Nomina di Commissario ad acta – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3441/2011
Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3441 del 07/06/2011
FATTO e DIRITTO
1.1.Con decreto Rep. n. 23 dd. 27 agosto 2008, il Gestore Unico del Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta , ha “rilevato che il Comune di Mondragone (Caserta) è debitore del soppresso consorzio CE4 della somma di € 2.872.500,34.- per corrispettivi resi dal consorzio disciolto”.
In conseguenza di ciò, “visto l’art. 8, comma 1, della ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686, del 1° luglio 2008, come modificato dall’art. 4, comma 5, della ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3693 del 16 luglio 2008, il quale prevede che gli Enti locali, debitori dei consorzi di bacino soppressi, sono tenuti a liquidare al Consorzio Unico le somme dovute e non corrisposte ai consorzi di bacino soppressi, anche a titolo di quote consortili, entro e non oltre trenta giorni dal 16 luglio 2008, prevedendo, in caso di inadempimento degli enti locali, che il gestore unico nomini commissari ad acta per provvedere in sostituzione degli stessi, con spese a carico dei Comuni”, il Gestore medesimo ha nominato nella persona del dott. Salvatore Ariganello il Commissario ad acta per la liquidazione del debito predetto.
Il Comune di Mondragone ha quindi chiesto innanzi al T.A.R. per il Lazio l’annullamento del testé riferito decreto del Gestore Unico, nonché dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 1° luglio 2008, come modificata dalla susseguente ordinanza del medesimo Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3693 dd. 16 luglio2008, limitatamente all’art. 8, comma 4, laddove segnatamente si dispone che “gli Enti Locali debitori dei bacini soppressi sono tenuti a liquidare al Consorzio Unico le somme dovute e non corrisposte ai consorzi di bacino soppressi, anche a titolo di quote consortili, entro e non oltre trenta giorni dall’adozione della presente ordinanza. Ove non vi provvedano, il titolare dell’incarico di cui al comma 1”, ossia il medesimo Gestore Unico, “nomina commissari ad acta per provvedere in sostituzione degli enti locali inadempienti, con spese a carico degli enti stessi”.
L’impugnativa è stata pure estesa ad ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, con proposizione innanzi al giudice adito di azione di accertamento della non debenza delle somme fatturate dal Consorzio ASCA CE4.
L’Amministrazione Comunale ha proposto innanzi al giudice di primo grado i seguenti ordini di censure.
I) Nei confronti del provvedimento di nomina del Commissario ad acta.
a) Invalidità in via autonoma e derivata; violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 dell’1 luglio 2008 e successiva modifica; volazione dell’art. 474 c.p.c. e dei principi generali in tema di tutela del debitore; eccesso di potere per sviamento; falsità della causa; contraddittorietà estrinseca ed intrinseca; carenza dei presupposti; iragionevolezza; illogicità manifesta; manifesta ingiustizia; erronea ponderazione della fattispecie contemplata; travisamento dei fatti; difetto assoluto di istruttoria; altri profili.
Secondo la prospettazione del Comune, in assenza di accertamento sulla sussistenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del preteso credito, nonché di ogni valutazione sulla sua quantificazione, non potrebbero ritenersi integrati i presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi.
Inoltre, nel decreto di commissariamento non sarebbero specificate le singole voci di debito da cui deriverebbe l’importo complessivo di € 668.365,70.-, per cui risulterebbe impedito al Comune di muovere contestazioni in merito alla sua consistenza, laddove questo avrebbe sempre puntualmente adempiuto alle obbligazioni assunte.
Sempre secondo il Comune, il credito quantificato nel decreto di nomina del Commissario sarebbe sine titulo nonché privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità indispensabili ai fini dell’azionabilità del potere di nomina commissariale di cui all’art. 8, comma 4, dell’ordinanza n. 3686 del 2004.
II) Nei confronti dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 2008 e successiva modifica.
Violazione degli artt. 3, 5, 24, 97, 113, 117 e 118 Cost.; violazione dei principi generali dell’ordinamento (con specifico riguardo all’art. 3 del T.U. approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267); violazione del principio di leale collaborazione; eccesso di potere; sviamento; falsità della causa; erroneità nei presupposti di fatto e di diritto; travisamento; illogicità manifesta: irragionevolezza; difetto assoluto di istruttoria; violazione del principio di proporzionalità e coerenza dell’azione amministrativa; manifesta ingiustizia; altri profili.
Secondo il Comune l’ordinanza impugnata fonda invero il potere del Gestore del Consorzio Unico di “rastrellare” i crediti del suo dante causa anche attivando poteri sostitutivi sul debitore, ma sarebbe contrastante con precisi precetti costituzionali e con elementari principi generali dell’ordinamento, costituenti un limite allo stesso potere d’ordinanza conferito dall’art. 5 della L. 22 febbraio 1992 n. 225: e ciò in quanto il potere di nomina del Commissario ad acta sarebbe attribuito non ad un soggetto terzo ma allo stesso creditore, senza peraltro garantire alcun contraddittorio in ordine all’an ed al quantum debeatur, e senza prevedere alcuno strumento di accertamento del credito.
