Tributaria

L’omessa rettifica del contribuente preclude la richiesta di rimborso – Cassazione Civile, Sentenza n. 5737/2012

Con la sentenza 5373 del 4 aprile, la Corte di cassazione si è pronunciata sulle modalità utilizzabili dal contribuente per correggere “a proprio favore” la dichiarazione dei redditi, sancendo il principio dell’autonomia della rettifica mediante dichiarazione integrativa rispetto all’istanza di rimborso. Ne consegue che, una volta scaduto, invano, il termine stabilito per la presentazione di una dichiarazione integrativa a proprio favore, è preclusa al contribuente la possibilità di presentare istanza di rimborso a fini di rettifica della dichiarazione.

I fatti sottostanti la questione di diritto posta alla Corte
A una società veniva contestato l’errata imputazione al periodo d’imposta di componenti negativi che avrebbero dovuto essere imputati al periodo d’imposta precedente. La società presentava, pertanto, dichiarazione integrativa “a proprio favore” per correggere l’errore. La dichiarazione integrativa era stata presentata oltre il termine previsto dall’articolo 2, comma 8-bis del Dpr 322/1998. La società presentava anche istanza di rimborso di quanto risultava pagato in più per l’annualità considerata.

Il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso è stato impugnato dalla società in sede di giudizio di merito. Le ragioni della società erano accolte dalla Commissione tributaria regionale tenuto conto che se non fosse stato riconosciuto il diritto al rimborso di quanto pagato in più si sarebbe determinato un vero e proprio arricchimento senza causa da parte dell’Erario.
Contro la suddetta pronuncia ricorreva per Cassazione l’Agenzia delle Entrate lamentando la violazione del termine prescritto, a pena di decadenza, dall’articolo 2, comma 8-bis, del Dpr 322/1998 per la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore del contribuente.

Le motivazioni
La sentenza in commento è particolarmente significativa in quanto si riferisce a una fattispecie verificatasi in vigenza del comma 8-bis dell’articolo 2 del Dpr 322/1998, introdotto dal 1° gennaio 2002, che disciplina la dichiarazione integrativa a favore del contribuente.
L’articolo 2 del Dpr 322/1998, ai commi 8 e 8-bis, distingue tra dichiarazione integrativa a favore dell’Erario da quella a favore del contribuente. In proposito, secondo l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria (cfr circolare 6/E del 2002; risoluzioni 24/E del 2007, e 459/E del 2008), ai sensi del comma 8, dall’integrazione della dichiarazione deriva una rettifica in aumento (a favore dell’Erario) e conseguentemente il contribuente è assoggettato anche alle relative sanzioni. E’consentito correggere la dichiarazione a favore dell’Erario non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del Dpr 600/1973, ossia entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria. ai sensi del comma 8-bis, l’integrazione produce, invece, una rettifica in diminuzione (a favore del contribuente), che non comporta l’applicazione di sanzioni. Sotto il profilo temporale, è consentito rettificare “in melius” la dichiarazione entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
Tale interpretazione è stata confermata dalla Corte di cassazione e riconosciuta conforme al principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione e ai principi di ragionevolezza e uguaglianza.

Secondo i giudici di legittimità il potere di emendare la dichiarazione per correggerne errori di fatto e di diritto trova un ragionevole contemperamento con l’esigenza di buon andamento, razionalità e speditezza dell’azione amministrativa, che richiede il rispetto di forme e termini nello svolgimento del procedimento di accertamento. Non si pone quindi in contrasto con il dettato costituzionale una disciplina che, senza negare radicalmente la rettificabilità della dichiarazione, sottoponga l’esercizio della relativa facoltà all’adempimento di oneri di forma o a termini che non ne rendano eccessivamente difficile l’esercizio. Le rettifiche – evidenzia la Corte – sono previste nell’interesse del contribuente e di conseguenza il più ampio termine previsto per la rettifica a favore del fisco non può essere qualificato come trattamento di maggior favore per il fisco.
Altro importante principio affermato dalla Suprema corte attiene al rapporto tra l’istituto della dichiarazione integrativa e la possibilità di richiedere il rimborso delle imposte pagate indebitamente disciplinata, ai fini delle imposte dirette, dall’articolo 38 del Dpr 602/1973.
Al riguardo la Corte ha affermato che le ipotesi di rimborso di cui all’articolo 38 del Dpr 602/1973 riguardano i casi di errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione tributaria adempiuta; casi cioè in ordine ai quali si rende necessaria esclusivamente un’operazione in un certo senso complementare a quella di liquidazione della dichiarazione. La modifica di cui al comma 8-bis – possibile dal 1° gennaio 2002 – riguarda, invece, i casi di dichiarazione di fatti diversi da quelli già dichiarati in ordine ai quali non potrebbe ipotizzarsi un rimborso se non a seguito di un’attività di controllo del presupposto “favorevole” da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Ciò premesso, secondo la Corte, una volta scaduto invano il termine stabilito per la rettifica della dichiarazione, nessuna istanza di rimborso è ammissibile. Tale rimedio, ammesso per le fattispecie anteriori al 1° gennaio 2002, per le quali non erano previsti termini di decadenza per la rettifica favorevole, diversi da quelli prescritti per il rimborso, deve ritenersi precluso dalla normativa in vigore dal 1° gennaio 2002.

Resta ferma, tuttavia, – precisano i giudici di legittimità – la possibilità di presentare istanza di rimborso, nei casi di errori materiali, duplicazioni o versamenti relativi a obbligazioni tributarie inesistenti.
Ciò ancorché sia scaduto il termine per la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore del contribuente quando l’istanza di rimborso riguarda un’imposta pagata in più a seguito di errori incidenti su fatti già dichiarati. Tale soluzione sembrerebbe confermata dalla soluzione del caso di specie in cui la dichiarazione integrativa, essendo stata presentata oltre il termine previsto, non era idonea a integrare la dichiarazione originaria con un fatto nuovo precedentemente non dichiarato. Conseguentemente, l’istanza di rimborso non poteva essere accolta in quanto fondata su una rettifica non più ammissibile.

Antonino Iacono
nuovofisco.it

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