Definanziamento del Fondo nazionale per la montagna – Corte Costituzionale, Sentenza n. 207/2011
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 del suddetto decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promossa dalla Regione Liguria, in riferimento agli articoli 117, quarto comma, e 119 della Costituzione, nonché ai principi di leale collaborazione e di legittimo affidamento, con il ricorso indicato in epigrafe.
Corte Costituzionale, Sentenza n. 207 del 13/07/2011
Bilancio e contabilità pubblica – Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica – Previsto definanziamento delle leggi di spesa totalmente non utilizzate negli ultimi tre anni – Lamentata incidenza della disposizione sullo stanziamento del bilancio di previsione per l’anno 2010, di 44 milioni di euro, destinato al Fondo nazionale per la montagna, per il quale gli organi dello Stato non hanno assunto atto formale di impegno – Lamentata alterazione della programmazione regionale relativa alle comunità montane, violazione del legittimo affidamento, mancata partecipazione della Conferenza Stato-Regioni.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dalla Regione Liguria con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato presso la cancelleria della Corte il 6 ottobre 2010 ed iscritto al n. 102 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2011 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 28 settembre 2010 e depositato presso la cancelleria della Corte il 6 ottobre 2010 la Regione Liguria ha impugnato numerose disposizioni del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prospettando, nell’insieme, la violazione degli articoli 3, 97, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, nonché dei principi di leale collaborazione e di legittimo affidamento.
2.— La Regione, in premessa, ha svolto alcune considerazioni sulla ratio normativa che sottende, a proprio avviso, il complessivo contenuto precettivo del decreto-legge in esame.
Si osserva, in proposito, che diverse disposizioni contenute nel titolo primo, la cui rubrica reca «Stabilizzazione finanziaria», non tengono conto delle regole costituzionali in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono limiti rigidi a voci specifiche di spesa.
L’inclusione delle Regioni e degli enti locali tra i destinatari delle norme impugnate avviene, prosegue la ricorrente, o mediante espresso riferimento ad esse, oppure mediante il riferimento generico alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), cioè a quelle elencate annualmente dall’Istat entro il 31 luglio di ogni anno.
3.— Tanto premesso in generale, la Regione Liguria, nel sottoporre al vaglio della Corte, tra gli altri, l’art. 1 del decreto-legge n. 78 del 2010, ha dedotto – quanto ad esso – la violazione dei soli artt. 117, quarto comma, e 119 Cost., nonché dei principi di leale collaborazione e di legittimo affidamento.
4.— La ricorrente richiama il contenuto della suddetta norma, inserita nel titolo primo del citato decreto-legge, la cui rubrica reca «Definanziamento delle leggi di spesa totalmente non utilizzate negli ultimi tre anni».
Essa prevede che «le autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali non risultano impegnati sulla base delle risultanze del Rendiconto generale dello Stato relativo agli anni 2007, 2008 e 2009 sono definanziate. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze da adottare entro il 30 settembre 2010 sono individuate per ciascun Ministero le autorizzazioni di spesa da definanziare e le relative disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Le disponibilità individuate sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo ammortamento dei titoli Stato».
4.1.— Con specifico riguardo alla disposizione impugnata, la ricorrente deduce che vi è «il fondato timore» che rientri nella suddetta previsione il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2009 (Bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’anno finanziario 2010), nel quale 44 milioni di euro sono stati stanziati per il Fondo nazionale per la montagna. A tale decreto non risulta essere seguito alcun atto di impegno formale da parte degli organi dello Stato. Si tratta, in particolare, degli stanziamenti allocati nel capitolo 7620 del bilancio regionale 2010.
5.— La norma in esame sarebbe illegittima, in quanto inciderebbe sull’autonomia finanziaria delle Regioni (art. 119 Cost.) e sulla loro competenza legislativa piena in materia di comunità montane (art. 117, quarto comma, Cost.). Una somma già stanziata nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri e già destinata alle Regioni – della quale, dunque, queste avevano tenuto conto nell’impostare il proprio bilancio ed i propri programmi – viene “avocata” allo Stato per un mancato impegno che non dipende da alcuna inerzia o colpa della Regione.
Ciò – oltre a discostarsi dal principio di leale collaborazione tra istituzioni – altererebbe la programmazione già compiuta dalla Regione, violando il legittimo affidamento di questa e condizionando le sue scelte finanziarie e legislative relative alle comunità montane.