L’ordinanza permetterebbe quindi un sostanziale “esproprio” di somme, al di fuori del principio di legalità, senza alcun intervento dell’Autorità giudiziaria ed introducendo una confusione tra creditore e debitore con indubitabile conflitto di interessi; essa, inoltre, inciderebbe negativamente sull’esercizio delle funzioni amministrative comunali, consentendo l’invasione dell’autonomia patrimoniale e finanziaria del Comune con conseguente negazione dei tre principi cardine introdotti dall’art. 118 Cost. e si porrebbe pure in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost..
1.2. Con sentenza n. 1654 dd. 18 febbraio 2009 la Sezione I^ del T.A.R. per il Lazio, dopo aver dichiarato l’inammissibilità dell’azione di accertamento per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e dopo aver respinto l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione dell’atto introduttivo del giudizio al Commissario ad acta, ha per il resto accolto l’impugnativa del Comune avendo riguardo, in via assorbente, al primo ordine di censure segnatamente dedotto in parte qua nei confronti dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 2008 come sostituito dall’art. 5, comma 4, dell’ordinanza del medesimo Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3693 del 2008, con conseguente annullamento del decreto di nomina del Commissario ad acta.
2. Avverso tale pronuncia ha quindi proposto appello la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Protezione Civile, chiedendone la riforma e deducendo al riguardo l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 8, del D.L. 90 del 2008 convertito con modificazioni in L. 123 del 2008.
3. Si è costituito nel presente giudizio il Comune di Mondragone, replicando alle censure avversarie e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.
In via tuzioristica l’Amministrazione Comunale ha comunque riproposto in sede di appello, quali eccezioni all’accoglimento dell’impugnativa avversaria, le medesime censure già da essa dedotte in primo grado e assorbite dal T.A.R.
4. Con ordinanza n. 2408 dd. 8 maggio 2009 questa Sezione ha accolto a’ sensi dell’allora vigente art. 33, terzo e quarto comma, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 la domanda di sospensione cautelare della sentenza impugnata, “ritenuto che ad una prima sommaria delibazione, tenuto conto della natura delle ordinanze emesse ai sensi della L. 225 del 1992 e del contenuto e delle finalità perseguite dalla legislazione emergenziale per lo smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, l’appello appare assistito da sufficienti elementi di fondatezza; considerato che comunque, nel bilanciamento degli opposti interessi, appare prevalente quello all’efficienza e continuità del servizio di smaltimento rifiuti assicurato dal consorzio unico di bacino rispetto a quello dell’ente locale a conservare le proprie astratte guarentigie di autonomia, peraltro compromesse dal mancato concreto esercizio delle stesse; vista la propria precedente ordinanza emessa nella Camera di consiglio dell’8 maggio 2009 resa su identica questione”.
5. Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
6.1. Tutto ciò premesso, il ricorso in appello va accolto.
6.2. Il giudice di primo grado ha innanzitutto evidenziato che, a’ sensi dell’art. 11, comma 8, del D.L. 90 del 2008, convertito con modificazioni in L. 123 del 2008, nelle more della costituzione delle società provinciali di cui all’art. 20 della legge della Regione Campania 14 aprile 2008 n. 4, i Consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta, istituiti con legge della Regione Campania 10 febbraio 1993 n. 10 sono stati sciolti e riuniti in un unico Consorzio, la cui gestione è stata affidata ad un soggetto da individuare con successivo provvedimento del competente Sottosegretario di Stato.
Susseguentemente, a’ sensi dell’art. 8, comma 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 luglio 2008 n. 3686, come sostituito dall’art. 4, comma. 5, dell’ordinanza del medesimo Presidente del Consiglio dei Ministri 16 luglio 2008 n. 3693, è stato tra l’altro disposto che gli Enti locali debitori dei Consorzi di bacino soppressi erano tenuti a liquidare al predetto Consorzio unico le somme dovute e non corrisposte ai Consorzi di bacino soppressi, anche a titolo di quote consortili, entro e non oltre trenta giorni dall’adozione dell’ordinanza stessa; “ove non vi provvedano, il titolare dell’incarico di cui al comma 1”, ossia il Gestore del Consorzio Unico di Bacino, avrebbe nominato Commissari ad acta per provvedere in sostituzione degli Enti Locali inadempienti, con spese a carico degli Enti medesimi.
