanto la violazione dei parametri invocati dalla Regione, diversi da quelli compresi nel Titolo V della Parte II della Costituzione, inciderebbe «sulle prerogative costituzionali della Regione», perché la disciplina del ticket avrebbe «l’effetto di sconvolgere l’assetto e l’equilibrio faticosamente conseguiti con l’attuale regolazione del sistema sanitario regionale veneto e di dirottare parte della domanda verso il mercato privato, con immediato nocumento, anche finanziario, per la Regione». In secondo luogo, la Regione Veneto osserva che il Patto per la salute 2010-2012 si sarebbe limitato «a prevedere il reperimento da parte dello Stato di risorse aggiuntive per incrementare il livello di finanziamento della sanità regionale», ma che in tale intesa non sarebbe stato espresso alcun «assenso “al buio” [da parte delle Regioni] a qualsivoglia misura concreta (come il ticket) che lo Stato scegliesse poi di adottare, tra le tante astrattamente possibili».
Quanto alla violazione del principio di leale collaborazione, la difesa regionale osserva che il Patto per la salute relativo al triennio 2010-2012 si sarebbe limitato a prevedere che lo Stato reperisca risorse aggiuntive per incrementare il livello di finanziamento della sanità regionale, ma non le individuava in alcun modo, e che quindi l’introduzione di una misura specifica quale il ticket non potrebbe ritenersi coperta dal Patto stesso. Né varrebbe a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione la previsione, «a valle», di accordi sostitutivi del ticket, dato che «sarebbe ormai definito e non più negoziabile l’obbligo di prelevare dagli assistiti non esenti degli importi giustificati». La Regione Veneto ribadisce, infine, che la reintroduzione del ticket violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in quanto essa non avrebbe finalità di tipo perequativo, ma perseguirebbe lo scopo di ottenere un «surrettizio alleggerimento delle posizioni finanziarie di alcune Regioni rispetto ad altre».
4.— La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato l’art. 17, commi 1, lettera d), e 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, per contrasto con gli artt. 117, commi terzo e sesto, e 119, commi primo, secondo e quarto, Cost., nonché dell’art. 48 dello statuto regionale e del principio di leale collaborazione.
4.1.— La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia rileva che entrambe le disposizioni impugnate, che potrebbero trovare giustificazione nei confronti delle Regioni ordinarie, sarebbero invece illegittime nei suoi confronti. La ricorrente sostiene che nei propri confronti lo Stato non avrebbe titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria, in quanto la Regione provvede autonomamente ed integralmente al finanziamento della sanità regionale, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). Di conseguenza, ad avviso della ricorrente, entrambe le disposizioni censurate violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, e l’autonomia finanziaria della Regione, sotto il profilo della disponibilità delle spese, risultante sia dall’art. 48 dello statuto regionale, sia dall’art. 119, commi primo, secondo e quarto, Cost., applicabile alla Regione per effetto dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
4.2.— Con riferimento specifico all’art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia lamenta la violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., perché, anche laddove si ammettesse il potere dello Stato di imporre misure di contenimento della spesa sanitaria nei confronti della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, ciò dovrebbe avvenire, nell’ambito di una materia di competenza concorrente quale il coordinamento della finanza pubblica, in via legislativa e non – come previsto dalla norma censurata – in via regolamentare. La Regione rileva, poi, che tale disposizione violerebbe anche il principio di leale collaborazione, in quanto «non prevede alcun coinvolgimento delle Regioni».
4.3.— Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le censure siano dichiarate inammissibili, o, comunque, non fondate.
L’Avvocatura generale dello Stato osserva che la reintroduzione del ticket sanitario per prestazioni specialistiche sarebbe meramente applicativa del Patto per la salute 2010-2012 e che, dato che la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha espresso il proprio assenso in tale sede, il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di interesse. Inoltre, ad avviso della difesa dello Stato, la Regione autonoma, nel sostenere che il legislatore avrebbe trattato diversamente le Regioni ordinarie rispetto a quelle a statuto speciale, avrebbe «in sostanza» lamentato la violazione del principio di eguaglianza, e tale censura sarebbe inammissibile.
Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato rileva che le disposizioni impugnate sono da ricondurre nell’ambito della materia «coordinamento della finanza pubblica» e che in tale materia «è incontestabile che il legislatore poteva intervenire nei confronti di tutte le Regioni, anche quelle a statuto speciale». Quanto alla censura relativa al solo art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011 la difesa dello Stato osserva che le misure di compartecipazione sarebbero state introdotte per via legislativa, laddove il regolamento di delegificazione dovrebbe intervenire «esclusivamente per fissare la modulazione delle specifiche misure da applicare nelle diverse aree di spesa».
