AmministrativaGiurisprudenza

Trattamento economico di rapporto di lavoro con la p.a. nullo per violazione di norme imperative – Consiglio di Stato, Sentenza 3464/2011

Nel caso di instaurazione di un rapporto di lavoro con la p.a., avente le caratteristiche del pubblico impiego ma tuttavia nullo per violazione di norme imperative, il trattamento economico dei soggetti privati titolari del rapporto va determinato alla luce dell’art. 2126 c.c., avendo presente il rapporto di pubblico impiego; pertanto, le prestazioni lavorative rese non possono essere retribuite mediante l’attribuzione di una paga oraria, ma mediante uno stipendio tabellare mensile lordo iniziale rapportato alle funzioni svolte, comprensivo della indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità, nonché degli altri elementi accessori e continuativi della retribuzione (nella specie, contributo posto, premio di produzione, ecc.), ed infine mediante, erogazione della indennità di fine rapporto. ( In senso conforme: Adunanza Plenaria del Consiglio Stato, decisione 8 aprile 1995, n. 7)

In punto di nullità del rapporto di pubblico impiego si segnalano, inoltre, le seguenti massime che costituiscono un approdo ormai ampiamente consolidato in seno alla giurisprudenza del Consiglio di Stato:

1) Il rapporto di lavoro avente le caratteristiche del pubblico impiego, costituito in contrasto con le norme imperative che disciplinano le assunzioni della pubblica amministrazione, è nullo ma rileva come rapporto di mero fatto, per il quale, ai fini retributivi e previdenziali, deve trovare applicazione l’art. 2126, c.c.; infatti, gli effetti derivanti dalla predetta norma civilistica sono connessi alle prestazioni lavorative di fatto, che sono tali proprio in quanto gli atti in base ai quali le prestazioni stesse sono state svolte sono affetti da nullità per contrasto con norme imperative” (Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 5262/2007).

2) Quando il rapporto di lavoro avente le caratteristiche del pubblico impiego sia sorto in violazione di norme imperative che ne sanzionavano la nullità di diritto e la improduttività di effetti a carico dell’amministrazione (nella specie, quelle di cui agli art. 18, l. n. 808 del 1977, ed art. 123, d.P.R. n. 382 del 1980), il rapporto stesso viene comunque a rilevare come rapporto di fatto per il quale trova applicazione ai fini retributivi e previdenziali l’art. 2126, c.c., salvo che la nullità derivi dalla illiceità dell’oggetto o della causa”. (Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n- 4620/2007).

(© Litis.it, 22 Giugno 2011 – Ugo Sttapp. Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 3464 del 08/06/2011

FATTO

Con la decisione oggetto del presente incidente di esecuzione, questa Sezione, accogliendo il ricorso per l’esecuzione del giudicato nei confronti dell’Amministrazione convenuta, fissava un termine all’Amministrazione stessa per il pagamento delle differenze retributive e previdenziali spettanti al ricorrente per lo svolgimento di fatto di mansioni di pubblico impiego, nominando, all’uopo, il commissario ad acta.

In sede di esecuzione, la PA convenuta corrispondeva al ricorrente, a titolo di differenze stipendiali e di contribuzione previdenziale ed assistenziale, una somma che il ricorrente medesimo riteneva non congrua.

Con il presente incidente di esecuzione il ricorrente contesta la quantificazione del debito operata dalla PA, in particolare rilevando la mancata considerazione di alcuni elementi della retribuzione, quali l’anzianità individuale, l’indennità di turno, l’indennità di rischio, le ferie non godute, le festività retribuite e il lavoro ordinario festivo, lo straordinario, gli assegni per il nucleo famigliare e il TFR.

Alla camera di consiglio del 24 maggio 2011, il ricorso veniva posto in decisione.

DIRITTO

La questione sollevata dal ricorrente riguarda l’esatta quantificazione di quanto dovuto dall’Amministrazione in conseguenza delle sentenza di questa sezione, per l’esecuzione del giudicato nei confronti dell’Amministrazione convenuta, giudicato concernente la condanna al pagamento delle differenze retributive e previdenziali spettanti al ricorrente per svolgimento di fatto di mansioni di pubblico impiego.