Secondo il T.A.R., il potere di nomina del Commissario ad acta è stato nella specie attribuito da un atto amministrativo, sia pure ad indirizzo politico ed a carattere generale, quale è per l’appunto l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 2008 come modificata dall’ordinanza n. 3693 del 2008, e non quindi dalla norma di legge di cui all’art. 11, comma 8, del D.L. 90 del 2008, con la quale è stata per l’appunto disposta la riunione in un unico bacino dei disciolti Consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta e l’affidamento della gestione ad un soggetto da individuare con provvedimento del Sottosegretario di Stato, ma senza indicazioni sui poteri da attribuire al Gestore del Consorzio unico di bacino: tutto ciò, dunque, asseritamente a discapito del principio secondo il quale “l’attribuzione di poteri che possono incidere autoritativamente ed unilateralmente sulle posizioni giuridiche contrapposte deve essere sempre effettuata dalla legge”; “e, atteso che l’esercizio della funzione amministrativa si concreta nella traduzione del potere in atto, il principio di legalità si risolve in quello di tipicità dei provvedimenti amministrativi, nel senso che l’amministrazione può emanare soltanto i provvedimenti stabiliti in modo tassativo dalla legge stessa. D’altra parte, se è vero che, ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 5, della L. 24 febbraio 1992 n. 225 per l’attuazione degli interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, è altrettanto vero che occorre comunque agire nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e che le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione, assente nel caso di specie, delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate” (cfr. pag. 11 e ss. della sentenza impugnata).
Il T.A.R. ha pure rilevato “che il potere di nomina commissariale attribuito dall’ordinanza presidenziale al Gestore del Consorzio postula l’accertamento dell’an e del quantum della esposizione debitoria dell’amministrazione locale, atteso che la previsione normativa è rivolta agli enti locali debitori dei consorzi di bacino soppressi e che il Gestore del Consorzio nomina il Commissario per provvedere in sostituzione degli enti locali inadempienti, sicché l’accertamento dell’inadempienza e, quindi, della sussistenza del debito e della sua entità, costituendo condicio sine qua non per la nomina, è rimessa a detto Gestore del Consorzio. Infatti, nel nominare il Commissario, il Gestore del Consorzio Unico ha quantificato l’ammontare del debito dell’Amministrazione comunale ed ha finalizzato la nomina proprio alla liquidazione di quella specifica somma di danaro. Di talché, la nomina del Commissario ad acta non è finalizzata all’accertamento del debito del Comune, ma è volta ad ottenere la liquidazione di un debito previamente accertato dal Gestore del Consorzio. Ne consegue che, al pari di un Commissario ad acta nominato per l’esecuzione di una sentenza di condanna al pagamento di una somma di danaro, il Commissario nominato dal Gestore deve ritenersi legittimato ad eseguire tutti gli atti ed adempimenti necessari allo scopo di dare concreto soddisfacimento al diritto di credito, mediante l’esercizio di un’attività compiuta quale longa manus del soggetto che lo ha nominato nell’ambito di un’attività di erogazione della spesa a conclusione della quale dovrà essere emesso il relativo mandato di pagamento e senza che l’esaurimento dei fondi di bilancio o la mancanza di disponibilità di cassa possano costituire legittima causa di impedimento all’esecuzione del compito” (cfr. ibidem).
Secondo lo stesso giudice di primo grado, peraltro, tale “meccanismo” si rileverebbe illegittimo in quanto il relativo potere sarebbe stato, come detto innanzi, “attribuito al di fuori di una previsione normativa di legge che conferisca allo stesso tipicità e legalità risolvendosi, da un lato, nella violazione dell’autonomia delle amministrazioni locali costituzionalmente garantita, dall’altro, nella violazione di principi generali dell’ordinamento in quanto attribuisce al creditore (il Consorzio Unico di Bacino successore dei disciolti Consorzi di Bacino) il potere, non previsto dal vigente ordinamento, di farsi giustizia da sé, accertando la sussistenza del debito del Comune, quantificando lo stesso e nominando una propria longa manus per procedere alla sua esazione coattiva, in luogo delle ordinarie vie giurisdizionali costituite dalla richiesta di decreto ingiuntivo, sussistendone i presupposti, o dalla proposizione al competente giudice ordinario di una domanda di accertamento del diritto di credito e di condanna al pagamento delle somme dovute” (cfr. ibidem, pag. 12 e ss.).
6.3. Questo giudice, a sua volta, dissente da tali argomenti.
Va innanzitutto rimarcato che, a seguito della risalente, ben nota e quanto mai grave situazione ambientale e sanitaria determinatasi in Campania nella gestione dei rifiuti, con D.P.C.M. 11
febbraio 1994 emesso a’ sensi dell’art. 5, comma 1, della L. 25 febbraio 1992 n. 225 è stato dichiarato al riguardo lo stato di emergenza, essendosi per l’appunto verificati “eventi che, per intensità ed estensione debbono essere fronteggiati con mezzi straordinari” (cfr. art. 2, comma 1. lett. c, e art 5, comma 1, della L. 225 cit.).