Né potrebbe asserirsi che lo stanziamento di cui al d.P.C.m. 17 dicembre 2009 non abbia una specifica garanzia costituzionale a favore della Regione, in quanto, secondo la ricorrente, più volte questa Corte avrebbe dichiarato l’illegittimità di leggi statali che, in una materia costituzionalmente spettante alle Regioni, siano intervenute in modo restrittivo per l’autonomia regionale.
Nella specie, l’intervento statale inciderebbe in una materia delicata quale l’equilibrio del bilancio regionale, nel quale legittimamente potevano essere impegnate somme per le quali erano assicurate corrispondenti entrate.
Infine, rileva la ricorrente, la procedura di definanziamento, nonostante incida gravemente sull’equilibrio finanziario delle Regioni, non prevederebbe alcuna partecipazione della Conferenza Stato-Regioni, con violazione, anche sotto questo particolare profilo, del principio di leale collaborazione.
6.— Con atto di costituzione del 4 novembre 2010 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza della questione.
In particolare, la difesa dello Stato ha rilevato che l’impugnazione sarebbe tardiva, in quanto la norma del decreto-legge n. 78 del 2010 sarebbe immediatamente lesiva essendo rimasta immutata in sede di conversione in legge.
Nel merito, la difesa dello Stato prospetta, in generale – con riguardo all’intero testo normativo in cui si inserisce la disposizione censurata – la sussistenza della potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, e, con specifico riguardo al citato art. 1, di «sistema tributario e contabile dello Stato».
7.— Con memoria depositata il 3 maggio 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito che la norma impugnata, la quale prevede il definanziamento delle leggi di spesa totalmente non utilizzate negli ultimi tre anni, rientra nella suddetta competenza esclusiva dello Stato.
8.— Successivamente, in data 17 maggio 2011, anche la Regione Liguria ha depositato memoria.
La ricorrente ha richiamato, a sostegno delle proprie argomentazioni, l’art. 2, comma 40, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008), relativo al finanziamento del Fondo per la montagna, nonché la sentenza di questa Corte n. 326 del 2010, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 187, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2010).
La Regione, quindi, ha contrastato le prospettazioni difensive dello Stato, affermando che la disposizione censurata non è riconducibile alla materia del sistema tributario e contabile, in quanto non incide su tale ambito.
Considerato in diritto
1.— La Regione Liguria ha impugnato numerose disposizioni contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in riferimento, nell’insieme, agli articoli 3, 97, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, nonché ai principi di leale collaborazione e di legittimo affidamento.
La presente pronuncia ha ad oggetto esclusivamente la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del citato decreto-legge – prospettata con riguardo ai soli artt. 117, quarto comma, e 119 Cost., nonché ai principi di leale collaborazione e di legittimo affidamento – essendo riservata ad altre pronunce la valutazione delle restanti questioni proposte con il medesimo ricorso.
1.1.— Occorre, peraltro, rilevare che la difesa dello Stato, nel corso della discussione orale, ha posto in rilievo come si imponga una valutazione unitaria di tutte le disposizioni del decreto-legge in questione, oggetto di impugnazione, in quanto esse si inquadrerebbero in una unica e complessa manovra di riduzione della spesa e sarebbero riconducibili nel loro insieme, finalisticamente, alla materia del coordinamento della finanza pubblica.
Al riguardo, si deve osservare che, se è pur vero che, in linea generale, le disposizioni normative contenute nel decreto-legge e nella relativa legge di conversione perseguono la suindicata finalità, non è men vero che ciascuna di esse ha una propria specificità, sicché deve essere esaminata distintamente dalle altre e per il suo peculiare contenuto normativo. E non è senza significato che, nella specie, la difesa regionale abbia censurato l’art. 1 del decreto-legge n. 78 del 2010 solo con riferimento ad alcuni dei parametri costituzionali invocati rispetto alle altre disposizioni del medesimo decreto-legge impugnate con lo stesso ricorso.
1.2.— Tanto premesso, in via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, di tardività dell’impugnazione, in quanto effettuata solo dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge nei confronti di disposizioni non modificate in sede di conversione.
La giurisprudenza di questa Corte, infatti, è costante nel riconoscere la tempestività della impugnazione dei decreti-legge anche successivamente alla loro conversione, la quale ne stabilizza la presenza all’interno dell’ordinamento (ex multis, sentenza n. 383 del 2005).
2.— La norma sospettata di illegittimità costituzionale prevede che «le autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali non risultano impegnati sulla base delle risultanze del Rendiconto generale dello Stato relativo agli anni 2007, 2008 e 2009 sono definanziate. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze da adottare entro il 30 settembre 2010 sono individuate per ciascun Ministero le autorizzazioni di spesa da definanziare e le relative disponibilità esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Le disponibilità individuate sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo ammortamento dei titoli Stato».