4.4.— Con memoria depositata il 26 marzo 2012, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha replicato all’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
La difesa regionale rileva, innanzitutto, che l’eccezione di inammissibilità della censura fondata sulla violazione dell’art. 3 Cost. non sarebbe pertinente, dato che la Regione autonoma non aveva invocato tale parametro. Quanto al Patto per la salute 2010-2012, che avrebbe – ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato – previsto la reintroduzione del ticket, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia osserva che in tale intesa la partecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria è menzionata in modo del tutto generico; inoltre, poiché l’intesa fa salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, non potrebbe essere interpretata quale un preventivo assenso, da parte di tali Regioni, alla reintroduzione del ticket.
Nel merito, la ricorrente ribadisce che, poiché la Regione stessa «non partecipa al riparto del Fondo sanitario nazionale ma finanzia la propria sanità con risorse autonome», lo Stato non avrebbe titolo per dettare norme di coordinamento della finanza pubblica in materia sanitaria. Infine, la difesa regionale osserva che l’art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011 si limita a prevedere l’introduzione delle misure di compartecipazione, demandandone la disciplina al regolamento.
Considerato in diritto
1.— La Regione Veneto (reg. ric. n. 100 del 2011) ha impugnato l’articolo 17, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 94 del 2011) ha impugnato diverse disposizioni del suddetto decreto-legge n. 98 del 2011, censurando, tra l’altro, l’articolo 17, commi 1, lettera d), e 6.
In considerazione della loro connessione oggettiva, i giudizi riguardanti l’art. 17, commi 1, lettera d), e 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, devono essere riuniti, riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni del medesimo decreto-legge censurate dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
2.— Ciò premesso, ai fini dell’ordine della trattazione, sono esaminati dapprima i profili di censura riguardanti l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, e, poi, quelli concernenti il comma 1, lettera d), del medesimo articolo.
3.— Le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto hanno impugnato l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, deducendo la violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione. Inoltre, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia lamenta la violazione dell’art. 48 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), mentre la Regione Veneto deduce la violazione degli artt. 3, 32, 97 e 118 Cost., nonché del principio di leale collaborazione.
3.1.— In via preliminare, è opportuno ricostruire il quadro normativo entro cui si colloca l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, riguardante le modalità di compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie (cosiddetto ticket).
Il ticket di dieci euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli assistiti non esentati e il ticket di venticinque euro per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero sono stati introdotti con l’art. 1, comma 796, lettera p), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007). La lettera p-bis) del medesimo comma 796 ha consentito alle Regioni che non intendessero applicare il ticket di dieci euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, di cui al primo periodo della lettera p), di ricorrere a misure alternative di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie.
Successivamente, l’art. 61, comma 19, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha «abolito» il ticket di dieci euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per il triennio 2009-2011. Il comma 21 del medesimo articolo ha lasciato, comunque, alle Regioni la possibilità di continuare ad applicarlo, «in misura integrale o ridotta».
Infine, l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, censurato dalle ricorrenti, stabilisce che «A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 796, lettere p) e p-bis), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e cessano di avere effetto le disposizioni di cui all’articolo 61, comma 19, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133». La disposizione impugnata, dunque, mira a ripristinare anticipatamente l’efficacia della disciplina del ticket introdotta nel 2006 e poi temporaneamente «abolita».
3.2.— Va innanzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, per difetto di interesse a ricorrere delle Regioni. Ad avviso della difesa dello Stato, la reintroduzione del ticket prevista dall’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 discenderebbe dall’applicazione dell’intesa tra Stato e Regioni del 3 dicembre 2009, sottoscritta anche dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, avente per oggetto il Patto per la salute 2010-2012. Tale Patto, però, da un lato, non dispone la reintroduzione del predetto ticket, ma si limita a prevedere che vengano introdotte misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie (art. 5, comma 1, lettera c); dall’altro lato, per quanto riguarda la posizione della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, l’intesa fa comunque salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano (art. 20). Non si può ritenere, dunque, che con il Patto per la salute 2010-2012 le ricorrenti abbiano espresso un assenso preventivo alla reintroduzione dello specifico ticket previsto dall’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011.
Vanno poi dichiarate inammissibili le censure prospettate dalla Regione Veneto in riferimento agli artt. 3, 32 e 97 Cost. Le Regioni possono invocare, nel giudizio di costituzionalità in via principale, parametri diversi da quelli contenuti nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione solo laddove la lamentata violazione ridondi sul riparto di competenze tra Stato e Regioni (sentenze n. 22 del 2012, n. 33 del 2011, n. 156, n. 52 e n. 40 del 2010). Nel caso in esame, la Regione Veneto si limita ad addurre una motivazione generica circa il modo in cui la asserita violazione dei parametri invocati si rifletterebbe su tale riparto.