Tale stato di emergenza è stato da ultimo prorogato, per quanto qui segnatamente interessa, sino al 31 dicembre 2009 per effetto dell’art. 19 del D.L. 90 del 2008 convertito con modificazioni in L. 123 del 2008.
Nel contesto di tale disciplina speciale sono state – altresì – introdotte varie misure di incentivazione della raccolta differenziata dei rifiuti, tra le quali va in particolare menzionato l’art. 5 del D.L. 30 novembre 2005 n. 245, convertito con modificazioni in L. 27 gennaio 2006 n. 21, in forza del quale, “al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata previsti dalla normativa vigente e per il superamento dell’attuale contesto emergenziale, fino al termine di cui all’articolo 1, comma 6, il Commissario delegato provvede, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad attribuire ai Consorzi costituiti nei bacini identificati con la legge della regione Campania 10 febbraio 1993 n. 10, il compito di effettuare la raccolta differenziata degli imballaggi primari, ed eventualmente della frazione organica, dei rifiuti ingombranti, nonché della frazione valorizzabile di carta, plastica, vetro, legno, metalli ferrosi e non ferrosi, utilizzando i lavoratori assunti in base all’ordinanza del Ministro dell’interno delegato al coordinamento della protezione civile n. 2948 del 25 febbraio 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 1999”; a tali fini “è autorizzato a favore del Commissario delegato un contributo nel limite massimo di 8 milioni di euro per l’anno 2005 e di 22 milioni di euro per l’anno 2006, da assegnare ai consorzi. Ove i Consorzi … non effettuino entro trenta giorni
dall’affidamento del servizio la raccolta differenziata, il Commissario delegato, d’intesa con
il Presidente della Regione Campania, sentiti i Presidenti delle province, provvede al commissariamento dei Consorzi”.
A ragione l’Amministrazione appellante ha rimarcato che dalla disciplina testé riferita ben emerge lo scopo del legislatore di realizzare la raccolta differenziata attraverso l’attività svolta dai Consorzi, disponendo pure interventi in via sostitutiva qualora fossero insorti ostacoli in tal senso.
Tali interventi sostitutivi sono stati quindi confermati anche dal susseguente art. 4 del D.L. 9 ottobre 2006 n. 263, convertito con modificazioni in L. 6 dicembre 2006 n. 290, laddove – per l’appunto – si dispone che “il Commissario delegato…. verifica il raggiungimento dell’obiettivo minimo di raccolta differenziata pari al 35 per cento dei rifiuti urbani prodotti e definisce un programma per il raggiungimento di almeno il 50 per cento, adottando le opportune misure sostitutive, anche mediante la nomina di Commissari ad acta, nei confronti di tutte le Amministrazioni che non hanno rispettato gli indicati obiettivi”.
Questa disposizione è stata quindi riprodotta anche nell’art. 11 del D.L. 90 del 2008, convertito in
L. 123 del 2008, laddove si dispone – altresì, e per quanto detto innanzi – che “nelle more della costituzione delle società provinciali di cui all’articolo 20 della legge della Regione Campania 28 marzo 2007 n. 4, modificato dall’articolo 1 della legge della Regione Campania 14 aprile 2008 n. 4, i Consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta, istituiti con legge della Regione Campania 10 febbraio 1993 n. 10, sono sciolti e riuniti in un unico Consorzio, la cui gestione è affidata ad un soggetto da individuare con successivo provvedimento del Sottosegretario di Stato”.
Da tutto ciò consta, quindi, che il Consorzio Unico delle province di Napoli e Caserta è coattivamente costituito, a’ sensi dell’anzidetta ordinanza del Presidente dei Consiglio dei Ministri 31 luglio 2008 n. 3695, da tutti Comuni che, alla data di adozione dell’ordinanza medesima, si avvalevano, per la gestione dei servizio di raccolta differenziata, dei Consorzi disciolti delle province di Napoli e Caserta.
Inoltre, il D.L 6 novembre 2008, n. 172, convertito in L. 30 dicembre 2008 n. 210, ha a sua volta previsto l’esigenza di assicurare il pieno coinvolgimento degli Enti Locali nelle attività di competenza, anche mediante interventi sostitutivi nei confronti delle amministrazioni inadempienti.
