Inammissibilità della condanna generica nel processo amministrativo – Articolo di Ugo Strappi
L’istituto della condanna generica ai sensi dell’art. 278 c.p.c. è pacificamente ritenuto non ammissibile nel processo amministrativo, in cui trova applicazione il diverso istituto di cui all’art. 35, comma 2, d. lgs. n. 80/98 (Cons. Stato, Ad. plen., 8 ottobre 2009 n. 5). Tale conclusione non è mutata nella giurisprudenza del Consiglio di Stato a seguito dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo in quanto anche nel nuovo codice non è prevista la condanna generica, ma è stato esteso a tutte le condanne pecuniarie l’istituto della indicazione da parte del giudice dei soli criteri di quantificazione (art. 34, comma 4, c.p.a.).
Quanto al vecchio istituto di cui all’art. 35, comma 2, d. lgs. n. 80/1998 (oggi art. 34, comma 4, c.p.a.) è utilizzabile solo nella fase successiva della liquidazione del danno, e non per determinare l’an del risarcimento, in quanto l’accertamento dell’inadempimento dell’amministrazione e dell’esistenza di un danno è un compito del giudice (Cons. Stato, V 31 gennaio 2001 n. 353). Infatti, l’art. 35 d.lgs. n.80/1998 non comporta la traslazione in sede di esecuzione di tutto il giudizio risarcitorio, ma solo della parte che concerne la determinazione del quantum, restando l’accertamento dell’an debeatur e la definizione dei criteri del risarcimento attratti nella giurisdizione di cognizione (Cons. Stato, IV, 1 febbraio 2001 n. 396).
E’ dunque onere della parte fornire la prova del danno subito in conseguenza dell’atto sussunto come lesivo.
Va, inoltre, ricordato che l’applicazione nel processo amministrativo dell’attenuazione del principio dispositivo con il metodo acquisitivo si giustifica solo in ragione della disponibilità degli elementi probatori in capo alla pubblica amministrazione. Laddove tali elementi rientrino nella disponibilità della parte interessata, come accade nel giudizio risarcitorio, ove soprattutto (se non esclusivamente) l’istante è a conoscenza di quali danni ha subito ed è in possesso degli elementi idonei a provarli, il giudizio non può che essere governato dal principio dell’onere della prova e occorre che il ricorrente supporti la propria domanda dimostrando la sussistenza del danno medesimo.
In sostanza, la parte deve necessariamente allegare e dimostrare in giudizio tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa risarcitoria e il metodo acquisitivo può essere utilizzato laddove siano stati allegati tali fatti, ma il privato, per la sua posizione di disparità sostanziale con l’amministrazione, non sia in grado di provarli (Cons. Stato, VI, 2 marzo 2004 n. 973).
Ugo Strappi
(© Litis.it, 20 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)