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Il collocamento in quiescenza non sposta la giurisdizione innanzi alla Corte dei conti – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3538/2011

Il dipendente pubblico, per il quale sussiste la giurisdizione esclusiva, non può che adire il giudice amministrativo, nel termine di prescrizione, ove intenda tutelare diritti derivanti dal rapporto di impiego. Ciò anche allorchè il dipendente sia stato collocato in quiescenza giacchè tale status non sposta la giurisdizione innanzi alla Corte dei conti.

(© Litis.it, 30 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3538 del 13/06/2011

FATTO

Il tribunale amministrativo regionale della Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto in parte il ricorso per il riconoscimento del diritto spettante in ragione della abbreviazione della anzianità di servizio, ai fini degli aumenti periodici di stipendio, da commisurarsi in relazione alla rispettiva invalidità contratta in costanza di servizio, con riflessi anche sul trattamento di quiescenza e sulla indennità di buonuscita, non avendo l’amministrazione dato applicazione agli artt. 43 e 44 del R.D. 30 settembre 1922, n.1290.

Gli odierni appellati, premesso di essere cessati dal servizio del Ministero della difesa e del Ministero delle finanze, hanno chiesto l’attribuzione dei benefici previsti dagli articoli 43 e 44 r.d. 30 settembre 1922, n. 1290, sia ai fini del trattamento economico, sia di riflesso ai fini dell’indennità di buonuscita e del trattamento di quiescenza.

Il giudice di primo grado ha accolto l’eccezione di prescrizione, formulata dall’INPDAP per tutti i pubblici dipendenti, tranne che per i ricorrenti [OMISSIS] e [OMISSIS].

Il TAR ha accolto il ricorso rilevando che i benefici dell’abbreviazione di uno o due anni di anzianità, al fine della maturazione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dagli artt. 43 e 44 del R.D. n. 1290/1922 a favore dei pubblici dipendenti mutilati ed invalidi di guerra, sono applicabili anche agli invalidi e mutilati di servizio, in virtù dell’equiparazione delle due categorie operata dalla legge n. 539 del 1950, a prescindere dalla considerazione che l’invalidità sia stata riconosciuta ai fini dell’equo indennizzo o della pensione privilegiata (Cons. Stato, Ad. gen., 17 maggio 1993, n. 46; Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2000, n. 3305; Cons. Stato, Comm. Sp., 23 giugno 1997, n. 379; 20 novembre 1995, n. 335; 6 maggio 1996, n. 361). E’ solo necessario che, prima del collocamento a riposo, il dipendente abbia ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità o della lesione con ascrivibilità a pensione. Il beneficio stesso, poi, derivando direttamente dalla legge, è liquidabile d’ufficio, una volta intervenuto detto riconoscimento, con decorrenza da quest’ultimo, e a tale liquidazione non è d’ostacolo il passaggio dal sistema di progressione economica per classi e scatti d’anzianità a quello fondato sul salario individuale di anzianità, dovendo essere calcolato l’aumento stipendiale sulla retribuzione di livello, trasferendo poi, detta maggiorazione, ratione materiae, sulla retribuzione individuale di anzianità.

Il beneficio, insomma, si traduce in una maggiorazione percentuale per ogni biennio, del valore iniziale del livello retributivo della qualifica funzionale posseduta, e rapportato al momento in cui l’Amministrazione riconosce la dipendenza dell’infermità da causa di servizio.

Il TAR ha quindi accolto il ricorso per tutti i ricorrenti nei confronti dell’Amministrazione della Difesa, che va condannata al pagamento delle differenze stipendiali dovute, mentre va accolto solo per i ricorrenti [OMISSIS] e [OMISSIS] nei confronti dell’INPDAP, che dovrà procedere solo per questi ultimi alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita sulla base del trattamento economico spettante. Sulle somme arretrate spettano interessi e rivalutazione, nei limiti di legge.

Le amministrazioni indicate in epigrafe hanno impugnato la sentenza deducendo:

il difetto di giurisdizione perché gli appellati sono stati collocati in quiescenza prima della proposizione della domanda;

l’inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa indicazione degli elementi costitutivi delle domande;

l’intervenuta prescrizione del diritto;

l’infondatezza del ricorso.

All’udienza del 10 maggio il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. L’eccezione di difetto di giurisdizione, formulata dalle amministrazioni appellanti, è infondata.

È di tutta evidenza che il dipendente pubblico, per il quale sussiste la giurisdizione esclusiva, non può che adire il giudice amministrativo, nel termine di prescrizione, ove intenda tutelare diritti derivanti dal rapporto di impiego. In altri termini il collocamento in quiescenza, come sostengono le amministrazioni appellanti, non sposta la giurisdizione innanzi alla Corte dei conti.

2. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Tutti gli appellati sono stati dipendenti del Ministero della difesa e del Ministero delle finanze.