Nel caso in esame, e proprio nel perseguimento di tali finalità espressamente fissate dal legislatore, il Gestore del Consorzio Unico, nominato dal Sottosegretario di Stato a’ sensi del predetto art. 11 del D.L. 90 del 2008, ha diffidato il Comune di Recale a provvedere al pagamento delle somme già dovute e non corrisposte ai consorzi di bacino disciolti per la gestione dei servizio di raccolta differenziata, anche a titolo di quota consortile; e, nella constatazione del perdurante inadempimento dell’Amministrazione Comunale, il medesimo gestore del Consorzio ha quindi provveduto, in applicazione dell’art. 8 comma 4 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3693 del 2008, alla nomina di un commissario ad acta in sostituzione del Comune inadempiente.
Né va sottaciuto che questa facoltà del ripetuto gestore del Consorzio unico trova il proprio conforto di carattere sistematico nell’art. 142, comma 1-bis, del T.U. approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267, introdotto per effetto dell’art. 3 del D.L. 172 del 2008 come convertito in L. 210 del 2008 e in forza del quale “nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in caso di grave inosservanza degli obblighi posti a carico delle province inerenti alla programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale ed alla individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, ovvero in caso di grave inosservanza di specifici obblighi posti a carico dei comuni inerenti alla disciplina delle modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, della raccolta differenziata, della promozione del recupero delle diverse frazioni di rifiuti, della raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio ai sensi degli articoli 197 e 198 del D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, anche come precisati dalle ordinanze di protezione civile, il Sottosegretario di Stato delegato alla gestione dell’emergenza assegna all’Ente interessato un congruo termine perentorio per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, su proposta motivata del medesimo Sottosegretario, con decreto del Ministro dell’Interno possono essere rimossi il sindaco, il Presidente della Provincia o i componenti dei Consigli e delle Giunte”.
Dal comma appena riportato si ricava, infatti, in modo agevole il principio informatore dell’intera disciplina per l’emergenza rifiuti vigente in Campania, ossia la messa in opera di tutti gli strumenti necessari per il superamento dell’emergenza medesima, ivi compreso quello della rimozione degli amministratori locali inadempienti: e proprio in tale contesto il meccanismo sostitutivo segnatamente contemplato dall’art. 8, comma 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 2008, come modificata dall’ordinanza n. 3693 del 2008, non può, dunque, essere apoditticamente riguardato quale istituto del tutto anomalo per il nostro ordinamento, ma va invece riconosciuto come misura del tutto coerente con i fini di ordine generale perseguiti dal legislatore nella materia di cui trattasi.
Detto altrimenti, lo scopo – assolutamente ineludibile – di rendere efficace l’azione amministrativa che si identifica nella gestione dell’emergenza rifiuti non può che contemplare procedure di natura sostitutiva nei riguardi degli Enti locali inadempienti, e il potere del Gestore del Consorzio Unico – costituito ex lege quale soggetto che riveste natura assodatamente obbligatoria per i soggetti istituzionali che vi partecipano – di nominare commissari ad acta per provvedere al recupero delle somme dovute e non corrisposte si fonda sullo stesso, complessivo principio ispiratore della disciplina di emergenza, che è quello di evitare che l’inattività degli Enti locali costituisca intralcio all’attività degli organi straordinari preposti al superamento dell’emergenza medesima.
Del resto, una conferma della piena legittimità del “meccanismo” ,qui – per contro – contestato dall’Amministrazione comunale, si trae anche dalla disamina dello Statuto del Consorzio Unico, approvato a Napoli il 10 dicembre 2008, laddove il Consorzio è espressamente costituito quale “Ente pubblico economico dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia imprenditoriale”, con contestuale indicazione delle sue specifiche funzioni e competenze, e laddove è segnatamente contemplata, oltre alla menzione dell’obiettivo principale della raccolta differenziata dei rifiuti, anche la determinazione delle quote di partecipazione dei diversi Comuni in proporzione alla popolazione servita residente e in relazione all’attività garantita sul territorio: dal che, dunque, discende che l’attività del Consorzio medesimo è per sua natura volta alla realizzazione di finalità comuni agli Enti che ne fanno parte, i quali restano comunque beneficiari delle attività e dei servizi realizzati dal Consorzio stesso.
Allo stesso tempo, nel contesto della disciplina dell’emergenza di cui alla L. 225 del 1992 – ed anche a prescindere, quindi, dalle predette disposizioni di legge che esplicitamente consentono la nomina dei commissari ad acta da parte del Gestore Unico (cfr. supra l’art. 11 del D.L. 90 del 2008, convertito in L. 123 del 2008 e il D.L. 172 del 2008 conv. il L. 210 del 2008) questo giudice si è già pronunciato nel senso che non si può ritenere impedito all’organo straordinario delegante di trasmettere all’organo delegato i propri poteri, comprensivi (ove del caso) di quelli di deroga alle leggi vigenti (così Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 2006 n. 1270), per cui legittimamente il Gestore del Consorzio Unico può avvalersi, in forza della disciplina di cui all’art. 8 dell’ordinanza n.3686 del 2008, di propri commissari ad acta per il recupero delle somme spettanti alle pregresse gestioni consortili.
