Procedimento penale per il reato di diffamazione a carico del deputato Carmine Santo Patarino – Corte Costituzionale, Sentenza n. 282/2011
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato proposto dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Taranto nei confronti della Camera dei deputati, con l’atto indicato in epigrafe.
Corte Costituzionale, Sentenza n. del 282/10/2011
Parlamento – Immunità parlamentari – Procedimento penale per il reato di diffamazione a carico del deputato Carmine Santo Patarino per le opinioni da questi espresse nei confronti del dott. Nicola Putignano – Deliberazione di insindacabilità della Camera dei deputati.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 28 ottobre 2009 (doc. IV-ter n. 10-A), relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Carmine Santo Patarino nei confronti del dottor Nicola Putignano, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Taranto, con ricorso notificato il 30 marzo 2011, depositato presso la cancelleria il 26 aprile 2011 ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di merito.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 20 settembre 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
udito l’avvocato Vito Cozzoli per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso depositato presso la cancelleria il 7 giugno 2010 (confl. pot. amm. n. 5 del 2010) il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e ha chiesto a questa Corte di dichiarare che non spettava alla Camera dei deputati di affermare che i fatti per i quali è in corso procedimento penale nei confronti di Carmine Santo Patarino, per il delitto di cui all’art. 595 del codice penale nei confronti di Nicola Putignano, concernono opinioni espresse da un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, e di annullare conseguentemente la deliberazione che la medesima Camera aveva adottato il 28 ottobre 2009 recependo la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere di «dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Patarino nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione».
Il ricorrente rileva che la condotta ascritta all’on. Patarino consiste nell’avere, con denuncia presentata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Taranto, accusato Nicola Putignano sia «di aver inviato al Sindaco di Castellaneta una lettera raccomandata contenente “intimidazioni minacciose”, che dovevano essere interpretate come rivolte “ad estorcere provvedimenti amministrativi”» in favore del medesimo Putignano, sia di pretendere di «ottenere con minacce tutto quanto torna utile al gruppo da lui rappresentato»; l’on. Patarino avrebbe inoltre accusato il Putignano «di non gradire che da parte degli amministratori vi fosse il rispetto della legge e la trasparenza, essendo lo stesso ed il gruppo di “Nuova Concordia” abituati da sempre a fare il buono ed il cattivo tempo per il loro interesse aziendale».
Nella denuncia sarebbero state presenti «altre numerose espressioni rivolte a screditare e squalificare la condotta» del Putignano, anche «nella qualità di amministratore del gruppo “Nuova Concordia”, in specie per quanto relativo al rapporto tra lo stesso e l’amministrazione comunale di Castellaneta».
Ciò posto, poiché «il mero “contesto politico” o, in ogni modo, l’attinenza a temi di rilievo generale dibattuti in Parlamento, non connot[erebbero] di per sé le dichiarazioni come espressive della funzione parlamentare» e poiché dalla relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati non emergerebbe alcun atto tipico della funzione parlamentare, cui ricondurre la denuncia che si assume diffamatoria, il ricorrente ritiene che le dichiarazioni oggetto del procedimento penale non siano riferibili alla funzione parlamentare dell’on. Patarino.
2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 87 dell’11 marzo 2011. A seguito di essa il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto ha notificato il ricorso e l’ordinanza alla Camera dei deputati in data 30 marzo 2011 e in data 26 aprile 2011 ha depositato tali atti, con la prova dell’avvenuta notificazione.
3. – Nel costituirsi in giudizio la Camera dei deputati ha chiesto alla Corte di dichiarare l’inammissibilità del conflitto o, in subordine, di rigettare il ricorso.
3.1. – La Camera ricostruisce il «prolungato conflitto fra l’ex senatore Nicola Putignano e il deputato, nonché consigliere comunale di Castellaneta (Taranto), Carmine Santo Patarino, in merito alla realizzazione di infrastrutture turistiche nell’area della stessa Castellaneta, in cui il Putignano era impegnato nel ruolo di presidente del consiglio di amministrazione di un importante gruppo imprenditoriale». Alla denuncia-querela presentata nel 2004 dall’on. Patarino faceva seguito la controdenuncia del Putignano, che dava origine alle imputazioni, nei confronti del primo, di calunnia e di diffamazione. Ritenendo eccepita l’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost. per la sola accusa di diffamazione, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto aveva condannato l’on. Patarino per il reato di calunnia, mentre aveva rimesso alla Camera dei deputati, ex art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140, la valutazione sull’insindacabilità delle opinioni che avevano formato oggetto del capo di imputazione relativo alla diffamazione. Con la deliberazione del 28 ottobre 2009, all’origine del presente conflitto, l’Assemblea della Camera ha dichiarato che i fatti esaminati dall’Autorità giudiziaria procedente (ivi compresi quelli relativi all’imputazione per calunnia) concernevano opinioni espresse dal deputato Patarino nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.
