Documenti contabili occultati. Il reato ha natura permanente – Cassazione penale, Sentenza n. 30552/2011
I fatti
Il tribunale di Pesaro aveva dichiarato l’improcedibilità nei confronti di un contribuente, tra l’altro, in ordine al reato di occultamento della documentazione contabile, giudicato estinto per prescrizione.
Tale decisone era impugnata in Cassazione dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona che, diversamente dal Tribunale, ha ritenuto che il termine di prescrizione aveva iniziato il suo decorso non dal 31 dicembre di ciascun anno per il quale risultava omessa la presentazione delle dichiarazioni (anni di imposta 1998, 1999 e 2000), bensì dalla data della verifica fiscale (13 luglio 2004).
Lo stesso termine, inoltre, non poteva considerarsi trascorso a seguito dell’interruzione costituita dal decreto che ha disposto il giudizio in data 11 giugno 2008.
La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore generale e ha cassato con rinvio la sentenza del Tribunale di Pesaro, statuendo che “il reato di occultamento della documentazione contabile (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10) ha natura di reato permanente, in quanto la condotta penale dura sino al momento dell’accertamento fiscale, dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione”.
Osservazioni
La sentenza 30552 della Corte può essere letta seguendo tre step successivi.
La Cassazione, infatti, al fine di individuare il dies a quo per il decorso del termine di prescrizione, si è preoccupata di individuare la natura del reato. Lo ha fatto con riferimento alla durata della condotta, prendendone in esame le modalità concrete. Poi ha fissato il dies a quo da cui è iniziata a decorrere la prescrizione e, infine, ha verificato la sussistenza o meno dell’effetto estintivo del reato nella fattispecie sottoposta al suo esame.
L’articolo 10 del Dlgs 74/2000 punisce “… salvo che il fatto non costituisca più grave reato,… chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire ad altri l’evasione, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari”.
L’individuazione dell’una o dell’altra condotta (occultamento o distruzione) rileva per verificare il momento di consumazione del reato, poiché l’articolo 158 del codice penale stabilisce che “il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione …”. E tale giorno è diverso nelle due ipotesi. La giurisprudenza (Cassazione, nn. 28656/2009 e 13716/2006), infatti, ha osservato che mentre la distruzione configura un reato istantaneo che si realizza al momento dell’eliminazione della documentazione (e, cioè, con la stessa eliminazione del supporto cartaceo o mediante cancellature o abrasioni), l’occultamento, che può realizzarsi con diverse modalità (nascondimento della documentazione, rifiuto di esibizione, o qualunque altra condotta che si riveli impeditiva della ricostruzione del volume di affari e dei redditi da parte degli organi verificatori), ha natura permanente e si protrae nel tempo.
La condotta antigiuridica, cioè, perdura finché è consentito il controllo da parte degli organi competenti dell’Amministrazione (quindi, sino allo spirare dei termini previsti dalle leggi tributarie per l’accertamento dell’ammontare dei redditi o del volume degli affari – articoli 57, Dpr 633/1972, e 43, Dpr 600/1973). Può cessare con l’interruzione dell’azione criminosa del contribuente, sia spontanea (esibendo i documenti occultati, prima, però, dell’inizio dell’azione penale – Cassazione, n. 5791/2008) sia per l’interveto di terzi (ad esempio, a seguito della contestazione dell’illecito). Non può, però, essere sanata grazie alla solerzia degli accertatori e alla loro capacità di reperire aliunde elementi di prova (Cassazione, nn. 39711/2009 e 37592/2008) o con una ricostruzione ab externo, attraverso riscontri incrociati (Cassazione n. 3057/2008).
Ne deriva che la consumazione del reato, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, coincide con l’accertamento della condotta, poiché è in quel momento che assume rilevanza l’inadempimento dell’obbligo di tenere, esibire o allegare la documentazione contabile obbligatoria.
Nella fattispecie in esame, la Corte, dopo aver affermato che la prescrizione iniziava a decorrere dalla data di verifica fiscale (13 luglio 2004), per stabilire se il reato era estinto, è passata a verificare se l’intero termine poteva considerarsi compiuto. E ha tenuto conto, per il computo, anche del prolungamento del termine previsto in presenza del decreto che disponeva il giudizio dell’11 giugno 2008, quale atto interruttivo della prescrizione (ex articoli 160 del codice penale e 17 del Dlgs 74/2000).
Tale calcolo è di particolare importanza poiché la prescrizione è una causa di estinzione del reato. Decorso, cioè, il tempo previsto dalla legge prima che intervenga una sentenza definitiva di condanna, non può più essere applicata la pena prevista per il reato commesso.
Nel caso su cui è intervenuta la Suprema corte, non essendo trascorso il tempo necessario alla prescrizione del reato, i giudici hanno ritenuto che il delitto di occultamento non si era estinto, senza però indicare la norma di riferimento.
La conclusione, tuttavia, appare condivisibile sia che si segua la disciplina dal “vecchio” articolo 157 del codice penale sia che trovi applicazione il testo sostituito dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, in virtù dell’articolo 10 (secondo cui le nuove norme inerenti i termini di prescrizione e gli effetti dell’interruzione si applicano anche ai procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della – 8 dicembre 2005 – “… se per effetto delle nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano più brevi, ad esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché dei processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione”).
Per vecchio e nuovo articolo 157, il termine di prescrizione resta sempre ancorato al massimo della pena edittale stabilita dalla legge per il singolo reato, ma, tra i due testi, sussistono differenze.
In base al vecchio articolo 157, la prescrizione si compie trascorsi 15 anni dalla consumazione del reato (e, quindi, dalla verifica fiscale – 2004), dei quali 10 sono richiesti “se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a cinque anni …” (e per il delitto di occultamento l’articolo 10 del Dlgs 74 del 2010 prevede la pena massima di 5 anni di reclusione) e i restanti 5 rappresentano il massimo prolungamento del termine base, consentito a seguito di un atto interruttivo (articolo 157, comma 2).
Se, invece, si volesse ritenere applicabile il nuovo articolo 157, a seguito della modifiche introdotte dall’articolo 6 della legge 251/2005, il reato dovrebbe estinguersi per prescrizione a seguito del decorso del tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque di un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto, aumentato non più di un quarto – ad eccezione delle ipotesi di recidiva o di delinquenza abituale e/o professionale – a seguito di un atto interruttivo. Il delitto di occultamento, quindi, si estinguerebbe in 7 anni e mezzo dal momento di consumazione del reato.
Il Tribunale di Pesaro, cui la causa è stata rinviata, dovrà prendere atto che l’interesse dello Stato a tutelare la “trasparenza fiscale del contribuente”, cioè il corretto ed efficace svolgimento dell’attività di accertamento da parte degli organi deputati alla verifica fiscale, non si è ancora affievolito per il decorso del tempo. Quindi non si è ancora estinto per prescrizione.