3.3.— Si passa ad esaminare il merito delle questioni riguardanti l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011.
3.3.1.— Ad avviso della Regione Veneto, la disposizione censurata detterebbe una disciplina di dettaglio nelle materie di competenza concorrente «tutela della salute» e «coordinamento della finanza pubblica» (art. 117 Cost.), e inciderebbe sull’autonomia finanziaria della Regione (art. 119 Cost.), che non potrebbe scegliere come reperire le risorse da destinare alla gestione del servizio sanitario. La norma impugnata, inoltre, lederebbe l’art. 118 Cost. e il principio di leale collaborazione.
La questione non è fondata.
Questa Corte si è già pronunciata nel senso della non incompatibilità con la Costituzione del cosiddetto ticket introdotto dall’art. 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006, in quanto la disciplina in materia di compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie persegue un duplice scopo: «l’esigenza di adottare misure efficaci di contenimento della spesa sanitaria e la necessità di garantire, nello stesso tempo, a tutti i cittadini, a parità di condizioni, una serie di prestazioni che rientrano nei livelli essenziali di assistenza (entrambe fornite di basi costituzionali […])» (sentenza n. 203 del 2008). Tali argomentazioni si applicano anche alla disposizione impugnata nel presente giudizio, la quale non introduce una nuova disciplina, ma si limita a ripristinare anticipatamente l’efficacia del ticket previsto dall’art. 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006. Di conseguenza, l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 non viola gli artt. 117, 118 e 119 Cost.
La disposizione censurata, poi, prevede l’applicazione non solo della lettera p) dell’art. 1, comma 796, della legge n. 296 del 2006, contenente la disciplina del ticket per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale degli assistiti non esentati, ma anche della lettera p-bis) del medesimo comma 796. Quest’ultima previsione, come anticipato, consente alle Regioni di adottare due tipi di misure alternative al ticket di dieci euro: l’introduzione di misure di partecipazione, previa verifica di equivalenza, sotto il profilo dell’equilibrio economico-finanziario e dell’appropriatezza, da parte del «Tavolo tecnico», oppure la stipula di un accordo con il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze per l’adozione di ulteriori misure alternative. La disposizione impugnata, quindi, lascia «alle Regioni la possibilità di scegliere in un ventaglio di “strumenti concreti da utilizzare per raggiungere [gli] obiettivi [di riequilibrio finanziario]”», condizione in presenza della quale questa Corte ha escluso l’illegittimità di misure statali in materia di contenimento della spesa pubblica (sentenza n. 341 del 2009). Ne discende, in primo luogo, che, anche sotto questo profilo, l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 non presenta alcun contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 Cost.; in secondo luogo, che la possibilità per le Regioni di scegliere tra diverse soluzioni, tra le quali quella di concludere un accordo con il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze, esclude la violazione del principio di leale collaborazione.
3.3.2.— La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia censura l’art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., nonché dell’art. 48 dello statuto speciale (relativo all’autonomia finanziaria della Regione), in quanto esso non potrebbe trovare applicazione laddove lo Stato non concorra al finanziamento del servizio sanitario regionale. Ciò si verificherebbe nel caso della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia perché, in base all’art. 1, comma 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), è la Regione stessa a provvedere autonomamente e integralmente al finanziamento della sanità locale.
La questione non è fondata.
Come si è prima osservato, la disciplina in materia di ticket, determinando il costo per gli assistiti dei relativi servizi sanitari, non costituisce solo un principio di coordinamento della finanza pubblica diretto al contenimento della spesa sanitaria, ma incide anche sulla quantità e sulla qualità delle prestazioni garantite, e, quindi, sui livelli essenziali di assistenza. La misura della compartecipazione deve essere omogenea su tutto il territorio nazionale, «giacché non sarebbe ammissibile che l’offerta concreta di una prestazione sanitaria rientrante nei LEA si presenti in modo diverso nelle varie Regioni», considerato che «dell’offerta concreta fanno parte non solo la qualità e quantità delle prestazioni che devono essere assicurate sul territorio, ma anche le soglie di accesso, dal punto di vista economico, dei cittadini alla loro fruizione» (sentenza n. 203 del 2008). E ciò vale anche rispetto alle Regioni a statuto speciale che sostengono il costo dell’assistenza sanitaria nei rispettivi territori, in quanto «la natura stessa dei cosiddetti LEA, che riflettono tutele necessariamente uniformi del bene della salute, impone di riferirne la disciplina normativa anche ai soggetti ad autonomia speciale» (sentenza n. 134 del 2006).