La ricorrente, con riferimento alla circostanza che nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 dicembre 2009 (Bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’anno finanziario 2010) era prevista l’allocazione della somma di circa 44 milioni di euro a favore del Fondo nazionale per la montagna, e dunque, a favore anche delle comunità montane, e che il definanziamento disposto dalla norma ora censurata ha eliminato detta somma dagli stanziamenti, ritiene che siano stati lesi l’art. 117, quarto comma, Cost. e l’art. 119 Cost., in quanto lo Stato avrebbe inciso sulla competenza legislativa residuale delle Regioni in materia di comunità montane e sull’autonomia finanziaria regionale, e avrebbe leso, altresì, i principi di leale collaborazione tra istituzioni e di legittimo affidamento, per effetto della alterazione della programmazione già effettuata dalla Regione, sulla base degli stanziamenti disposti dallo Stato.
3.— La questione non è fondata.
3.1.— Preliminarmente, occorre procedere all’esatta individuazione del thema decidendum.
L’articolo impugnato, nel suo primo periodo, prevede il definanziamento delle autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali non siano impegnati sulla base delle risultanze del Rendiconto generale dello Stato relativo agli anni 2007, 2008 e 2009. Esso prosegue, quindi, al secondo periodo, indicando le modalità attraverso cui attuare tale previsione, e pone, nell’ultimo periodo, un vincolo di destinazione delle disponibilità finanziarie in questione, che debbono essere versate all’entrata del bilancio statale per essere riassegnate al fondo ammortamento dei titoli di Stato.
3.2.— Questa Corte, al fine di identificare la materia nella quale trovano collocazione le norme, statali o regionali, sottoposte allo scrutinio di costituzionalità, con costante orientamento ha affermato che occorre fare riferimento all’oggetto ed alla disciplina stabilita dalle norme scrutinate, per ciò che esse dispongono, alla luce della ratio dell’intervento legislativo nel suo complesso e nei suoi punti fondamentali, tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi delle norme medesime, così da identificare correttamente e compiutamente anche l’interesse tutelato (ex multis, sentenza n. 165 del 2007).
4.— Sulla base del suindicato criterio ermeneutico, può ritenersi condivisibile la deduzione dell’Avvocatura dello Stato, secondo la quale l’art. 1 del decreto-legge n. 78 del 2010 trova la sua fonte legittimatrice nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella materia dell’ordinamento contabile.
Assume, innanzi tutto, particolare valore, in questo quadro, la circostanza che si verte in tema di stanziamenti previsti dallo Stato nel proprio bilancio, con destinazione ad una serie molto vasta di interventi, tra i quali vi è anche quello concernente il Fondo nazionale per la montagna e, dunque, anche le comunità montane.
Si tratta, nello specifico, di risorse statali, non ancora utilizzate, che, sulla base di una rinnovata valutazione delle esigenze di finanza pubblica, ricevono nel bilancio dello Stato una nuova destinazione ritenuta più consona in rapporto al mutato quadro di politica economica, con specifico riferimento all’esigenza di attenuazione dell’onere per l’ammortamento del debito pubblico statale.
Né la presunta illegittimità della norma impugnata, come invece deduce la ricorrente, può desumersi dalla prospettata violazione del principio di leale collaborazione.
In particolare, non è esatto che la norma in questione vada ad incidere su rapporti consolidati in data anteriore alla propria entrata in vigore. Dal momento che oggetto dell’intervento sono risorse del bilancio dello Stato non ancora impegnate, non è sostenibile che esse abbiano dato vita a rapporti già consolidati, mentre proprio la mancanza di concreti atti di impegno, in presenza di risorse assegnate ma non utilizzate in un arco di tempo circoscritto, non breve, giustifica che l’intervento sia stato effettuato proprio su quelle risorse.
Inoltre, a parte il rilievo che – per costante giurisprudenza (ex multis, sentenza n. 79 del 2011) – tale principio non può trovare applicazione nell’attività legislativa, si deve ricordare che, nella specie, si versa in una ipotesi di potestà legislativa esclusiva dello Stato, per cui non vi è concorso di competenze diversamente allocate, né ricorrono i presupposti per la chiamata in sussidiarietà.
Tale conclusione si giustifica in quanto vengono in rilievo somme ancora legittimamente programmabili dallo Stato e, soprattutto, non suscettibili di essere utilizzate dalle Regioni.