3.2. – Ciò premesso, la Camera dei deputati eccepisce l’inammissibilità dell’atto introduttivo del conflitto per violazione dell’art. 24, comma 1, delle Norme integrative dei giudizi davanti alla Corte costituzionale, sotto il profilo dell’insufficiente esposizione delle «ragioni del conflitto»: non verrebbero compiutamente menzionate le dichiarazioni del parlamentare ritenute lesive e oggetto dell’imputazione e, più in generale, il thema decidendum sarebbe prospettato in modo carente, se non addirittura contraddittorio. Nel ricorso sarebbero rinvenibili solo alcune parole («intimidazioni minacciose» e «estorcere provvedimenti amministrativi») e una breve frase di senso compiuto («pretendeva di poter ottenere con minacce tutto quanto torna utile al gruppo da lui rappresentato»), attribuite all’on. Patarino. Secondo la Camera «l’esiguità di tali enunciati – unita al fatto che essi non sono neppure cronologicamente contestualizzati nella descrizione della complessa ed articolata vicenda che ha dato origine al conflitto (…) – rende con tutta evidenza non soddisfatto l’onere, facente capo all’Autorità giudiziaria ricorrente, di riportare “compiutamente”, “puntualmente” ed “in modo esatto ed obiettivo”, le dichiarazioni asseritamente offensive addebitate al parlamentare».
Richiamato l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui non è consentita la sostituzione delle espressioni ritenute offensive con una libera rielaborazione ad opera dell’autorità giudiziaria ricorrente, la Camera dei deputati rileva, per un verso, che anche nella parte finale del ricorso è omessa l’adeguata specificazione delle affermazioni del parlamentare e, per altro verso, che sarebbe incerta la stessa individuazione del procedimento in relazione al quale è sorto il conflitto. La Corte costituzionale non sarebbe messa in condizione di accertare se sussista il nesso funzionale tra le frasi incriminate, non compiutamente individuabili, e l’attività parlamentare tipica, di cui le frasi stesse potrebbero costituire la divulgazione esterna.
3.3. – Nel merito, la Camera dei deputati rimarca l’infondatezza del ricorso per conflitto di attribuzione. Anche sulla base di alcuni documenti allegati (due articoli di giornale e una lettera dell’on. Patarino al coordinatore provinciale del Genio civile), la resistente sottolinea il ruolo di attivo rappresentante della comunità di Castellaneta svolto dall’on. Patarino, il suo impegno politico per la tutela del territorio e l’attenzione con la quale ha seguito alcune rilevanti iniziative imprenditoriali del gruppo societario facente capo all’ex senatore Nicola Putignano: tali iniziative avrebbero creato una forte conflittualità con associazioni ambientalistiche, agricoltori e abitanti del territorio, che lamenterebbero l’applicazione di tariffe dell’acqua più elevate rispetto a quanto stabilito negli accordi di programma intervenuti tra le amministrazioni locali. Nel contesto di un impegno dell’on. Patarino volto alla tutela della legalità dell’azione amministrativa andrebbero interpretati, secondo la resistente, i fatti all’origine del conflitto, relativi all’attività imprenditoriale del Gruppo Putignano e caratterizzati dal «braccio di ferro» con l’amministrazione comunale sulla richiesta di nuovi provvedimenti autorizzatori e da un conflitto con la cittadinanza sulla gestione del servizio idrico.
Questi fatti, nella prospettazione della Camera dei deputati, sarebbero all’origine delle frasi ritenute calunniose e diffamatorie, che costituirebbero divulgazione di precedente attività parlamentare dell’on. Patarino e più specificamente «la sostanziale riproduzione, extra moenia, del contenuto di asserzioni presenti, innanzitutto, nel documento», consultabile in un sito internet, «presentato alla Presidenza della Camera dei deputati il 30 giugno 2003» dall’on. Patarino quale interrogazione parlamentare, dalla quale emergeva un contrasto tra il Comune di Castellaneta e il Gruppo Putignano sull’uso delle risorse idriche. La Camera dei deputati richiama inoltre l’interrogazione a risposta scritta n. 4/535, presentata il 2 agosto 2001, nella quale l’on. Patarino denunciava collegamenti tra gli amministratori del Comune di Castellaneta e la criminalità organizzata e segnalava la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di vari imputati per abuso d’ufficio in favore della Nuova Concordia s.r.l., che faceva parte del Gruppo Putignano.