La disciplina del settore sanitario, del resto, è interamente improntata al principio di leale cooperazione. A partire dal 2000, lo Stato e le Regioni stipulano particolari intese, denominate «Patti per la salute», volte a garantire l’equilibrio finanziario e i livelli essenziali delle prestazioni per il successivo triennio. Sarebbe contraddittorio escludere, in base al solo argomento dell’autosufficienza finanziaria nel settore sanitario, la legittimità di interventi legislativi statali rispetto alle Regioni a statuto speciale, laddove queste ultime, appunto attraverso le intese, partecipano sia alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, sia alla determinazione delle modalità di finanziamento dei cosiddetti LEA. In tale contesto, le Regioni a statuto speciale hanno la possibilità di far valere la specificità – sotto il profilo finanziario – della propria posizione.
Da quanto osservato si evince anche la differenza tra il caso in esame e il precedente che ha dato luogo alla sentenza n. 341 del 2009, richiamata dalla ricorrente. In quella occasione erano state impugnate le disposizioni del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, che prevedevano non la reintroduzione del ticket, come nel presente giudizio, ma la sua abolizione per il triennio 2009-2011, pur lasciando alle Regioni la possibilità di continuare ad applicarlo, «in misura integrale o ridotta», o di introdurre altre forme di partecipazione ai costi.
4.— La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato l’art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011. Tale disposizione prevede che – nel caso in cui non sia stata raggiunta un’intesa tra lo Stato e le Regioni entro il 30 aprile 2012 – siano introdotte misure di compartecipazione sull’assistenza farmaceutica e sulle altre prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale con regolamento da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Tali misure di compartecipazione devono essere «aggiuntive rispetto a quelle eventualmente già disposte dalle Regioni» e «finalizzate ad assicurare, nel rispetto del principio di equilibrio finanziario, l’appropriatezza, l’efficacia e l’economicità delle prestazioni». Inoltre, l’art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011 lascia la possibilità alle Regioni di adottare provvedimenti di riduzione delle predette misure di compartecipazione «purché assicurino comunque, con misure alternative, l’equilibrio economico finanziario, da certificarsi preventivamente da parte del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti».
4.1.— Ad avviso della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, l’art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011 violerebbe innanzitutto l’art. 117, sesto comma, Cost., perché le misure di contenimento della spesa sanitaria sarebbero espressione di principi fondamentali nelle materie del coordinamento della finanza pubblica e della tutela della salute, àmbiti di competenza concorrente in cui sarebbe preclusa allo Stato l’emanazione di atti regolamentari.
La questione è fondata, nei termini di seguito precisati.
Le misure di compartecipazione ai costi dell’assistenza farmaceutica attengono sia ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la cui determinazione è riservata alla potestà legislativa esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.), sia al coordinamento della finanza pubblica e alla tutela della salute, oggetto della potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). Nella disciplina del ticket, l’«intreccio» e la «sovrapposizione di materie» non rendono possibile «individuarne una prevalente» (sentenza n. 330 del 2011), né tracciare una «precisa linea di demarcazione» tra le competenze (sentenza n. 200 del 2009).
Lo Stato può esercitare la potestà regolamentare solo nelle materie nelle quali abbia competenza esclusiva (da ultimo, sentenze n. 149 e n. 144 del 2012), non in un caso, come quello in esame, caratterizzato da una «concorrenza di competenze» (sentenza n. 50 del 2005). Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011, nella parte in cui prevede che le misure di compartecipazione siano introdotte «con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze».
4.2.— La natura parziale della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011 non consente l’assorbimento degli ulteriori profili di censura, riferiti agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., e al principio di leale collaborazione.
Tali censure non sono fondate.
In primo luogo, come già rilevato, le misure statali in materia di ticket, essendo volte, sia a coordinare la finanza pubblica, sia a garantire prestazioni essenziali per assicurare il diritto alla salute, trovano applicazione anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale che sostengono autonomamente il costo del proprio sistema sanitario.
In secondo luogo, la disposizione censurata non solo prevede che le Regioni abbiano la possibilità di adottare provvedimenti di riduzione delle predette misure di compartecipazione «purché assicurino comunque […] l’equilibrio economico finanziario», ma trova applicazione esclusivamente nel caso in cui non venga stipulata un’intesa tra lo Stato e le Regioni, talché non si determina alcuna violazione del principio di leale collaborazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con il ricorso indicato in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), come convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede che le misure di compartecipazione siano introdotte «con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze»;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, promossa, in relazione agli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione, dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, promossa, in relazione agli artt. 117, 118 e 119 Cost., nonché al principio di leale collaborazione, dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, promossa, in relazione agli artt. 117, commi terzo e sesto, e 119, commi primo, secondo e quarto, Cost., nonché all’art. 48 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 98 del 2011, promossa, in relazione agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., nonché al principio di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2012.