Sotto un primo profilo, il collegio osserva che la sentenza di cui si chiede l’esatta esecuzione condanna l’Amministrazione senza limitare o escludere in alcun modo determinate voci o elementi della retribuzione dall’ammontare complessivamente dovuto; in quella sentenza, infatti, la Sezione ha stabilito perentoriamente ed indiscutibilmente che sussiste il diritto della parte interessata al riconoscimento delle differenze retributive e previdenziali, derivanti dal rapporto di lavoro instaurato in via di fatto, con condanna della p.a. al pagamento delle relative somme, dalla data di maturazione del credito e fino all’effettivo soddisfo, con interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge e nei limiti del divieto di cumulo, secondo i criteri stabiliti dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella decisione n. 3/1998.

Come già detto dalla Sezione, tale giudicato formatosi sulla sentenza di cui sopra in fatto non lasciava alcun margine apprezzabile per l’esercizio delle prerogative discrezionali della p.a. procedente, donde la sua natura sostanzialmente del tutto autoesecutiva, che avrebbe dovuto indurre il comune a trarne le debite conclusioni, per cui le nuove determinazioni amministrative, non escludendo, come detto, in alcun modo voci particolari dalla retribuzione complessivamente spettante ai ricorrenti, retribuzione (e relative voci previdenziali) che deve essere parametrata alla corrispondente retribuzione dei dipendenti di ruolo, svolgenti le medesime mansioni, presso l’Amministrazione convenuta.

Sotto un secondo profilo, infatti, il punto di riferimento per la liquidazione delle retribuzioni e delle somme a titolo previdenziale è rappresentato dagli emolumenti corrisposti ai dipendenti di ruolo del Comune addetti alle stesse mansioni nel periodo corrispondente di lavoro.

Come ha già statuito, in effetti, l’Adunanza Plenaria del Consiglio Stato (decisione 8 aprile 1995, n. 7), nel caso di instaurazione di un rapporto di lavoro con la p.a., avente le caratteristiche del pubblico impiego ma tuttavia nullo per violazione di norme imperative, il trattamento economico dei soggetti privati titolari del rapporto va determinato alla luce dell’art. 2126 c.c., avendo presente il rapporto di pubblico impiego; pertanto, le prestazioni lavorative rese non possono essere retribuite mediante l’attribuzione di una paga oraria, ma mediante uno stipendio tabellare mensile lordo iniziale rapportato alle funzioni svolte, comprensivo della indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità, nonché degli altri elementi accessori e continuativi della retribuzione (nella specie, contributo posto, premio di produzione, ecc.), ed infine mediante, erogazione della indennità di fine rapporto.

Pertanto, l’Amministrazione convenuta , entro sessanta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia, dovrà ricalcolare quanto dovuto al ricorrente sulla base di tale principio, calcolando, cioè, lo stipendio tabellare mensile lordo iniziale rapportato alle funzioni svolte, comprensivo della indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità, nonché degli altri elementi accessori e continuativi della retribuzione (nella specie, contributo posto, premio di produzione, ecc.), ed infine mediante, erogazione della indennità di fine rapporto.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 1500,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente
Roberto Chieppa, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 08/06/2011

Un pensiero su “Trattamento economico di rapporto di lavoro con la p.a. nullo per violazione di norme imperative – Consiglio di Stato, Sentenza 3464/2011

  • Buongiorno-
    Cortesemente avrei bisogno del vostro aiuto-
    Sono andato in pensione nel 2002-
    A seguito di procedimento penale iniziato nel 1992,-ed terminato nel 2011-Nonostante sia stato assolto,l’amministrazione degli interni,mi ha sanzionato con la destituzione con la decorrenza dal 1992,data di inizio della sospensione cautelare- Poichè sono stato riammesso in servizio nel 1995, e ho prestato servizio fino al 2002-
    Il Ministero nel concedermi la pensione dal 1992, riferisce che la pensione ha decorrenza giuridica 1992,ma quella economica decorrenza 2002,avendo prestato servizio come funzionario di fatto fino al 2002,e percepito lo stipendio-
    Però nel decreto di pensione,non concede ,tutti i benefici economici contrattuali ,nonchè la promozione al grado superiore avuta durante le prestazioni di fatto cosi come anche per l’assegno di funzione-
    Per cui la domanda e la seguente: I benefici contrattuali maturati durante il servizio di fatto-In caso di destituzione retroattiva,devono essere calcolati sul trattamento pensionistico ?
    Ringrazio-
    Max

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