Orbene, dai rispettivi fascicoli personali dovrà risultare se essi abbiano ottenuto o meno un riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità o della lesione con ascrivibilità a pensione. Se tale riconoscimento non è mai intervenuto ben potrà l’amministrazione negare il beneficio, restando a carico di ciascun appellato dimostrare il contrario.

3. L’eccezione di prescrizione non può essere accolta perché formulata per la prima volta in appello.

“In applicazione al giudizio amministrativo dell’art. 345 comma 2, c.p.c. (nonché, oggi, dell’art. 104, d.lg. n. 104 del 2010), in appello non possono essere proposte eccezioni non rilevabili d’ufficio, per cui non può essere proposta per la prima volta in tale grado di giudizio l’eccezione di prescrizione, in quanto non rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 2938 c.c.” (Cons. St., sez. VI, 03 novembre 2010, n. 7753).

Nel caso di specie le amministrazioni appellanti, in primo grado, si erano limitate a dedurre quanto segue: “Con la presente comparsa l’amministrazione in epigrafe si costituisce in giudizio, chiedendo il rigetto di tutte le domande ex adverso proposte”.

4. Nel merito il ricorso in appello è infondato alla luce della giurisprudenza della sezione.

L’art. 1 della legge n. 539/1950 prevede, infatti, che “i benefici spettanti secondo le vigenti disposizioni, ai mutilati e invalidi di guerra, nonché ai congiunti dei caduti in guerra si applicano ai mutilati e invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio”.

L’espressione utilizzata dal legislatore è chiara ed univoca nel senso che agli invalidi per servizio sono estesi i benefici che sono stati già riconosciuti agli invalidi di guerra, e, quindi, non è consentito all’interprete di dare alla norma un significato diverso da quello letterale, nella ricerca di una presunta volontà del legislatore non corrispondente a quella resa evidente.

L’univocità della locuzione adoperata dal richiamato art. 1 della legge n. 539/1950, è tale da non suscitare alcun dubbio sul fatto che il rinvio di quest’ultimo alle “vigenti disposizioni”, al fine di individuare i benefici spettanti agli invalidi di guerra da applicare “anche agli invalidi per servizio”, si riferisca pure agli artt. 43 e 44 del R.D. 30 settembre 1922, come modificato dall’art. 2 del R.D.L. n. 1284/1923 (in questo senso, ved. parere n. 361 della Commissione Speciale Pubblico Impiego del 6 maggio 1996).

Il tentativo, quindi, di limitare la portata del rinvio alle “vigenti disposizioni”, contenuto nell’art. 1 della L. n. 539/1950, con riferimento alla situazione concretamente esistente al momento dell’entrata in vigore di ogni singola “disposizione vigente”, si risolve in un’indebita operazione interpretativa che fa dipendere la vigenza di una legge dalla permanenza di condizioni che, una volta divenute inattuali, comporterebbero l’abrogazione implicita della legge stessa.

Piuttosto, la giurisprudenza ha avuto modo di affrontare la problematica relativa al carattere dinamico o meno del rinvio operato dal menzionato art. 1 della L. n. 539/1950 alle leggi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra, risolvendola nel senso che i benefici riconosciuti con leggi successive (in particolare con la L. n. 336/1970, e successive modificazioni) alla predetta legge n. 539/1950, e all’analoga n. 474/1958, non sono estensibili agli invalidi per servizio, a motivo della particolare condizione degli invalidi di guerra e della specifica causa della loro invalidità.

Ma, questa giurisprudenza, che pure viene richiamata dal primo giudice per avvalorare l’inapplicabilità agli appellanti dei benefici di cui agli artt. 43 e 44 del R.D. 1290/1922, non ha mai messo in dubbio che questi benefici, riconosciuti appunto con leggi antecedenti alla norma di rinvio, spettano anche agli invalidi per servizio.

Una conferma in questo senso si ritrova anche nella recente decisione n. 1297 del 7.10.1998 della Sezione IV del Consiglio di Stato, la quale ha statuito che “l’art. 1 della legge 15 luglio 1950 n. 539 ha esteso ai mutilati ed invalidi per servizio l’applicazione del medesimo beneficio spettante, secondo le disposizioni vigenti, ai mutilati ed invalidi per servizio”, con la conseguenza che “nell’area dei beneficiari contemplati dall’anzidetto art. 2 della legge n. 539 del 1950, sono da comprendere non solo gli invalidi che abbiano ottenuto il riconoscimento della pensione privilegiata o dell’equo indennizzo, ma anche quei soggetti che, avendo ottenuto il riconoscimento della dipendenza della causa di servizio della loro infermità, hanno acquisito il titolo all’ascrizione ad una delle categorie indicate nella tabella A allegata alla legge n. 137 del 1942 e successive modificazioni, ancorché non sia stato iniziato o condotto a termine il procedimento di pensione o di equo indennizzo” (Cons. St, VI, 13 giugno 2000, n. 3305).

5. In conclusione, il ricorso va pertanto respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente FF
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011

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