Agevolazione acquisto prima casa. Il piano interrato è superficie utile – Cassazione Civile, Sentenza 10807/2012
Costituisce abuso del diritto aggirare le norme sulla cubatura degli immobili per risparmiare l’imposta di registro. È quanto stabilito dalla Cassazione che, con la sentenza 10807 del 28 giugno, ha qualificato “di lusso” una casa di 240 metri quadri dopo aver calcolato il piano seminterrato non abitabile come superficie utile.
Vicenda processuale
Lo svolgimento dei fatti concerne un contribuente che aveva acquistato in regime Iva da una società in nome collettivo un’unità immobiliare ristrutturata su due piani usufruendo dei benefici “prima casa”, corrispondendo l’aliquota Iva del 4% in luogo di quella ordinaria, come previsto dalla Tabella A, seconda parte, n. 21), annessa al Dpr 633/1972. Con successivo avviso di liquidazione, l’ufficio del Registro negava i benefici richiedendo la differenza di imposta tra l’aliquota agevolata e quella ordinaria, oltre interessi e sanzioni pecuniarie del 30%, a causa del mancato rispetto delle condizioni agevolative previste dall’articolo 1, nota 2-bis), della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico di registro (Dpr 131/1986).
In particolare, si trattava di immobile di lusso in quanto di superficie complessiva superiore a 240 mq, come espressamente previsto dal decreto ministeriale 2 agosto 1969 (contenente le “Caratteristiche delle abitazioni di lusso”), il cui articolo 6 dispone testualmente che sono qualificate “di lusso” le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchina).
Il ricorso viene respinto sia in primo sia in secondo grado (salvo che per le sanzioni), e di nuovo riproposto in sede di legittimità, ove il contribuente lamenta violazione della correlata normativa Iva e di registro, tra l’altro perché la “soggettività passiva” in ordine all’agevolazione applicata sulla transazione immobiliare farebbe capo alla società venditrice e non all’acquirente. Nel merito il contribuente fa leva su una perizia dell’immobile predisposta dall’Agenzia del Territorio da cui si evinceva che i locali al piano interrato avevano un’altezza utile di 2,60 metri, mentre il regolamento edilizio comunale stabilisce che “nei piani destinati ad uso abitazione le stanze devono avere un’altezza minima tra pavimento e soffitto di 2,70 metri fino al terzo piano e di 2,60 per i piani superiori”. Pertanto, secondo il contribuente, con questa differenza di 10 centimetri i locali siti al piano interrato non dovevano essere computati nella superficie complessiva dell’immobile ai fini della qualificazione di quest’ultimo come “di lusso”.
La decisione
La Corte di cassazione ritiene infondato il ricorso del contribuente, affermando il nuovo orientamento secondo cui è abuso del diritto aggirare le norme sulla cubatura degli immobili per risparmiare sull’imposta di registro. Infatti, anche le zone dell’abitazione, come la sala hobby, non abitabile perché avente un soffitto troppo basso, entrano nel calcolo della metratura globale facendo perdere l’agevolazione fiscale prima casa.
Al riguardo, nell’articolata motivazione, la Suprema corte elimina l’equivoco di fondo della tesi del contribuente, argomentando innanzitutto che l’applicazione dell’aliquota ridotta non costituisce affatto un onere del venditore, ma solo un “diritto soggettivo dell’acquirente”, la cui fruizione è subordinata soltanto alla manifestazione (espressa nell’atto di acquisto) della sua volontà di beneficiare di quella riduzione: tale richiesta suppone necessariamente la dichiarazione dell’acquirente della sussistenza di tutte le condizioni necessarie. Il venditore, di contro, in presenza di detta dichiarazione nell’atto pubblico, è esonerato da ogni responsabilità fiscale, nonostante al momento di stipula dell’atto sia perfettamente consapevole dell’impossibilità per l’acquirente di fruire dell’agevolazione (vedi anche Cassazione 26259/2010).
Infatti, ancorché la norma agevolativa per l’acquisto della “prima casa” – di cui alla nota II-bis) all’articolo 1 della Tariffa allegata al Dpr 131/1986 – non faccia diretto ed esplicito riferimento alla superficie dell’abitazione, tuttavia, il superamento di determinate soglie (come definite dal decreto ministeriale del 2 agosto 1969) impedisce l’applicazione dell’agevolazione, in quanto l’immobile assume le caratteristiche “di lusso”, che escludono comunque la fruizione del beneficio (Cassazione, sentenza 22009/2010).
Né a tal fine è rilevante “la definizione del procedimento che attiene alla verifica dell’abitabilità”. In secondo luogo, il Collegio di legittimità disattende l’invocata differenza di metratura, trattandosi di limite estremo inequivocabilmente accertato dalla Commissione del riesame, per cui può essere ravvisato abuso del diritto, “ai fini fiscali, se non pure ai fini edilizi”, nella pratica costruttiva diretta ad aggirare le disposizioni, anche comunali, sulla cubatura degli immobili.
Il tutto – chiarisce in conclusione la sentenza n. 10807/2012 – al fine di ottenere un indebito risparmio sull’imposta di registro (Cassazione, sentenze 22716/2011 e 1530/2012).
Si rammenta che viene comunemente definito abuso del diritto – o elusione fiscale – quell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di cassazione (vedi sentenza 30055/2008) – che ancora oggi non trova rispondenza in precise norme – che permette all’Amministrazione finanziaria di recuperare le maggiori imposte su operazioni commerciali, spesso complesse, che, pur non contravvenendo a specifiche disposizioni legislative, possono essere ritenute come illegittime in quanto permettono un indebito risparmio fiscale.
Salvatore Servidio
nuovofiscooggi.it