Considerato in diritto
1. – Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione del 28 ottobre 2009 (doc. IV-ter n. 10-A), con la quale è stata dichiarata l’insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Carmine Santo Patarino, per le quali pende procedimento penale nei suoi confronti per il delitto previsto dall’art. 595 cod. pen., opinioni rappresentate dalle dichiarazioni contenute in una denuncia-querela presentata dal parlamentare nei confronti di Nicola Putignano.
2. – Preliminarmente, deve essere confermata l’ordinanza n. 87 del 2011, con la quale questa Corte ha ritenuto l’esistenza della materia di un conflitto, sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo.
3. – Il ricorso è inammissibile.
È consolidato, nella giurisprudenza costituzionale, l’indirizzo secondo cui «il ricorso con il quale l’autorità giudiziaria propone il conflitto di attribuzione ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, deve rispettare il principio di completezza ed autosufficienza. Tale principio impone all’autorità giudiziaria l’onere di indicare nel ricorso gli elementi che consentano alla Corte costituzionale di valutarne la fondatezza, raffrontando le dichiarazioni rese extra moenia dal parlamentare con il contenuto di atti tipici della sua funzione» (sentenza n. 31 del 2009; nello stesso senso, le sentenze n. 163 del 2008 e n. 271 del 2007).
Nel caso di specie, la descrizione della condotta ascritta all’on. Patarino è avvenuta attraverso la sintetica esposizione di alcune parti della denuncia dallo stesso presentata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Taranto: il Patarino avrebbe accusato, denigrandolo, il Putignano, «di aver inviato al Sindaco di Castellaneta una lettera raccomandata contenente “intimidazioni minacciose”, che dovevano essere interpretate come rivolte “ad estorcere provvedimenti amministrativi”» in favore del medesimo Putignano; di pretendere «di poter ottenere con minacce tutto quanto torna utile al gruppo da lui rappresentato»; di «non gradire che da parte degli amministratori vi fosse il rispetto della legge e la trasparenza, essendo lo stesso ed il gruppo di “Nuova Concordia” abituati da sempre a fare il buono ed il cattivo tempo per il loro interesse aziendale». Si tratta di un’esposizione che riproduce in modo molto limitato le dichiarazioni del parlamentare, facendo leva, in larga misura, su una loro rielaborazione operata dallo stesso ricorrente, che non le inserisce nel contesto complessivo rappresentato dalla denuncia. Il ricorrente fa inoltre un generico riferimento ad «altre numerose espressioni rivolte a screditare e squalificare la condotta» del Putignano, anche «nella qualità di amministratore del gruppo “Nuova Concordia”, in specie per quanto relativo al rapporto tra lo stesso e l’amministrazione comunale di Castellaneta».
La descrizione, in termini peraltro molto frammentari, solo di alcune delle affermazioni dell’on. Patarino e il riferimento, privo di qualsiasi ulteriore specificazione, ad «altre numerose espressioni» rivolte a screditare e squalificare la condotta del Putignano, che sarebbero contenute nella denuncia, sono inidonei ad offrire «una compiuta esposizione dei fatti» (sentenza n. 79 del 2005), tale da descrivere «il reale contenuto delle dichiarazioni attribuite al deputato, oggetto della delibera di insindacabilità» (sentenza n. 302 del 2007). Il ricorrente ha operato una propria, parziale, sintesi delle dichiarazioni del parlamentare ritenute diffamatorie e tale modalità espositiva «non permette di apprezzare al giusto quelle rilevanti ai fini della corretta valutazione del significato complessivo delle stesse e, quindi, di accertare il nesso funzionale con atti parlamentari tipici di cui esse possano eventualmente costituire sostanziale divulgazione» (sentenza n. 246 del 2007).
Il ricorso, pertanto, non consentendo di valutare quale sia l’«effettiva condotta» (sentenza n. 223 del 2009) ascrivibile al parlamentare, deve essere dichiarato inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato proposto dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Taranto nei confronti della Camera dei deputati, con l’atto indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2011.