Avendo pertanto riguardo agli aspetti maggiormente rilevanti nell’economia del presente giudizio, ossia a quelli riguardanti l’attività di gestione del Consorzio affidata in via transitoria al Gestore nominato dal Sottosegretario di Stato, va opportunamente denotato che l’attività stessa è integralmente deputata a predisporre una prima articolazione della struttura consortile e a fornire ad essa tutti gli strumenti necessari a garantire una corretta gestione, soprattutto con riguardo agli aspetti caratterizzati da particolari criticità, tra le quali principalmente rientra la mancanza di risorse finanziarie sufficienti: e proprio per concorrere alla soluzione di tale specifico problema la disciplina contenuta nelle due ordinanze anzidette ha espressamente attribuito al Gestore Unico le funzioni di indirizzo, coordinamento, impulso e verifica, nell’esercizio delle quali egli ha, tra l’altro, costituito le otto Articolazioni Territoriali del Consorzio medesimo, nominando un Responsabile per ciascuna Articolazione e incaricando quindi i singoli Responsabile di individuare e monitorare tutti i rapporti attivi e passivi nei quali il Consorzio è subentrato per effetto dello scioglimento dei precedenti Consorzi di bacino.
Risulta altrettanto assodato che tra le attività affidate al Gestore assumono un rilievo particolare quelle finalizzate al rimedio, ancorché parziale, della situazione di grave tensione finanziaria in cui versa il Consorzio e dovuta in larga parte all’omesso pagamento, da parte dei Comuni, delle quote di servizio già nella vigenza delle precedenti gestioni dei Consorzi di bacino, a loro volta finanziariamente dissestati e, quindi, inidonei a svolgere il servizio di raccolta differenziata in un contesto di assoluta incapacità per il “sistema” di autoalimentarsi.
E’ ben evidente, pertanto, che la nuova gestione del Consorzio Unico potrà essere efficace solo in un regime di autosufficienza economica, per l’avvio del quale non è possibile prescindere dalla liquidazione delle somme dovute e non corrisposte dai singoli Comuni ai soppressi Consorzi di bacino: liquidazione che, ove non spontaneamente disposta dal Comuni medesimi, deve quindi ineludibilmente attuarsi mediante la previsione di organi commissariali.
Secondo la tesi del ricorrente Comune e fatta propria dal giudice di primo grado, il potere di nomina dei Commissari ad acta da parte del Gestore del Consorzio Unico sarebbe stato a quest’ultimo conferito in via del tutto illegittima in quanto non previsto da una norma di legge ma da un atto amministrativo.
Questo assunto non può essere condiviso, in quanto le ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 e n. 3693 del 2008 vanno riguardate quali atti di carattere generale e di indirizzo politico-amministrativo che trovano il proprio presupposto nell’art. 5 della L. 225 del 1992, recante – per l’appunto – la specifica disciplina dello stato di emergenza e del conseguente potere di ordinanza riconosciuto al Presidente del Consiglio dei Ministri, da espletarsi anche “in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico”.
Da ciò, dunque, consegue che le ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate a’
sensi dell’art. 5 della L. 225 del 1992 vanno riguardate quali atti recanti disposizioni normative per l’attuazione degli interventi di emergenza: disposizioni che, proprio in quanto expressis verbis assumibili “in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico”, hanno carattere generale ed astratto e assumono valenza innovativa dell’ordinamento.
La circostanza per cui una disposizione di legge contempli l’emanazione di atti amministrativi per affrontare eventi emergenziali mediante deroghe ad ogni disposizione vigente ma nell’ineludibile osservanza dei principi generali dell’ordinamento giuridico non contravviene ad alcuna clausola di costituzionalità dell’ordinamento medesimo, ma si configura come pienamente conforme alla fondamentale esigenza del “buon andamento” dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) , esplicitata a sua volta negli altrettanto necessari requisiti della sua economicità, efficacia e imparzialità (cfr. art. 1 della L. 7 agosto 1990 n. 241 come modificato dall’art. 1 della L. 11 febbraio 2005, n. 15 e successivamente dall’art. 7, comma 1, lettera a), della L.18 giugno 2009 n. 69); senza sottacere che pur nell’assodata competenza di tipo “concorrente” nella quale rientra la materia della “protezione civile” , a’ sensi dell’art. 117, terzo Comma Cost., come sostituito dall’art. 3 della L. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, l’esercizio della potestà di deroga alle disposizioni vigenti non può che essere prerogativa di un organo statale nel quadro della necessaria gerarchizzazione istituzionale – facente capo allo Stato – della direzione e del coordinamento delle attività di previsione, prevenzione e soccorso e della conseguente disciplina dello stato di emergenza di cui agli artt. 4 e 5 della L. 225 del 1992 e successive modifiche.