Sotto altro aspetto, va osservato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che non può considerarsi costituzionalmente illegittima la norma legislativa statale che, incidendo su somme iscritte in fondi statali, provveda ad una diversa utilizzazione di risorse «non impegnate o programmate» in un periodo determinato, «disponendo la nuova programmazione di esse per il conseguimento degli obiettivi di rilevanza strategica nazionale» (sentenza n. 16 del 2010); obiettivi, nella fattispecie ora in esame, rappresentati dalla esigenza di ridurre il debito pubblico dello Stato.
Pertanto, la disposizione impugnata non è lesiva dei parametri costituzionali, evocati dalla ricorrente, di cui agli artt. 117, quarto comma, e 119 Cost.
A ciò è da aggiungere, comunque, che non ricorre, nella specie, una ipotesi riconducibile ai principi enunciati da questa Corte con la sentenza, richiamata dalla ricorrente, n. 326 del 2010. Con detta pronuncia è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 187, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2010).
Quest’ultimo, nello «stabilire anche la cessazione del finanziamento statale delle comunità in questione tramite il fondo nazionale ordinario per gli investimenti (cui fa espresso riferimento l’art. 34, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1992), palesa una irragionevolezza che si riverbera sulla autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali come ridisegnata dall’art. 119 Cost. e come operante nelle more dell’attuazione del c.d. federalismo fiscale, lasciando privo di copertura finanziaria e, comunque, di una regolamentazione sia pure transitoria, un settore di rilievo, qual è quello degli investimenti strutturali a medio e lungo termine effettuati mediante la stipulazione di mutui originariamente “garantiti” dal finanziamento statale».
Fermo restando che un intervento di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, nell’ambito di una più articolata manovra finanziaria e di bilancio, determina necessariamente e funzionalmente, nel tempo, un complessivo riordino e riallocazione delle risorse, non è ravvisabile, in ragione della norma oggi censurata, l’incisione diretta di alcun settore di spesa, rientrante nell’ambito delle comunità montane, proiettato in una pluralità di esercizi finanziari e garantito in origine da risorse statali.
D’altronde, questa Corte ha già avuto modo di chiarire (sentenze n. 79 del 2011 e n. 105 del 2007) che non sussiste alcun obbligo dello Stato di procedere al finanziamento di attività rientranti nelle competenze legislative regionali.
In particolare, con la sentenza n. 79 del 2011 si è affermato che la decisione statale di revocare il finanziamento di un’opera, in un ambito rientrante nella potestà residuale della Regione, non incide sulle competenze legislative e amministrative della stessa, in quanto non impedisce a quest’ultima di realizzarla con fondi propri. Né è ravvisabile un intervento unilaterale nella sfera regionale, come potrebbe avvenire, ad esempio, nell’ipotesi di spostamento delle risorse su altre opere, non concordate.
5.— In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, deve escludersi che la disposizione impugnata, in ragione del suo contenuto precettivo, sia lesiva della potestà legislativa residuale delle Regioni in materia di comunità montane. Ciò in quanto l’ambito delle comunità montane, come conferma, altresì, il carattere meramente ipotetico della deduzione relativa al Fondo nazionale per la montagna, viene in rilievo solo indirettamente, nel quadro della manovra di bilancio effettuata dallo Stato con le disposizioni di cui al titolo primo del decreto-legge n. 78 del 2010.
6.— In proposito, comunque, è opportuno ricordare come questa Corte abbia avuto modo di chiarire, che, se è pur vera la circostanza secondo la quale numerose leggi statali abbiano disposto nel tempo finanziamenti a favore delle comunità montane, tuttavia le sopravvenute esigenze di contenimento della spesa pubblica nella finanza locale possono giustificare interventi legislativi di riduzione e razionalizzazione delle erogazioni dello Stato in favore delle Regioni e degli enti locali, nel medesimo settore, nel segno di una diversa allocazione delle risorse in vista di un riequilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari (sentenze n. 326 del 2010 e n. 237 del 2009).
7.— Neppure viene in rilievo, nella specie, il principio di legittimo affidamento, al quale ha fatto riferimento la ricorrente, atteso che la disposizione impugnata ha inciso su stanziamenti statali di tre anni precedenti, per i quali non sono stati posti in essere né programmi, né atti di impegno.
È evidente, pertanto, che la ricorrente non avrebbe potuto fare legittimo affidamento sullo stanziamento in questione prima che le relative somme fossero concretamente rese disponibili mediante l’adozione di tali atti.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Liguria, con il ricorso indicato in epigrafe, nei confronti del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 del suddetto decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promossa dalla Regione Liguria, in riferimento agli articoli 117, quarto comma, e 119 della Costituzione, nonché ai principi di leale collaborazione e di legittimo affidamento, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA , Presidente e Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2011.