Si al sequestro per equivalente del conto corrente del genitore separato che non documenti le spese della prole – Cassazione Penale Sent. 18441/2011
Legittimo il sequestro per equivalente del conto corrente di un padre accusato di frode fiscale, che non documenti particolareggiatamente le spese per il mantenimento del figlio. Vediamo perché.
A seguito dell’imputazione, per due contribuenti, di reati di associazione a delinquere finalizzata alla perpetrazione di più delitti di frode fiscale, previsti dal Dlgs 74/2000, realizzata attraverso cessioni nazionali e intracomunitarie di bevande alcoliche, utilizzando società cartiere come intermediari apparenti tra i reali fornitori comunitari e gli effettivi destinatari nazionali, per conseguire un indebito credito Iva, era stato proposta, dai loro legali, istanza di revoca del decreto di sequestro preventivo di una certa somma di denaro rinvenuta presso le rispettive abitazioni.
Il meccanismo della truffa consisteva nell’emissione di fatture soggettivamente inesistenti da parte delle società italiane, simulando in capo a quelle intracomunitarie delle cessioni di beni che consentivano a quest’ultime di ottenere la qualifica di esportatore abituale. Tutto ciò permetteva loro l’acquisto di beni in regime di esenzione d’imposta.
Nell’istanza di dissequestro, i difensori della contribuente, avevano evidenziato come lo stesso Pubblico ministero aveva precedentemente disposto il dissequestro di tre conti correnti, a lei intestati, trattandosi di “somme non rilevanti, utilizzate dall’indagata per spese ordinarie, comprese quelle relative al mantenimento della figlia” e dunque veniva richiesto lo stesso trattamento per il denaro sequestrato.
Stessa sorte era toccata all’altro indagato, nei confronti del quale fu disposto il sequestro della polizza a vita – anche per questo caso fu proposto appello al tribunale.
I legali del contribuente avevano evidenziato come l’imputato fosse separato consensualmente dalla propria moglie e che gli era stato imposto, in sede giudiziale, il versamento di diverse somme per il mantenimento di lei e della propria figlia (spese mediche, scolastiche, sportive, vacanze invernali, eccetera).
Gli avvocati avevano altresì dedotto che il giudice aveva precedentemente disposto il dissequestro, con decreto, di alcuni conti correnti intestati al contribuente ritenendoli funzionali al mantenimento della propria figlia minore.
Motivo del rigetto di entrambi i ricorsi, da parte del tribunale territorialmente competente, è da ricercarsi nel conflitto tra le esigenze di salvaguardia degli interessi dell’Erario, lesi dagli artifizi posti in essere dai due imputati, e le esigenze familiari addotte in sede difensiva, che richiedevano lo svincolo delle somme di denaro sequestrate.
Più in particolare, osserva il tribunale, le motivazioni familiari di mantenimento della figlia dell’imputata o della figlia e della moglie da parte del correo, “non appaiono sufficienti ai fini della rimozione della cautela essendo necessaria una dettagliata documentazione delle spese correlate a dette esigenze patrimoniali di natura personale e familiare”, tenendo conto anche che alcune somme di denaro sono state precedentemente svincolate dal giudice.
I due imputati, a questo punto, propongono ricorso per cassazione.
La decisione
I giudici di legittimità, con la sentenza 18441 del 15 maggio, dichiarando infondato il ricorso presentato dai due correi imputati del reato di frode fiscale, per ottenere il dissequestro di alcune loro somme di denaro, hanno ricordato come la Corte si sia già precedentemente pronunciata (cfr Cassazione 1690/1996), prevedendo l’intervento da parte del giudice di merito, anche ex officio, per la sostituzione o l’eliminazione delle misure cautelari qualora, per fatti sopravvenuti, risultino essere carenti le condizioni per la loro applicabilità.
Nel caso in esame, il giudice di merito è stato tenuto a operare un bilanciamento tra il fatto sopravvenuto e la misura cautelare stessa, tra l’obbligo del mantenimento della prole e l’interesse erariale al recupero dell’imposta evasa.
Ed è prevalso l’interesse erariale, in quanto gli imputati non hanno prodotto opportuna e dettagliata documentazione delle spese da essi sostenute per il mantenimento dei propri familiari. I giudici di merito, in sede di decisione, hanno ponderato anche il fatto che alcune delle somme sequestrate erano state precedentemente svincolate per far fronte alle esigenze di natura familiare degli imputati.
Valerio Giuliani
nuovofiscooggi.it