Del resto, con sentenza n. 284 dd. 14 luglio 2006 (che a sua volta ricalca nei suoi contenuti le omologhe pronunce n. 82 dd. 3 marzo 2006 e n. 418 dd. 9 novembre 1992) la Corte costituzionale ha affermato che, nel sistema della protezione civile, l’art. 2, lett. c) della L. 225 del 1992 ha comunque attribuito allo Stato la competenza a disciplinare gli “eventi di natura straordinaria” ivi segnatamente previsti, precisando che tali funzioni assumono – per l’appunto – rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitarietà, coordinamento e direzione delle azioni conseguenti.
Rimane comunque necessariamente salvo anche in tale contesto il sindacato giurisdizionale, esercitato a’ sensi dell’art. 113 Cost., in ordine alla materiale rispondenza del contenuto delle ordinanze di cui trattasi ai limiti dei principi dell’ordinamento giuridico espressamente affermati come inderogabili dalla disciplina legislativa che presuppone l’emanazione di tali ben peculiari provvedimenti amministrativi.
Nel caso in esame i provvedimenti impugnati superano le censure dedotte dal Comune.
Mediante l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato attribuito al Gestore del Consorzio Unico il sopradescritto potere di nomina dell’organo commissariale in deroga alle vigenti disposizioni in materia di accertamento e liquidazione dei debiti vantati dallo stesso Consorzio nei confronti dei vari Comuni: il che per certo non contravviene ai principi generali dell’ordinamento, posto che le modalità eccezionalmente previste per il recupero del credito della struttura consortile sono manifestamente dirette alla tutela della salute e dell’ordine pubblico proprio in quanto strettamente funzionali al superamento del contesto emergenziale in atto nella Regione Campania. Ciò, tuttavia avviene senza sconvolgere l’insieme dei principi dell’ordinamento rilevanti per la specie, e fermo – oltre a tutto – restando che il potere di nomina di commissari ad acta attribuito al Gestore trova comunque rispondenza nella dianzi illustrata necessità generale e inderogabile di attuare entro tempi il più possibile solleciti il regime di raccolta differenziata dei rifiuti anche presupponendo l’utilizzazione di organi amministrativi straordinari in sostituzione di quelli inadempienti.
Tutto quanto su decritto va ragionevolmente ricondotto alla concreta attuazione dell’art. 11, comma 8, del D.L. 90 del 2008 convertito in L. 123 del 2008, ossia della disposizione di rango legislativo recante il conferimento del potere di gestione del Consorzio Unico al soggetto appositamente nominato dal Sottosegretario di Stato per l’emergenza rifiuti in Campania.
Non va quindi sottaciuto che la stessa, materiale funzionalità della struttura consortile, affidata alla gestione transitoria di un Gestore straordinario nell’ambito dell’attuale contesto emergenziale,
risulterebbe nella sostanza compromessa ove si negasse al Gestore medesimo la possibilità di intervenire in via eccezionale con atti di “straordinaria amministrazione”, deputati ad imprimere nuovo impulso al ripristino della situazione di normalità.
Né – a differenza di quanto sostenuto dal giudice di primo grado – può ragionevolmente sostenersi la sussistenza, nella specie, di una violazione dell’autonomia delle amministrazioni locali: in tal senso giova, ancora una volta, richiamarsi, infatti, alle dianzi illustrate conclusioni cui è pervenuta la Corte costituzionale con la predetta sentenza n. 284 del 2006.
Neppure sussiste la violazione dei principi generali dell’ordinamento ravvisata dallo stesso giudice di primo grado nell’avvenuta attribuzione al Consorzio creditore del potere, asseritamente non contemplato dal vigente ordinamento, di “farsi giustizia da sé” mediante l’affidamento dell’esazione coattiva dei crediti vantati a soggetti dallo stesso individuati, in luogo del ricorso alle “ordinarie vie giurisdizionali”.
Come a ragione ha rimarcato la difesa erariale, il ricorso a queste ultime non risulta di per sé escluso, nel mentre risulta ben evidente che rientra nella discrezionalità di auto-organizzazione di qualsivoglia amministrazione pubblica la scelta dell’impianto di proprie strutture deputate all’introito diretto delle somme di cui essa è creditrice in regime di autonoma tutela dei propri diritti patrimoniali, a’ sensi del R.D. 14 aprile 1910 n. 639 e successive modifiche, ovvero mediante procedura esattoriale.
Più in generale, il ricorso alla nomina del Commissario ad acta non significa compromettere la necessaria imparzialità dell’azione amministrativa nel procedimento di liquidazione e di pagamento del credito.
