Quando l’azienda si estingue il socio ne rispondere al fisco – Cassazione Civile, Sentenza n. 7679/2012
Con sentenza 7679 del 16 maggio, la Corte di cassazione chiarisce quali sono gli effetti processuali che si verificano in caso di estinzione della società contribuente nel corso del giudizio.
In particolare, viene affermato che il ricorso per Cassazione è inammissibile se notificato nei confronti della società estinta e che il contenzioso può essere proseguito soltanto nei confronti del socio che abbia riscosso le somme ad esso spettanti sulla base del bilancio finale di liquidazione.
La pronuncia della Corte
Con la sentenza in commento, la Cassazione, prima di esaminare la questione sottoposta alla sua attenzione, richiama la normativa e la giurisprudenza di legittimità esistente in ordine agli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese e in relazione al soggetto nei cui confronti possono rivalersi i creditori sociali a seguito di cancellazione della società avvenuta prima dell’accertamento tributario.
Con riferimento alla prima questione, i giudici di legittimità richiamano le storiche pronunce delle sezioni unite della Corte di cassazione 4060/2010, 4061/2010 e 4062/2010, con le quali veniva chiarito che, a seguito della modifica dell’articolo 2495 del codice civile, disposta dall’articolo 4 del Dlgs 6/2003, la cancellazione delle società dal registro delle imprese determina l’estinzione della stessa, anche in presenza di crediti rimasti insoddisfatti e di rapporti giuridici non ancora definiti.
Sul piano temporale, inoltre, veniva precisato che “l’iscrizione della cancellazione della società di capitali nel Registro delle Imprese, determina, dal 1° gennaio 2004, data d’entrata in vigore della modifica normativa apportata all’art. 2495 c.c., l’estinzione della società”, mentre sul piano processuale veniva sottolineato che una società estinta, non risultando più esistente sul piano giuridico, diviene priva della capacità di stare e di resistere in giudizio e, conseguentemente, della legittimazione a proporre ricorso per Cassazione.
Con riferimento alla seconda questione, la Cassazione ricorda che, in caso di estinzione della società, i creditori sociali possono rivalersi nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, nonché nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da colpa degli stessi.
L’articolo 2495, secondo comma, del codice civile prevede, infatti, che “Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi…”.
La Cassazione, peraltro, con la sentenza in commento, precisa che “l’effetto estintivo… determina l’insorgenza, da un lato, di una conseguente comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla liquidazione (essendo legittima la cancellazione anche se il residuo attivo non è stato ancora ripartito), o sopravvenuti alla cancellazione; e, dall’altro, di una successione dei soci medesimi ai fini dell’esercizio, ‘nei limiti e alle condizioni stabilite’, delle azioni dei creditori insoddisfatti (v. Cass. n. 22863/2011)”.
Una volta precisato il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, i giudici di legittimità, con la sentenza 7679/2012, applicano i principi giuridici poc’anzi esposti per risolvere la questione circa l’individuazione del soggetto nei cui confronti i creditori sociali possono agire in giudizio o, comunque, coltivare un giudizio già instaurato in caso di estinzione della società avvenuta nel corso del giudizio.
Più precisamente, viene chiarito che, in caso di estinzione della società parte in un giudizio, subentra nella posizione processuale, precedentemente ricoperta dalla società, il socio cha abbia riscosso la quota ad esso spettante sulla base del bilancio finale di liquidazione.
In proposito, si evidenzia che, in senso contrario, la Cassazione si era espressa con sentenza 16758/2010, rilevando che è “assai dubbio che l’azione, ora esercitata solo da alcuni degli ex soci, corrisponda ad una posizione giuridica loro trasmessa dalla società estinta: perché, se è indiscutibile che la società medesima sarebbe stata legittimata all’esercizio di una simile azione, sta di fatto che non la ha esercitata e che, con la decisione di porsi in liquidazione e cancellarsi dal registro…, ha evidentemente scelto di non farlo”.
Con la sentenza in commento, la Cassazione ribadisce, invero, il concetto per cui il giudizio che vede coinvolta l’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società estinta può proseguire nei confronti dei soci solo se e nella misura in cui questi ultimi abbiamo riscosso la quota ad essi spettante a seguito dell’approvazione del bilancio finale di liquidazione.
Ciò in quanto tale riscossione “non costituisce soltanto il limite di responsabilità del socio quanto al debito sociale (in prosecuzione ideale della responsabilità per le obbligazioni sociali assunta al momento della costituzione della società), ma anche la condizione per la di lui successione nel processo già instaurato contro la società”. Spetta tuttavia all’Agenzia delle Entrate l’onere della prova dell’avvenuta riscossione della quota.
Conclusioni
La Cassazione considera inammissibili i ricorsi per Cassazione che, in caso di cancellazione della società dal registro delle imprese nel corso del giudizio, vengano proposti nei confronti:
della società ormai estinta. Ciò in quanto la cancellazione della società va equiparata alla morte della parte persona fisica “che comporta l’invalidità dell’instaurazione nei suoi confronti del giudizio di impugnazione indipendentemente… dallo stato soggettivo dell’impugnante…”; non rileva, peraltro, che “l’estinzione sia avvenuta… dopo… la sentenza di primo grado, e che la stessa non sia stata rilevata nel giudizio d’appello”
del socio liquidatore essendo quest’ultimo soggetto “gravato da responsabilità civile concorrente, subordinata, ai sensi dell’art. 2495, comma 2, al fatto che il mancato pagamento del debito sociale sia dipeso da colpa (o a fortiori da dolo)” (sull’inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto avverso il liquidatore di una società estinta, vedi anche Cassazione 21195/2010 e 29242/2008; sulla responsabilità del 7327/2012)
del socio che non abbia riscosso la quota ad esso spettante in base al bilancio finale di liquidazione ovvero nei confronti del quale il creditore sociale non dimostri l’avvenuta riscossione della quota.
Il ricorso per cassazione è, invece, valido qualora, in caso di cancellazione della società dal registro delle imprese nel corso del giudizio, venga proposto nei confronti del solo successore universale della stessa, vale a dire nei confronti del socio che abbia riscosso la quota ad esso spettante sulla base del bilancio finale di liquidazione. L’onere della prova dell’avvenuta riscossione ricade sull’Agenzia delle Entrate.
Michela Grisini
nuovofiscooggi.it