L’organo commissariale, infatti, non agisce quale soggetto organico del Gestore Unico ma, su impulso di quest’ultimo, si sostituisce all’inerzia dell’Amministrazione comunale valutando comunque quale soggetto vincolato al rispetto della legge la sussistenza – o meno – dei presupposti del debito, e soltanto nel caso in cui riscontri questi ultimi procede al suo pagamento.
Nel concludere tale ordine di considerazioni, il Collegio denota che, nella specie, a ben vedere neppure si pone un problema di compatibilità tra l’ordinanza n. 3686 del 2008 e l’art. 5, comma 5, della L. 225 del 1992, laddove quest’ultimo dispone che “le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate”.
Nel caso che qui interessa, infatti, non è ravvisabile l’introduzione di una vera e propria deroga al sistema normativo materialmente in vigore, posto che – come detto innanzi – espresse previsioni di legge consentono, all’interno dello speciale regime dell’emergenza rifiuti in Campania, l’esercizio da parte dei commissari ad acta di poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni locali inadempienti, dando con ciò un ben solido supporto legislativo alla conseguente disciplina contenuta nell’art. 8 dell’ordinanza n. 3686 del 2008 e successiva modifica; e ciò, senza sottacere che, comunque, nella stessa disciplina ordinaria è puntualmente contemplato l’istituto dell’intervento sostitutivo commissariale nelle ipotesi di inadempienze da parte degli Enti locali (cfr. artt. 136 e 137 del TU. approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267), ), poi dettagliato nello stesso corpus normativo anche per l’ipotesi “speciale” dell’inadempimento nell’ambito della disciplina dell’emergenza rifiuti (cfr. ibidem, art. 142, comma 1-bis).
6.4. L’insieme degli argomenti sin qui disaminati conduce quindi alla reiezione dell’azione impugnatoria proposta in primo grado dal Comune avverso l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha attribuito al Gestore del Consorzio Unico di Bacino il potere di nomina del Commissario ad acta e avverso il conseguente decreto di nomina dallo stesso adottato.
Tuttavia, va anche rimarcato, in aggiunta, che in primo grado lo stesso Comune ha proposto un’azione di accertamento della non debenza delle somme già reclamate dalla precedente gestione consortile, dichiarata dal T.A.R. inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, avuto letteralmente riguardo a “un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 del D.L. 90 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla L. 123 del 2008, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica”, la quale “porta infatti a ritenere, in coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004 e n. 191 dell’11 maggio 2006, che la norma attiene a situazioni che postulano l’esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie, l’azione ha ad oggetto il mero accertamento della sussistenza o insussistenza di diritti a carattere patrimoniale senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti”.
Questo Collegio condivide – a sua volta – tale conclusione, la quale tuttavia non va dissociata dal principio – tra l’altro, ora espressamente codificato nell’art. 32, comma 2, cod. proc. amm. – secondo cui spetta comunque al giudice di qualificare la natura dell’azione innanzi a lui proposta e di attribuire, anche in difformità rispetto alla qualificazione della fattispecie operata dalle parti, il nomen iuris al rapporto dedotto in giudizio (cfr. sul punto, ex plurimis, Consiglio Stato , sez. IV, 18 giugno 2008 n. 3026).
Ciò posto, nella prospettazione del Comune è agevole rilevare non solo un’istanza finalizzata ad ottenere dal giudice l’accertamento della non debenza delle somme asseritamente costitutive del credito consortile, ma anche la cognizione del presupposto invocato dal Gestore al fine della nomina del commissario ad acta, comunque sindacabile da questo giudice anche sotto il profilo dell’eccesso di potere.
Sotto tale profilo va dunque reputata di per sé ammissibile la riproposizione in sede di appello, da parte del Comune, di tutte le deduzioni già da esso formulate innanzi al giudice di primo grado in ordine all’insussistenza del proprio debito verso il Consorzio e, conseguentemente, dei presupposti normativamente richiesti per la qui contestata nomina del commissario.
Le deduzioni stesse vanno peraltro respinte, confermando pertanto anche a tale riguardo la reiezione dell’azione di annullamento proposta in primo grado: e ciò in quanto al fine della nomina del commissario ad acta non è necessaria, da parte del Gestore, una previa ed analitica disamina della situazione debitoria e dei contrapposti argomenti invocati o invocabili al riguardo dalle parti a supporto delle proprie ragioni, ma è sufficiente la formale rilevazione della sussistenza di partite creditorie delle pregresse gestioni consortili insoddisfatte da parte dell’Amministrazione comunale, competendo per l’appunto al commissario ad acta da lui nominato ogni incombente ai fini dell’accertamento dell’effettiva sussistenza del debito e, ove occorra, del suo pagamento.
7. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, avendo riguardo alla particolarità delle questioni trattate.
Va posto viceversa a carico del Comune il pagamento del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado dal Comune di Mondragone.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 07/06/2011